Nuovi modelli di delivery dell’It. Le mosse da fare

Con Gartner proseguiamo nell’analisi delle principali modalità di industrializzazione dei servizi It

Per comprendere le implicazioni che comporta l’arrivo sul mercato di nuovi modelli d’offerta dell’It, in una prima puntata (si veda il precedente n° di Lineaedp) abbiamo analizzato con Claudio Da Rold, distingueshed analyst di Gartner, le peculiarità dell’approccio SaaS (Software as a Service), che è il primo dei cinque modelli evidenziato dall’analisi “Alternative delivery models” presentata dalla società di consulenza. In questa seconda parte abbiamo voluto approfondire con l’analista gli altri quattro modelli: Business process utility (che è un po’ l’estensione del SaaS nel mondo del Business process outsourcing), l’Infrastructure utility (che sono i servizi infrastrutturali ingegnerizzati), il Remote management service (cioè i servizi di gestione delle infrastrutture It dei clienti fatti da fornitori remoti, tipicamente a basso costo), e poi il tema del Web platform/cloud computing (servizio attraverso Internet a più clienti).

Business process utility

Come osserva Da Rold «il Business process utility è un’offerta di Business process outsourcing industrializzata o, se vogliamo, il Software as a Service portato al livello dei servizi di business: non si acquista solo un’applicazione ma parte di un processo. La sua definizione è la gestione di un processo fornita dall’esterno, basata su un approccio altamente standardizzato e una piattaforma tecnologica unificata one to many, che quindi serve in parallelo più clienti». L’analista ha citato una serie di esempi di Business process utility. Uno è una joint venture per la gestione delle royalty che è stata creata da alcune major delle musica, la Royalty Services. Un’altra è PayPal, che fa parte del portafoglio di eBay: si tratta di un servizio di pagamento tra consumer e business via Internet. Un altro esempio ancora è rappresentato dalla business unit di Accenture, Naviter, che eroga servizi di backoffice, quindi parti di processo e SaaS per linee aeree low cost. Un altro caso è rappresentato da Turquoise, un consorzio creato in Europa tra le maggiori banche per realizzare una trading platform legata alla nuova normativa Mifid.

«Uno degli esempi più interessanti – prosegue l’analista – è una joint venture che si chiama Nhs Sbs, dove Nhs significa National Healtcare System, il sistema sanitario inglese, mentre Sbs sta per Share Business Services, che, con il supporto del fornitore Xansa, eroga servizi di finance administration e Hr a tutti i vari organismi che fanno parte del sistema sanitario inglese, che opera da un paio di anni e che vede continuamente crescere il numero di organizzazioni che sta servendo, oggi oltre un centinaio. Questo è un tema che riteniamo andrà a crescere nei prossimi anni e come aspetti attrattivi è che viene erogato un processo di business a livello di parità di mercato, si paga quello che si usa, non si devono fare grossi investimenti per creare il processo o per rinnovare le infrastrutture, ma si porta fuori dal proprio perimetro una serie di complessità gestionali che vengono delegate a un fornitore esperto del processo, che a sua volta ha definito la propria piattaforma di tipo best practice per poi venderla come servizio».

Una misura di quanto spazio ci sia per queste soluzioni è che alcuni guru del business management sostengono come ben l’80% di quello che un’azienda fa in termini di processi di business in realtà non dia alcun vantaggio sul mercato e non porti il successo a un’azienda. Quindi c’è molto spazio per nuovi servizi, ma questi modelli di delivery, secondo Da Rold, vanno applicati ai processi di business in maniera intelligente, per poi creare un’offerta di successo. Tuttavia il modello da solo non basta, in quanto va poi applicato nel modo giusto al problema giusto. Stando così le cose, è importante che i Cio per primi si rendano conto che un 80% dei loro processi non è differenziante e questo è un tema che va oltre alla loro responsabilità, nel senso che specialmente per il SaaS e per il Business process utility, il buyer sarà tendenzialmente l’uomo di business, in generale Cfo, Coo o Ceo. «Per cui in questo caso – riprende l’analista – il Cio può proporre questi nuovi modelli e sottolineare come, per esempio, a fronte di un investimento da fare su hardware e software in una certa area, se non si ottiene un vantaggio competitivo forse vale la pena valutare se esistono delle alternative che magari non sono nel radar degli uomini di business, anche se in prospettiva ritengo che saranno sempre più attenti a questi nuovi modelli, per cui per i Cio rappresentano sia un rischio che un’opportunità».

