In occasione del recente Sas Forum Italia 2008, abbiamo incontrato Keith Collins, senior vice president e Chief technology officer di Sas per parlare di tecnologia, un argomento su cui Collins è un interlocutore particolarmente valido, visto che ricopr …
In occasione del recente Sas Forum Italia 2008, abbiamo incontrato Keith Collins, senior vice president e Chief technology officer di Sas per parlare di tecnologia, un argomento su cui Collins è un interlocutore particolarmente valido, visto che ricopre l’attuale posizione da diversi anni ed è stato il responsabile numero uno dello sviluppo dell’offerta Sas 9.
State naturalmente già lavorando a Sas 10. Ci può dire in che direzione vi state muovendo?
«Con la nuova versione, intendiamo realizzare soluzioni molto specifiche per i vari settori d’industria, per ciascuno dei quali, peraltro, operiamo in stretto contatto con alcuni Cio dei principali clienti. In particolare, per il settore della prevenzione dell’uso fraudolento delle carte di credito, abbiamo lavorato con Hsbc Holdings, una delle maggiori società mondiali di servizi bancari e finanziari, mentre per il settore dei rischi di credito ci siamo appoggiati ad alcuni dei nostri principali business partner».
Per quanto riguarda le nuove tecnologie, quali sono quelle che state valutando?
«Stiamo indagando sulle nuove possibilità della tecnologia in vari settori. Innanzitutto, sono in corso iniziative molto promettenti nel capo della real time data integration di testi non strutturati o parzialmente strutturati. Nell’area degli analytics stiamo studiando miglioramenti nel predictive modelling forecasting, per definire meglio la stagionalità e la risk analysis, in particolare il cosiddetto pillar 2 (Collins allude al Supervisory Review Process delle direttive Basilea 2, ndr). Lavoriamo, poi, per mettere a punto un high efficiency solver per l’ottimizzazione delle supply chain e per migliorare le funzionalità di data mining per avere campagne più efficaci. Nel settore info delivery, stiamo studiando strumenti di virtualizzazione sempre più potenti e sempre più necessari visto che aumentano i volumi dei dati da trattare».
E sul fronte della mobilità?
«Stiamo studiando anche la possibilità di distribuire le nostre applicazioni sui terminali mobili. Sul tema della mobilità c’è un dibattito, sia in generale tra gli addetti ai lavori che in particolare all’interno di Sas, tra chi vorrebbe trasferire su piattaforma mobile i risultati standard delle elaborazioni, visto l’aumento di potenza dei device mobili, e tra quelli che invece spingono per una versione specifica per questi device, che però sono ancora lontani da una standardizzazione. È frustrante notare come i produttori seguano ancora metodi proprietari: ad esempio iPhone blocca la tecnologia Flash di Adobe».
La tendenza verso forme di lavoro cooperative impatterà sulla struttura delle applicazioni di Business intelligence?
«Sicuramente sì. La collaborazione è una richiesta del mercato molto importante e in crescita. La maggior parte dei nostri prodotti ha un collaboration framework al proprio interno, ma non è ancora chiaro quale tipo di framework di collaborazione è destinato a prevalere tra tutti quelli disponibili. Si parla di collaborazione, di Web 2.0. Oggi abbiamo wiki, Sharepoint di Microsoft, blog, ma in realtà dietro a questi termini non c’è alcun standard».
Siete in uno stato di wait-and-see?
«No, semplicemente stiamo studiando il fenomeno concentrandoci sui nostri prodotti. Ad esempio, stiamo esaminando le potenzialità di Sharepoint e le possibili evoluzioni di enterprise search, perché in questo periodo in cui siamo inondati di informazioni è vitale sapere dove trovare le informazioni giuste. Stiamo, poi, lavorando per inserire nodi di collaborazione nel workflow delle nostre soluzioni e stiamo studiando anche la soluzione migliore al problema che sta a monte di tutto ciò, ossia come e dove trovare la giusta informazione. Se non si sa dove è andata a finire non la si può ritrovare».
Per l’utente è sempre più possibile ritagliarsi le applicazioni su misura senza nessuna intermediazione da parte dei sistemi informativi. È una tendenza che vale anche per la Bi?
«Questa tendenza è buona, ma a monte ci deve essere un ottimo sistema di controllo. Oggi ogni processo di Sas può essere incapsulato e richiamato come un Web service, ma il vero problema, a cui non è ancora stata data una risposta definitiva, è stabilire il giusto livello di granularità con cui questi servizi possano essere offerti, in particolare definire come altri processi possono interagire con i nostri workflow e come questi possono interagire con i workflow di altri processi aziendali».
Ci fa un esempio?
«Prendiamo un’applicazione di rilevamento delle frodi nell’uso di una carta di credito. Quando la nostra applicazione di fraud detection rileva un uso potenzialmente fraudolento di una carta di credito bisogna aprire un processo di valutazione di cosa fare, tenendo conto di tanti fattori perché rifiutare un pagamento di un cliente che potrebbe essere importante è un’operazione molto delicata. Perciò è chiaro che il problema non è semplicemente distribuire le funzionalità di Business intelligence fino al livello delle casse».
Sempre sul tema dell’evoluzione delle applicazioni, per rispondere meglio alle necessità del singolo utente oggi si parla molto di mashup. Lei cosa ne pensa?
«Oggi questo tema gode di grande popolarità, però io ho una posizione molto prudente. Quando applicazioni così costruite toccano flussi critici di informazione, come si fa a sapere chi è il proprietario di queste applicazioni e chi si fa carico della loro manutenzione nel tempo?»
Da quello che mi ha detto, e dal tono con cui l’ha detto, si capisce che Sas non è una società technology driven…
«Proprio così. Nella mia organizzazione lavorano 1.800 persone, tutte appassionate di tecnologia, ma quando si tratta di sviluppare soluzioni, la direzione che tutti seguiamo è quella di dare valore ai clienti. Su ciò io sono molto rigoroso: se un nuovo progetto non prevede benefici per il cliente io lo boccio. Naturalmente, nello sviluppo teniamo conto di tutte le novità tecnologiche. Si tratta di trovare il giusto bilanciamento tra la naturale tendenza a sfruttare le possibilità offerte dalla tecnologia appena queste sono rese disponibili, tipica di ogni sviluppatore, e i veri bisogni dei clienti».





