La virtualizzazione di Microsoft in tre passaggi

Secondo Idc entro il 2011 l’85% dei server venduti saranno in modalità logica. Il trend, come affermato da Antonio Romano, country manager di Italia e Iberia, si osserva non solo nelle grandi imprese, ma anche nelle medie e piccole: dalle rilevazioni f …

Secondo Idc entro il 2011 l’85% dei server venduti saranno in modalità logica. Il trend, come affermato da Antonio Romano, country manager di Italia e Iberia, si osserva non solo nelle grandi imprese, ma anche nelle medie e piccole: dalle rilevazioni fatte nell’ultimo anno la virtualizzazione registra un elevato livello di soddisfazione, superiore anche al 90%. Però, in questo contesto, un elemento che non va trascurato è l’impatto sulla sicurezza, intesa soprattutto come business continuity. La sfida della virtualizzazione, allora, sarà di non penalizzare la mobilità, che è un grande asset dell’azienda e che permette di attingere alle informazioni da remoto. In questo quadro,inoltre, non va sottovalutata l’importanza dei software di system management, in grado di gestire i vari ambienti, reali e virtualizzati.

Sul tema Microsoft ha molte idee e progetti, che porta avanti anche con la collaborazione di partner storici come Citrix (operano insieme da 20 anni), che fanno capo a un denominatore di disponibilità di servizi, «perché il mercato richiede flessibilità» ha spiegato Matteo Mille, director server & tools Business Group di Microsoft Italia.

Va in questa direzione la strategia e-Cloud Services. «Attualmente – ha detto Mille – il mercato si sta indirizzando verso un consolidamento di server fisici in server virtuali, per cui sta avvenendo un disaccoppiamento della macchina fisica dal sistema operativo. Un secondo passaggio, che si chiama application virtualization, sarà di disaccoppiare l’applicativo dal sistema operativo, che va collocato “on the cloud”, ossia in un data center sul quale c’è una certa disponibilità di capacità computazionale e di un certo numero di sistemi operativi virtualizzati o logici. E il terzo passaggio sarà quello di sfruttare un linguaggio di definizione dei modelli di funzionamento: per esempio il ciclo passivo lo si potrà gestire realizzando un processo che attiva varie funzioni e che dovrà essere parte integrante delle applicazioni, affinché il gestore del sistema possa decidere quali applicazioni del processo possono essere usate. Per cui si rende disponibile una funzione di un’applicazione, secondo le richieste, prendendo il servizio dalle diverse applicazioni federate tra loro». Quindi, secondo il concetto di “on the cloud”, si disaccoppiano dal sistema operativo sia le macchine sia le applicazioni e si ha un modello di definizione del servizio che permette di costruirlo secondo necessità. Per cui non ci si trova più in una logica di silos, dal “ferro” al servizio su un’unica macchina, ma si disaccoppia il tutto per avere l’efficienza gestionale e la disponibilità flessibile di servizi che il mercato richiede.

In tema di sicurezza Mille ha osservato che sui device mobili ormai c’è una tale quantità di informazioni che li si può paragonare a un notebook. Pertanto vanno trattati alla stregua di un pc. «La nostra famiglia System Center include i device mobile nei sistemi di sicurezza – ha affermato Mille -. Arriveremo a virtualizzare le applicazioni sul mobile così come facciamo sul desktop, ma qui i vincoli sono ancora tecnologici, perché la capacità computazionale per gestire una applicazione virtualizzata richiede batterie che oggi ancora non ci sono. Su questo fronte si concentra il 90% degli investimenti dei produttori di cellulari».

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