In house a rischio per l’Ict

Non è chiaro se il decreto legge che liberalizza i servizi pubblici locali comprenda anche il mondo Ict

L’Ict rischia di perdere la battaglia contro l’in house sul filo di lana. La questione è infatti se il disegno di legge sulla riforma dei servizi locali, che azzererà 850 tra gestioni pubbliche e SpA miste con privati sotto il 30%, comprenda anche l’informatica.
In ballo ci sono 815 milioni di euro, il fatturato degli affidamenti in house in Ict da parte delle Pa locali. Si tratta del 59% degli 1,4 miliardi di euro investiti dalla Pa locale che vengono assegnati senza gara ad organismi pubblici, spesso controllati o partecipati dagli stessi enti committenti.


Ennio Lucarelli, presidente di Assinform cerca di essere ottimista. In una dichiarazione resa al Sole 24 Ore fa notare che nel provvedimento si parla di “favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale di rilevanza economica in ambito locale”. Una definizione che, secondo Lucarelli, non si vede perché non possa comprendere anche l’Ict.

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