La scelta del giornale lombardo per accrescere la flessibilità e razionalizzare il sistema It esistente
La necessità di modernizzare i sistemi informativi aziendali, che avrebbe però richiesto una nuova un’architettura It, con l’inserimento di una San e diversi server, ha spinto nel 2006 il quotidiano La Provincia Pavese verso la virtualizzazione.
«Nella fase di analisi iniziale, infatti – spiega Fabio Villani, direttore produzione del giornale -, non era chiaro quanti server sarebbero stati necessari e quanto tempo avrebbe richiesto il roll-out del sistema». È stata, quindi, portata avanti la strada della virtualizzazione. «Fino a quel momento – prosegue Villani -, non era mai esistita una strategia in proposito e, oltretutto, in azienda erano presenti macchine molto differenti tra loro. Era stata valutata la prospettiva di un parco server di produzione e un ambiente di sperimentazione separati, ma questa situazione non sarebbe stata facilmente gestibile. Così, siamo giunti alla decisione di introdurre Vmware Infrastructure 3, anche perché in azienda avevamo già sperimentato Vmware Server».
La soluzione adottata ha permesso la creazione di un’infrastruttura più omogenea: diciotto server sono già stati eliminati e altrettanti virtuali introdotti, di cui sedici diretti alla sperimentazione di un nuovo sistema informativo e due all’erogazione di servizi ad altre società del gruppo. «Attualmente – continua Villani -, i server e le workstation virtuali sono trentasei, tutti ospitati su quattro macchine acquistate per l’occasione, ma il nostro obiettivo è di arrivare a quarantacinque entro l’estate».
L’installazione è stata affidata a ServerLab, partner storico della Provincia Pavese. «La messa in produzione è stata rapida, – indica Villani – non più di un paio di giorni, mentre la migrazione dei server ha richiesto quattro mesi circa. I tempi sono stati più lunghi a causa dell’ambiente eterogeneo, che ha richiesto un costante adattamento», ma i risultati sono stati interessanti per quanto riguarda la gestione del back up, reso più semplice dall’infrastruttura virtuale utilizzata congiuntamente alle macchine Nas e dall’implementazione di un piano di disaster recovery. È, inoltre, allo studio un collegamento in multi-site, per garantire un disaster recovery geografico, grazie al salvataggio remoto di immagini dei server e delle applicazioni.
«L’architettura – sottolinea Villani – ci permette di accendere, spegnere e trasferire i server in maniera immediata, nel giro di pochi secondi. Le macchine virtuali, inoltre, consentono un minor consumo di Ram e Cpu rispetto a quelle fisiche e, al tempo stesso, le prestazioni rimangono elevate e la stabilità dei server cresce».
Maggiore efficienza nell’uso delle risorse, semplificazione del processo di testing, riduzione dello spazio occupato sono altri vantaggi ottenuti. «I processi che prima richiedevano grande dispendio di tempo e fatica – conclude -, ora possono essere realizzati con risorse minori e con una flessibilità che un’infrastruttura fisica non può per sua natura consentire».





