Virtualizzazione, serve una mappa di maturità

Il Cio deve delineare un quadro sinottico per la virtualizzazione, che gli faccia capire in che punto si trova e quali fasi lo attendono

Studiando il ciclo di maturità relativo all’adozione delle tecnologie di server virtualization, Idc identifica quattro fasi distinte di adozione, relative a quando si passa da un ambiente non virtualizzato a un modello di infrastruttura It dinamica. Tale mappatura può essere utilizzata dai Cio per comprendere in che stadio ci si trova all’interno del processo di adozione delle tecnologie di server virtualization e a cosa può aspirare la propria azienda.

Il datacenter aziendale si trova ad affrontare molteplici sfide innescate dalla crescente richiesta di risorse derivante dalla domanda di nuove applicazioni. Nel passato tale richiesta veniva soddisfatta incrementando il parco hardware e aumentando la pressione sullo staff It, affinché tale incremento non influenzasse negativamente il livello delle prestazioni. Nel corso degli ultimi anni i responsabili It delle aziende hanno cominciato a prendere in esame tecnologie che fossero in grado di interrompere tale ciclo, in considerazione del fatto che nuovi investimenti It non sarebbero potuti essere attuati a causa della non buona situazione economica congiunturale.

La virtualizzazione dei server parte dal presupposto che nella maggior parte dei casi, le risorse hardware sono sottoutilizzate rispetto alle loro capacità, e quindi si cerca di trarre un maggiore livello di efficienza da esse. Tale approccio non è nuovo nell’It: i mainframe, ad esempio, sono virtualizzati, o meglio partizionati da oltre 30 anni. La novità sta dunque nell’applicare tale approccio anche agli x86-pc server, oggi più potenti rispetto al passato e relativamente più economici, ed è proprio in tale mercato che Idc ha notato un tasso di adozione accelerato. Il veloce passaggio da server fisici a sever “logici” ha permesso alle aziende di sfruttare al meglio le risorse a disposizione, di implementare più velocemente i sistemi e di migliorare la disponibilità con l’utilizzo di strumenti di portabilità.

La virtualizzazione comporta cambiamenti, anche consistenti, all’interno delle aziende che la implementano, relativamente a: processi di controllo, Service level agreement (Sla), sviluppo di business case, analisi delle capacità e delle competenze dello staff It. Tuttavia, tali cambiamenti non sono attuati contestualmente all’implementazione, ma avvengono di pari passo con la crescita dell’esperienza e del livello di accettazione di questo nuovo modello di risorse condivise. La server virtualization risulta avere impatti notevoli a diversi livelli all’interno delle imprese. Tra gli altri, i principali sono:

• Application usage: esistono differenze facilmente misurabili tra le tipologie di applicazioni che sono implementate su un server virtuale, mano a mano che la virtualizzazione cresce con l’ambiente in cui è implementata;

• Line of business (Lob): con la crescita dell’utilizzo della virtualizzazione all’interno delle aziende, cambia l’interfaccia con le linee di business;

• Processi It: come per l’implementazione di una nuova tecnologia, le regole e i processi legati all’It governance, devono essere modificati, per assecondare l’impatto della virtualizzazione. Al riguardo, gli utenti finali sono soliti richiedere cambiamenti formali prima che le macchine virtualizzate siano utilizzate nei reparti;

• Impatti finanziari: le motivazioni legate alla decisione di adottare la virtualizzazione dei server cambiano in relazione alla maturità del ciclo stesso di adozione. Inizialmente le ragioni principali sono indirizzate verso il risparmio legato alla spesa hardware, poi sono quelle del time-to-market e della disponibilità a essere i principali driver per la sua adozione. Non secondario è anche il risparmio legato al tempo-uomo dello staff It;

• Utilizzo della tecnologia: con il crescere del livello di confidenza dell’utente verso la virtualizzazione, cresce anche il suo desiderio di sfruttare meglio le risorse;

• Staff skill: lo sviluppo di tecnologie più complesse legate al ciclo di maturità della virtualizzazione impatta sullo staff It che passa da svolgere attività manuali a gestire livelli di automazione più elevati. Contemporaneamente, lo staff comincia a svolgere un ruolo di “educazione” e giustificazione dell’adozione di macchine virtualizzate ai responsabili delle Line of business e delle applicazioni.

La curva di maturità della server virtualization, pertanto, non è differente da quella relativa ad altre tecnologie adottate nel passato, ad eccezione della velocità con cui gli utenti finali la adottano, soprattutto per quanto riguarda gli x86. Sebbene inizialmente i processi di virtualization potevano essere ricondotti a progetti di consolidamento o di migrazione, ora i principali driver di adozione sono legati a soluzioni di availability, programmi di disaster recovery, un migliore time-to-market e vantaggi della flessibilità legati alla natura stessa della virtualizzazione.

L’evoluzione delle abitudini degli utenti dipende dal livello di esperienza dei dipartimenti It con le tecnologie di virtualizzazione e dai successi legati a riduzione dei costi, miglioramento del supporto e dall’aumento della loro responsabilità nel raggiungimento degli obiettivi.

