Presentati a Davos i risultati di un report sulle informazioni sensibili.
Cresce l’allarme per i furti di proprietà intellettuale portati a segno dalla mafia cibernetica. E il danno non è da poco, se è vero che le aziende denunciano perdite per un milioni di miliardi di dollari.
È quanto emerge dal report “Sistemi economici non garantiti, proteggere le informazioni essenziali”, presentato da McAfee a Davos, in Svizzera, in occasione del World Economic Forum 2009.
Secondo gli esperti, la criminalità informatica si avvale di tecniche di phishing sempre più sofisticate e difficili da contrastare, tanto più in un periodo di recessione economica come l’attuale, che ha drasticamente penalizzato gli investimenti per la sicurezza.
Risultato: una perdita complessiva per le aziende di 4,6 miliardi di dollari di proprietà intellettuale nel solo 2008, e una spesa di circa 600 milioni di dollari per riparare ai danni dovuti a violazione dei dati.
Se lo scenario mondiale non è dei migliori, un segnale positivo viene però dai Paesi in via di sviluppo, che investono di più in sicurezza rispetto a quelli occidentali.
In India, ad esempio, ha investito per la protezione della proprietà intellettuale ben il 68% degli intervistati, in Cina il 74%, e il 60% delle aziende di questo Paese memorizza le informazioni sensibili al di fuori dei propri confini, per garantire uno “storage più sicuro”. Numeri, questi, che dimostrano la consapevolezza dei danni economici e dei rischi causati dalla perdita e dalla violazione dei dati aziendali.
In particolare, a preoccupare il 39% degli intervistati sono i furti provenienti dall’esterno. Ma l’attenzione è alta anche sul fronte interno se è vero che, per il 42% del campione, i dipendenti licenziati sono la maggiore minaccia per le informazioni sensibili, fonte di grande interesse per i potenziali datori di lavoro.
Un’ulteriore considerazione riguarda la geopolitica. Infatti, Cina, Pakistan e Russia sono state identificate come zone problematiche per motivazioni legali, culturali ed economiche e addirittura il 26% degli intervistati ha volontariamente evitato di archiviare la propria proprietà intellettuale in Cina. Di contro, il 46% di intervistati cinesi è convinto che gli Stati Uniti rappresentino la minaccia più grande per la loro proprietà intellettuale.





