Copyright e creatività automatica: il diritto è pronto a rispondere? Il punto di vista di Carlo Ciocca, Avvocato e co-founder di GiurisApp, su intelligenza artificiale e diritto d’autore.
Nel giro di pochi anni, l’intelligenza artificiale è diventata protagonista anche nel mondo della creatività. Strumenti come ChatGPT, DALL·E, Midjourney o Sora permettono a chiunque, con un semplice comando testuale, di generare articoli, poesie, immagini, video o musica di altissimo livello. E spesso, sorprendentemente simili alle opere di artisti, scrittori o musicisti reali.
Ma quando ciò che viene generato ha anche un valore economico (un’immagine venduta, un video virale, un jingle pubblicitario), nasce una domanda che la legge, oggi, non è pronta a risolvere del tutto: chi è il titolare dei diritti d’autore su un’opera generata da un’intelligenza artificiale?
La legge italiana (e non solo): serve una persona titolare

Nel nostro ordinamento (come nella maggior parte delle giurisdizioni) il diritto d’autore nasce con l’opera dell’ingegno creata da un essere umano.
L’articolo 1 della Legge 22 aprile 1941 n. 633 stabilisce che:
“sono protette le opere dell’ingegno di carattere creativo, qualunque ne sia la forma di espressione”. Fonte ufficiale: Normattiva
La creatività, quindi, è strettamente legata alla personalità. Non basta che un contenuto sia originale, ci deve essere un autore. Questo crea potenzialmente un problema giuridico evidente per tutte le opere prodotte con l’aiuto (o del tutto autonomamente) di un’AI.
E quindi, se è una macchina a generare un contenuto, chi può dirsi autore? O meglio, c’è davvero un autore?
Tre ipotesi (con nessuna certezza)
Ad oggi, si confrontano tre principali posizioni:
- L’utente è l’autore: cioè lo è chi ha scritto il prompt. Ma serve che quell’input sia davvero creativo, non generico. “Fammi un disegno in stile Van Gogh” potrebbe non bastare;
- L’autore è chi ha creato l’algoritmo: questo perché l’opera nasce da un sistema progettato da esseri umani. Ma spesso gli sviluppatori non controllano gli output generati, né tantomeno gli input dei singoli utenti;
- Nessuno è autore (l’opera è quindi di tutti): è la tesi più coerente con la lettera della legge. Se manca un soggetto a cui imputare la creazione, l’opera non è tutelata. È una res nullius, e quindi liberamente utilizzabile da chiunque.
Questa è una situazione che apre molti interrogativi anche per il mondo dell’industria creativa, del marketing e dell’editoria.
Il caso dello “stile copiato”
Piattaforme come Midjourney permettono di generare immagini “in stile William Turner” o “alla maniera di Van Gogh”. Anche se l’immagine risultante è tecnicamente nuova, si pone però un problema di imitazione o derivazione.
Lo stile di un artista può essere liberamente riprodotto? E, se la macchina lo rielabora senza permesso, siamo davanti a un plagio?
Sono domande che, per ora, non hanno risposta definitiva, ma che toccano anche questioni etiche, oltre che legali.
Il tema (molto delicato) del training
Molti modelli di intelligenza artificiale sono addestrati su database che includono opere protette da copyright, da immagini a testi o a brani musicali.
Quindi, è legittimo far “imparare” un sistema da opere altrui, senza un vero e proprio consenso?
Il rischio è che l’intero processo di generazione sia illegittimo, e quindi anche l’output finale sia, in via derivata, anch’esso non conforme a legge.
Questo potrebbe essere un tema che potrebbe diventare centrale nei contenziosi futuri.
Le prime risposte arrivano dall’ USA, UK, e oltralpe
Alcuni ordinamenti hanno già espresso una posizione chiara. Negli Stati Uniti, il Copyright Office ha stabilito che:
“Un’opera interamente generata da AI non può essere registrata come protetta dal diritto d’autore”. Compendium of U.S. Copyright Office Practices, § 313.2 (2021)
Nel Regno Unito, il caso Thaler v. Comptroller-General of Patents ha ribadito che non si può riconoscere come autore una macchina, e senza intervento umano non c’è tutela giuridica. High Court of Justice, [2021] EWHC 2412 (Ch)
E l’Europa?
Con il nuovo AI Act, l’Unione Europea ha posto le prime regole generali sull’uso dell’intelligenza artificiale, ma non ha ancora affrontato direttamente il tema del diritto d’autore. Una proposta di riforma del copyright in chiave AI è però sempre più importante.
In Italia, infine, non c’è ancora giurisprudenza consolidata. Ma la direzione potrebbe essere simile a quella anglosassone, ovvero niente protezione automatica, salvo significativo apporto umano.
Un nuovo rapporto tra creatività e tecnologia
Siamo all’inizio di una nuova era per la produzione creativa. Un’epoca in cui la creatività umana convive (e spesso si fonde) con la generazione automatica. Un testo, un disegno, una melodia, oggi possono nascere da un prompt ben scritto. Ma il diritto è ancora fermo al concetto di autore-persona.
È forse il momento di ridefinire alcuni concetti:
- Creatività “intenzionale” e creatività “emergente”
- Opere “volute” e opere “probabilistiche”
- Arte come espressione o arte come risultato
La vera domanda non è solo giuridica, ma anche culturale, dipende infatti se vogliamo considerare arte ciò che è generato da una macchina, e in via subordinata se vogliamo tutelarlo o se preferiamo lasciarlo “open source”.
Il diritto d’autore, che è nato essenzialmente per proteggere l’ingegno umano, rischia oggi di diventare un campo di battaglia tra innovazione tecnologica e tradizione giuridica.
In questo conflitto si gioca molto più del possesso e valore di un’opera, cioè si decide come vogliamo guardare alla creatività del futuro.
In un contesto in così rapida evoluzione, giuristi, creativi e sviluppatori sono chiamati a un confronto sempre più serrato e urgente. Le regole del gioco stanno cambiando, e con esse il concetto stesso di “creazione”.
Come co-fondatore di GiurisApp, una piattaforma nata proprio per avvicinare il mondo del diritto alla tecnologia e all’innovazione, credo sia fondamentale continuare a tradurre le sfide giuridiche in spunti di riflessione comprensibili, concreti e accessibili.
Il futuro dell’intelligenza artificiale non è solo una questione tecnica o legale, ma è anche una questione di cultura (e come si percepisce), consapevolezza e responsabilità individuale e condivisa.









