Le reti d’impresa vanno oltre il distretto

Un libro racconta le nuove forme di organizzazione produttiva che possono prendere ulteriore slancio dalla crisi in atto

“In un mondo complesso come quello di oggi il futuro non si prevede si fa”. Enzo Rullani, docente di Economia della conoscenza presso la Venice International university, sceglie la frase a effetto per introdurre il suo intervento alla presentazione del libro “Reti d’impresa otre i distretti” (Il Sole 24 ore, 410 pp, 45 euro) che racconta le nuove forme di organizzazione produttiva assetto giuridico compreso.


Secondo Rullani “Una crisi è una grande occasione di apprendimento”. Infatti i distretti sono nati dal crisi del fordismo, della grande impresa e da questa crisi potrebbe partire un forte sviluppo delle reti d’impresa che oggi in Lombardia sono 27 e coinvolgono circa cinquecento aziende.


“Fra chi difende il distretto e chi non ci crede c’è bisogno della terza via che in questo caso sono le reti”, aggiunge Rullani secondo il quale il problema non è criticare il modello distrettuale che ha dato quello che poteva dare in 30 anni, ma riconoscere che dal 2000 in poi questo tipo di organizzazione non va più bene. Però non c’è discontinuità: “nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma” è una formula che vale anche per il passaggio dai distretti alle reti d’impresa.

Secondo l’economista ci sono infatti alcuni elementi da travasare nel passaggio . Il primo è il legame fra economia e società. “Nei distretti – osserva Rullani – abbiamo scoperto la forza delle relazioni. Abbiamo bisogno di usare le relazioni e assumere rischi condivisi come collettività e filiera produttiva”. Altro elemento importante è la mancanza di legami forti tanto che il docente veneziano parla di “forza dei legami deboli”. “I legami forti rendono prigionieri, mentre la forza dei legami deboli è avere un forte interesse che lo rende più saldo e collaborativo”.
La differenza rispetto al passato è che la rete va oltre lo specifico monoculturale dei distretti, ibrida la cultura territoriale e ingloba il diverso nella rete che diventa anche intersettoriale.


Il libro che raccoglie gli interventi di altri autori come Arnaldo Bagnasco, ordinario di Sociologia all’Università di Torino, si occupa anche dello status giuridico delle reti d’impresa e offre una lunga serie di schede sulle reti attualmente esistenti.


Una di queste, che scegliamo come esempio, è il network Blue team 2000 che comprende 101 aziende-venditori di software per un totale di circa duemila addetti. Si tratta di società distribuite sul territorio nazionale con una struttura organizzativa centrale che prevede, oltre alle funzioni di gestione della rete, quelle di analisi del mercato, di selezione dei prodotti e di ricerca sullo sviluppo tecnologico.
La rete nasce per l’aggregazione di un’impresa leader è fortemente centrata ed è caratterizzata da un’organizzazione spinta con programmazione delle attività a livello pluriennale. Le relazioni molto intense tra i partner si basano su accordi di tipo contrattuale, con penali in caso di recesso.
Inoltre, la rete si caratterizza per l’elevata specializzazione dei suoi partner che, grazie alla messa in comune di competenze e conoscenze, garantisce un servizio completo alla clientela. I soci godono di ampia autonomia ed è loro responsabilità lo sviluppo del mercato territoriale. Le strategie finanziarie, in termini di investimenti e raccolta fondi, vengono decise a livello centrale. La struttura giuridica è quella di una società per azioni.


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