Per Unioncamere la media impresa vince sempre

L’annuale rapporto conferma il ruolo di punta delle grandi e medie imprese. E per le piccole parla di selezione darwiniana

L’annuale rapporto di Unioncamere, che fotografa il sistema industriale italiano, parla di un mondo a due velocità, tirato dalle solite 4.085 medie imprese, alle quali va ricondotto circa il 14% del valore aggiunto manifatturiero italiano (che sale al 22% se si considera anche l’indotto), seguito dal gruppo delle piccole imprese che “faticano a stare sul mercato”.

La selezione del tessuto imprenditoriale, afferma il rapporto, continua a colpire in primo luogo le piccole e piccolissime imprese, per le quali, indipendentemente dal settore di attività, il saldo tra aumenti e diminuzioni del fatturato risulterebbe pari a circa due punti percentuali. Al contrario, sembra tenere la fascia di imprese dell’industria e dei servizi di medie e grandi dimensioni, confermando il ruolo di traino per il nostro apparato produttivo.

I dati del rapporto indicano una flessione tendenziale del fatturato pari a – 1,7% delle Pmi manifatturiere nei primi tre mesi dell’anno, mentre la crescita del Pil nel 2008 resterà ancorata allo 0,5% (con un preoccupante +0,1% nel Sud). Si fa sempre più dura la selezione “darwiniana” delle imprese (oltre 390.000 le chiusure registrate nel 2007), ma giungono buone notizie dall’occupazione che crescerà quest’anno di oltre 100.000 unità (+1%).

Restano al palo i grandi progetti di ammodernamento delle reti infrastrutturali: la dotazione al Sud è ancora pari all’80,4% della media nazionale e non mostra segnali di recupero.

Il modello vincente delle medie imprese si traduce, secondo il rapporto Unioncamere, in un aumento del 3,2% della produttività del 19,3% della forza lavoro e del 15% dei prezzi.

«Sia l’incremento dell’occcupazione – afferma il rapporto – sia quello dei prezzi, deve essere interpretato positivamente: più occupati e, soprattutto, più occupati qualificati rappresentano una condizione di benessere diffuso sul territorio; l’incremento dei prezzi, poi, altro non è che l’effetto di un processo continuo (e ben riuscito) di qualificazione delle produzioni».

Nel periodo 2000-2005, il saldo tra aperture e chiusure di nuovi insediamenti produttivi e commerciali delle medie imprese (sotto forma di unità locali dell’impresa madre o di imprese controllate) è stato positivo per 1.003 unità.

Nell’89,6% dei casi i nuovi insediamenti sono stati realizzati/acquisiti nella stessa provincia in cui la media impresa ha la sede principale, a conferma del legame di queste aziende con il territorio d’origine. Se la media impresa mantiene le proprie radici produttive salde sul territorio di origine, guarda però con attenzione anche alle possibilità di sviluppo offerte dai mercati esteri. Sono, infatti, 1.169 quelle che a tutto il 2005 operavano offshore anche con investimenti industriali o commerciali (+15,4% rispetto al 2000). Le medie imprese “multinazionali” hanno circa 80.000 dipendenti negli stabilimenti e nelle piattaforme commerciali al di fuori dei confini. L’innovazione rappresenta la leva principale per sostenere la competizione delle medie imprese. E quanto più si amplia la dimensione internazionale tanto più cresce l’esigenza di investire, alzando il livello di rischio, ma anche il rendimento del capitale e le performance.

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