Infrastructure utility e cloud computing

Il concetto di infrastructure utility che è stato creato in Gartner qualche anno fa e sostanzialmente rappresento da un insieme di servizi di tipo infrastrutturale ma industrializzati, standardizzati e con un approccio pay per use. «Si è attivato molto marketing in quest’area da parte dei fornitori, però contemporaneamente non spingevano molto sullo sviluppo di queste proposte perché temevano la commoditizzazione, che però oggi sta percorrendo una strada obbligatoria che è quella della standardizzazione delle infrastrutture <*/i>– osserva Da Rold -. Oggi si è peraltro inserito un acceleratore, che è il cloud computing, che in questo momento sta facendo un po’ da volano, sia sul tema degli investimenti che su quello del marketing associato. Cloud, e qui anticipo un po’ il quinto modello, è uno stile di computing in cui le capacità di It enabled massivamente scalabili vengono erogate come servizio attraverso Internet a più clienti esterni. Per cui gli elementi fondamentali del cloud computing sono l’uso di Internet come veicolo e come ambiente di standardizzazione, per raggiungere clienti multipli, potenzialmente arrivando anche ai numeri del consumer, usando uno stile di computing scalabile al massimo livello. Negli Stati Uniti si stanno spendendo parecchi investimenti in ques’ambito e un numero limitato di player, tra i quali Google, Microsoft, Amazon, eBay hanno investito più di 5 miliardi di dollari in nuovi data center per erogare servizi online e quest’anno continueranno con questi ritmi, per cui ci sono molti soldi che stanno affluendo in strutture di cloud computing. C’è anche una certa attività di offerte di tipo Software as a Service che vengono improvvisamente ridefinite come cloud, per cui oggi rappresenta allo stesso tempo l’emersione di un fenomeno importante che deriva sostanzialmente dall’uso di piattaforme a basso costo e molto scalabili, per erogare servizi online non solo al consumer ma anche alle aziende. E uno dei fronti di combattimento saranno i servizi di mail, che, erogati all’interno di un’organizzazione, hanno un costo, per esempio di circa 15 dollari mensili per user, erogati in forma di hosting possono costare 7/8 dollari per user, mentre oggi con Google costano 4 dollari per user e si pensa che andando avanti possano scendere a 2 dollari».

In tutto questo, però, per le aziende aumenta il problema della sicurezza? «Certamente la sicurezza è uno degli inibitori – risponde l’analista -. Va, tuttavia, detto che circa 18 mesi fa ho fatto una survey presso un centinaio di organizzazioni di clienti in Europa, chiedendo quale fosse il maggiore freno verso questo tipo di servizi, e mi aspettavo che il primo della lista fosse la sicurezza e confidenzialità delle informazioni, invece prima ancora è emerso che non ci sono sufficienti offerte, il che in effetti è un punto interessante perché, salvo il SaaS dove ci sono già centinaia di fornitori, per gli altri modelli si è ancora in una fase iniziale. Comunque i fornitori che daranno maggior garanzia di sicurezza su dove vengono allocati i dati, sulle loro policy di confidenzialità e di sicurezza, con certificazioni come Iso 27001, saranno quelli che riusciranno a fare più business con le aziende. Per cui ci dovrà essere molta attenzione sul fronte sicurezza e, una volta che questa è assicurata, si dovrebbe arrivare allo stesso livello dell’outsourcing, dove i dati dei clienti sono già gestiti all’esterno. Su questo tema dell’Infrastructure utility, abbiamo raccolto un grande numero di accelerazioni, per cui è passato dall’interesse, all’interesse spiccato, e i fornitori stanno investendo su questo fronte sia nella versione più tradizionale che su quello del cloud computing».

Da una survey condotta da Gartner è emerso che più di un centinaio di data center erogano a livello mondiale servizi di questo tipo, ci sono circa una dozzina di offerte diverse, mentre dal punto di vista del mercato è stato stimato che possa già valere circa il 5% del mercato mondiale del data center outsourcing, cioè qualcosa che si aggira sui 4/5 miliardi di dollari. Peraltro, sempre presso l’analista, è anche in fase di analisi l’infrastructure utility per applicazioni di tipo Sap, in cui vengono confrontare le diverse offerte che sono interessanti per medie aziende, multinazionali e realtà che vogliono coniugare flessibilità, velocità e qualità del servizio, con un costo basso e prevedibile.

Remote management service

È un tema abbastanza caldo quello del Remote management service: fondamentalmente riguarda la gestione remota di un’infrastruttura di proprietà del cliente, che ne gestisce gli asset, mentre un fornitore esterno esegue un servizio di sicurezza, di monitoraggio e di supporto, per cui è un modello un po’ diverso dagli appena trattati.

«Adesso il tema si è allargato a tutti i componenti, quindi a sistemi Unix, Nt, Windows, Linux, network, storage e quant’altro, – osserva Da Rold – per cui i fornitori di fatto offrono un menu di opzioni di monitoraggio, eseguono azioni specifiche quando arrivano degli allarmi, per esempio relativi al superamento di certe soglie, oppure fanno un’attività di gestione dei componenti, fino alla possibilità che la gestione dell’infrastruttura sia di fatto esternalizzata. Negli ultimi due/tre anni è accaduto che i fornitori offshore, tendenzialmente indiani, abbiano iniziato a estendere la loro offerta al tema infrastrutturale attraverso questi servizi, mentre i fornitori tradizionali hanno reagito per tempo implementando e realizzando al loro interno il remote management per supportare i propri clienti di outsourcing. Quindi, di fatto, il mercatosta diventando abbastanza complesso, in quanto troviamo che operano fianco a fianco outsourcer e fornitori tradizionali, aziende di Tlc e fornitori di servizi di tipo offshore. Raccogliendo i dati di una quarantina di fornitori di questo tipo, solo per il monitoraggio, si parla di quasi 300 locazioni, con più di 30.000 persone dedicate, mentre calcolando anche le attività di supporto si arriva a 100.000 persone. La parte significativa di questi valori è rappresentata dai clienti delle telco e degli outsourcer, che stanno già usufruendo di questi servizi all’interno dei contratti in essere. Va, inoltre, sottolineato che il mercato dei servizi It, che tradizionalmente era locale, oggi è diventato più globale, e questo sta stressando i fornitori locali, perché la struttura sta diventando molto più focalizzata e con fornitori più esperti dell’offering che erogano, ma su scala più globale».

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