AI e avvocati: lo studio Aptus.AI mostra il divario tra consapevolezza e pratica

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La professione legale italiana sa perfettamente che l’Intelligenza Artificiale diventerà un elemento strutturale del lavoro dell’avvocato. Ma tra consapevolezza e utilizzo effettivo c’è ancora un solco evidente, fatto di competenze insufficienti, prudenza culturale, timori legati alla riservatezza e soprattutto mancanza di strumenti realmente affidabili: è ciò che emerge con chiarezza dalla survey realizzata da Aptus.AI in occasione del Congresso Nazionale Forense 2025: un’istantanea nitida di una categoria che guarda all’AI con interesse crescente, ma che fatica a tradurre questa attenzione in adozione matura.

Un divario tra consapevolezza e uso quotidiano

La distanza tra percezione e pratica è il primo dato che colpisce. L’84% degli avvocati ritiene che l’AI trasformerà significativamente la professione entro i prossimi cinque anni, e un terzo prevede addirittura un impatto drastico. Ma solo il 19% utilizza regolarmente strumenti basati su AI; il 47% li ha provati in modo sporadico e il 34% non li ha mai testati.

Il limite principale non è la diffidenza, bensì la scarsa competenza: il 70% dichiara di sentirsi poco o per nulla preparato nell’uso dell’AI, mentre appena il 4% si definisce molto competente. È un fenomeno trasversale, ma con sfumature interessanti: tributaristi e amministrativisti sono più inclini all’adozione, penalisti e civilisti restano invece più prudenti, soprattutto per questioni di privacy e affidabilità delle risposte.

Come sottolinea Andrea Tesei, CEO e co-founder di Aptus.AI, «fa riflettere la distanza tra la consapevolezza già molto diffusa dell’inevitabile impatto dell’AI sulla professione e il poco utilizzo che ne viene fatto oggi».

Strumenti generalisti, rischi specifici

La maggior parte degli avvocati conosce o ha provato principalmente piattaforme generaliste come ChatGPT: il 76% indica proprio questi strumenti come riferimento più familiare. È una scelta comprensibile, ma anche rischiosa, perché la qualità delle fonti giuridiche è un elemento critico.

Questo si riflette nei timori principali: il 62% teme problemi di riservatezza dei dati, il 54% l’affidabilità delle risposte e il 39% una perdita di controllo sui contenuti. Solo il 12% manifesta il timore di un rimpiazzo del ruolo umano, segno che l’AI è vista come un alleato più che come una minaccia.

Gli avvocati individuano tre casi d’uso prioritari: ricerca giurisprudenziale (68%), analisi normativa (63%) e sintesi documentale (59%). Molto meno rilevante, almeno oggi, l’automazione della redazione di atti e contratti (21%), confermando che l’AI viene percepita come uno strumento per capire meglio, non per produrre di più.

Cosa serve davvero per accelerare

La survey mette chiaramente in luce quali sono i fattori che potrebbero sbloccare una diffusione più capillare dell’AI giuridica: la sicurezza delle fonti (58%), la facilità d’uso (46%) e l’aggiornamento costante dei contenuti (39%). Solo il 9% cita il risparmio economico come leva principale, un dato che conferma la sensibilità del settore verso qualità e affidabilità.

È una prospettiva coerente con la visione espressa da Tesei: «se l’AI non può sostituire un bravo avvocato, può aiutarlo in un lavoro più veloce, preciso ed efficiente. Ma la qualità delle fonti è imprescindibile: soluzioni generaliste nate per altri scopi non possono essere affidabili».

Aptus.AI: una piattaforma costruita per la complessità normativa

Aptus.AI, realtà italiana RegTech partecipata da CDP Venture Capital e P101, sta cercando di affrontare proprio questo nodo: creare una tecnologia capace di rendere la normativa realmente accessibile, consultabile e utilizzabile in modo affidabile. La piattaforma genera versioni machine-readable dei documenti legali, semplificando attività di compliance, aggiornamento normativo e ricerca specialistica.

L’obiettivo è trasformare la compliance da costo operativo a leva strategica di business, con un approccio nativamente progettato per il mondo giuridico e non adattato ex post.

Il quadro che emerge dal Congresso Nazionale Forense è chiaro: l’AI non è un’opzione futura, ma una necessità imminente. La sfida ora è trasformare questa consapevolezza diffusa in adozione concreta, grazie a formazione sistematica, strumenti affidabili e tecnologie nate per le esigenze specifiche di chi lavora ogni giorno dentro il labirinto normativo.

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