Dalla mobility alla logistica, le potenzialità dell’Rfid sono molteplici. Lo ha evidenziato un recente convegno sul tema, moderato da Lineaedp
Concreta opportunità di business in molti settori, dopo aver subito alcuni rallentamenti, l’Rfid è ora pronta per una diffusione di massa. Il tema è stato al centro del convegno “Rfid, identificazione e razionalizzazione dei flussi aziendali”, tenutosi a fine ottobre a Treviso, organizzato dall’Unione Industriali della provincia e dal Club Bit (associazione di It manager del territorio), in cui sono emerse le luci, più che le ombre, della grande promessa della tecnologia. Docenti universitari, produttori di software e di hardware, imprenditori fiduciosi e It manager attenti, in una discussione moderata dalla redazione di Lineaedp, hanno tratteggiato lo stato dell’arte dei nuovi contesti applicativi, indicando benefici in termini di efficienza e di ritorni economici.
La garanzia di univocità dei dati è stato, ad esempio, uno dei vantaggi evidenziati da Enzo Schiavuta, professore dell’Università degli Studi di Padova (VirLab Utt, dipartimento di fisica Galileo Galilei), secondo il quale criteri fondamentali affinché l’Rfid garantisca i risultati di cui è capace sono l’adeguata integrazione sistemica, la chiara definizione degli obiettivi, che devono essere quantificabili e verificabili, nonché la rimozione di fattori inibitori, individuati nella persistenza del codice a barre, nella privacy e nella mancanza di uno standard condiviso. «I sistemi non devono limitarsi a essere tecnologicamente perfetti, ma anche profittevoli – ha indicato Schiavuta -. Il difetto continua a essere rappresentato dal costo, che rallenta lo sviluppo in alcuni settori, come ad esempio la Gdo. Segnali di crescita provengono, invece, da nicchie di mercato, come ad esempio la mobilità, mentre la logistica, pur essendo un ambito che automaticamente torna alla mente quando si parla di Rfid, vista la completa tracciabilità che garantisce, stenta a decollare».
Ottimista, su questo aspetto, si è invece dimostrato Francesco Celante, titolare di Rotas Italia (produttore di etichette) secondo il quale l’Rfid rappresenta «il Google degli oggetti. Sicuramente tutti la utilizzeranno, anche perché i costi stanno evolvendo; ormai si parla di centesimi di euro per un tag. Il punto è creare valore e comprendere che in questo modo, si risparmia tempo. Al giorno d’oggi, la tecnologia c’è, i mezzi pure, quello che serve è la capacità di individuare le aree di interesse, e qui subentra la fantasia delle aziende e degli It manager». Creatività come quella espressa da Dolomiti Superski, a capo di un consorzio di 138 imprese che, in 12 valli, permette agli sciatori di divertirsi su oltre 1.200 km di piste.
«Abbiamo adottato il sistema dello skipass da oltre trent’anni, ma dal 2004 siamo passati all’Rfid con grandi vantaggi anche per i nostri clienti -, ha spiegato il presidente, Sandro Lazzari -. Con il sistema precedente, la gestione contabile dei ticket venduti era diventata complessa, inoltre, volevamo rendere più confortevole l’accesso ai 450 impianti, permettendo agli sciatori di superare i tornelli a mani libere». Da qui la scelta dell’identificazione in radio frequenza, per le sue caratteristiche di apertura e interoperabilità. «Investire in una tecnologia moderna, facilmente aggiornabile nel tempo, ci avrebbe permesso di dare una spinta innovativa allo sci – ha continuato Lazzari -. Siamo, poi, riusciti a contenere i costi puntando su tecnologie di mercato anziché studiate specificamente per il nostro ambiente. In totale, abbiamo speso 10 milioni di euro, la medesima cifra, commutata in lire, impiegata dieci anni prima per adottare il precedente sistema di ticketing. L’unico rammarico è rappresentato dalla mancanza di uno standard unico, aspetto che rende più difficile realizzare un approccio multiservizio, per noi importante».
Altra esigenza di Dolomiti Superski era quella di far confluire tutti i dati rilevati all’interno di un data center centralizzato, interfacciato con diversi sottosistemi. «I clienti, ad esempio, possono accedere tramite un applicativo Web alle informazioni che li riguardano – ha indicato Gianni Rasom, che, come responsabile dei sistemi informativi della società, coordina i dodici tecnici corrispondenti a ogni valle del comprensorio -, verificando a posteriori l’utilizzo fatto dello skipass su una mappa».
Il costo, poi, può essere addebitato su carta di credito in un secondo momento, in base alla tipologia dello sciatore, al numero di giornate di utilizzo e di impianti usati. «Ulteriori variabili valutate – ha aggiunto Rasom – sono state la velocità e la distanza di lettura e così come la resistenza e la durata della card, l’attendibilità dei dati e le performance dei transponder».
Le applicazioni in cui l’Rfid può trovare spazio sono, però, molteplici e, come indicato da Andrea Ingrosso, del laboratorio Cattid/FrId Lab, Università la Sapienza di Roma, spaziano dai beni culturali, al wireless per la disabilità, alla Pubblica amministrazione, al mobile, alla logistica. «La sfida è quella dell’interoperabilità tra tecnologie e il superamento di questioni normative per una reale espansione – ha specificato -, ma è già possibile realizzare sistemi di navigazione stradale per non vedenti, così come monitorare parametri vitali o creare collegamenti tra cellulari e carte contactless per effettuare pagamenti, fino a concretizzare il controllo remoto dei carichi in ambito logistico».
Perché anche nella supply chain, fino ad ora cenerentola del mercato Rfid, le possibilità sono ampie. «La tecnologia è matura anche in quest’ambito – ha assicurato Andrea Costi, technical manager di Intermec Technologies -. Dopo l’apertura avvenuta lo scorso anno alle frequenze Uhf, i prototipi si sono susseguiti e ora la qualità è nettamente cresciuta».





