Indagine Nextvalue su come un comparto si deve adattare all’affermarsi delle reti sociali
Se gli utenti sono già traghettati al Web 2.0 possono le aziende rimanere indietro? Secondo Alfredo Gatti, amministratore delegato di Nextvalue, che ha realizzato una survey su un campione di un centinaio di operatori turistici e l’ha presentata alla Bit di Milano, la risposta è scontata. Tecnologie che abilitano la collaborazione tra individui o l’utilizzo di tecnologie Web 2.0 applicate al turismo, sono le due definizioni di Turismo 2.0 preferite dal campione intervistato (fatto di tour operator, agenzie online, agenzie viaggi, strutture ricettive), che solo nel 3% dei casi reputa indispensabile l’adozione di practice adeguate per il nuovo modo di fare business, ma che nel 27% dei casi ritiene il fenomeno in atto come “molto significativo”.
L’aspetto più interessante, ha osservato Gatti, è che il maggiore entusiasmo arriva non dalle aziende leader, ma dalle strutture di minori dimensioni che ne riconoscono la strategicità per il proprio business. «Il dover competere sul mercato con operatori ad alta disponibilità di investimenti pubblicitari – recita l’indagine – fa sì che queste aziende cerchino nuovi modi di fare business, di farsi riconoscere e apprezzare dal mercato, di essere presenti e proattivi tra coloro che vogliono organizzarsi una vacanza o semplicemente curiosare sul Web». Per questo hanno puntato su siti ricchi di contenuti che al consueto strumento di prenotazione online aggiunge il blog e link utili per conoscere a fondo la destinazione della vacanza, meteo compreso.
Per lo sviluppo di progetti relativi al Turismo “seconda versione” il social networking vince alla grande (60%), seguito da mapping (41%), blog e video blog (24%), vertical search engine (23%), behavioral targeting (12%) e a seguire Rss, contextual advertising, rich Internet application, tag, mash up e podcasting. Dati che indicano un buon grado di familiarità anche con le tecnologie più recenti e che confermano come la visione sia molto orientata alla creazione di community. A seconda dell’obiettivo finale (fidelizzazione dei clienti, incremento fatturato, aumento del traffico sul sito) cambia la classifica delle tecnologie da utilizzare. Così se il social network va bene per fare affluire più gente sul sito, il motore di ricerca verticale è ritenuto molto più idoneo quando il fine è di fornire ai clienti strumenti self-service. Il contesto di business cambia l’approccio che riesce a svincolarsi dalle mode tecnologiche.
L’alta direzione e il Cio sono più spesso i promotori diretti dei progetti, la cui applicazione trova ostacolo nella mancanza di cultura aziendale (55%), nei costi (33%), nella mancanza di interesse per il tipo di business (32%), resistenza da parte degli utilizzatori (16%) e mancanza di esperienze e business case (13%).