La tabella della “maturity map” (pag. a fianco), aiuta a comprendere le fasi affrontate dalle aziende nell’adozione della server virtualization. Idc suddivide il ciclo di maturità in quattro fasi distinte: Frammentata, Tattica, Proattiva e Dinamica.

Frammentata: nella maggior parte dei casi, la fase iniziale di server virtualization comincia all’interno dei dipartimenti It, in quanto sono adatti sia per testare le tecnologie di virtualizzazione sia per fare leva sull’abilità di installare macchine virtuali e sfruttare risorse hardware sotto-utilizzate. Questa fase, sperimentale, ha un basso impatto dal punto di vista finanziario per l’azienda. La virtualizzazione non è ancora entrata a far parte dei processi e delle procedure It formali e spesso non è nemmeno resa visibile ai responsabili delle Linee di business (Lob). Lo staff It è ancora immaturo e da un punto di vista tecnologico, la virtualizzazione si riduce semplicemente alla partizionatura delle risorse hardware. Idc ha osservato che, all’interno delle imprese di grandi dimensioni, questa fase mediamente può durare tra i sei e i nove mesi. La durata dipende dal livello di confidenza che le aziende hanno maturato con la tecnologia e dalla velocità con cui possono modificare i processi di controllo prima di implementarla nell’ambiente produttivo vero e proprio.

Tattica: in questa fase l’utente passa dalla fase di sperimentazione all’implementazione della virtualizzazione nell’ambiente produttivo. Per le imprese questa fase più che essere un cambiamento tecnologico è una sfida culturale. È qui che la virtualizzazione comincia a essere visibile anche alle Lob e lo staff It deve dotarsi di buone competenze tecniche, derivanti tanto da corsi formali quanto da esperienza sul campo. I responsabili It devono essere in grado di presentare in maniera convincente casi di successo, in quanto l’accettazione del nuovo modello di condivisione delle infrastrutture potrebbe incontrare resistenze da parte dei non tecnici (business manager e proprietari delle applicazioni), che devono essere convinti che la virtualizzazione sarà in grado di ridurre i costi e garantire livelli elevati di servizio.

A questo stadio, i progetti scelti da virtualizzare cominciano a essere visibili abbastanza da attirare attenzione anche se non sono ancora mission critical o strategici nel portfolio It. Dato il limitato uso della virtualizzazione, i cambiamenti principali riguardano le procedure di controllo, mentre quelli più diffusi accadranno nelle fasi successive dell’implementazione.

Verso la fine della fase, i casi di successo saranno un driver fondamentale per lo diffusione della virtualizzazione. Lo staff It assiste a una rapida crescita delle competenze ed è alla ricerca di strumenti che possano aiutarlo nello scegliere il corretto accoppiamento delle applicazioni sul server fisico. Per la maggior parte delle aziende la fase non dura oltre l’anno.

Proattiva: ciò che distingue questa fase dalla precedente è l’ampio utilizzo trasversale sui sistemi It. Il dipartimento It, sulla base dei precedenti successi e di sponsor interni, comincia a utilizzare la virtualizzazione per molteplici progetti It e per l’implementazione delle applicazioni. A questo punto la credibilità è abbastanza elevata anche all’interno delle Lob, che anche le applicazioni mission critical possono essere implementate su macchine virtuali. Questo è possibile in quanto i dipartimenti It sono stati in grado di dimostrare alle Lob non solo i risparmi in termini di hardware ma anche un miglior livello di availability e disaster recovery.

Verso la fine di questa fase, la server virtualization è costruita all’interno delle regole di governance It e un database per il Change management (Cmdb) è spesso già implementato. Questa fase è abbastanza critica in quanto la portabilità è già in essere e ricopre il ruolo di precursore per l’eliminazione delle attività manuali. Avvicinandosi alla fine di questa fase, lo staff It deve cominciare a pensare a ottenere la certificazione per la gestione di ambienti virtualizzati. I gruppi che gestiscono gli ambienti server, lo storage e il networking sono coinvolti per modificare le proprie policy che gestiscono i flussi di lavoro in modo tale da raggiungere il più alto livello di automazione. Idc considera che la durata di questa fase possa essere per alcune aziende di due o tre anni.

Dinamica: è l’ultima e più importante fase, durante la quale la virtualizzazione diventa la pietra angolare dell’infrastruttutra It. Grazie alle caratteristiche di flessibilità e adattabilità da molti viene definita come un modello di utility computing o un ambiente on-demand. È qui che i sistemi It, la applicazioni e i processi di business sono legati insieme da regole di automazione in modo tale che i cambiamenti nel business vengono rapidamente e appropriatamente riflessi all’interno delle risorse It.

Ora la virtualizzazione è ottimizzata per assicurare le performance delle applicazioni ed è uno standard costruito per il gruppo dei sistemi It. Le linee di business sono ora consapevoli dei benefici delle infrastrutture condivise e ora le richiedono sia per questioni di cost saving che per il miglioramento della disponibilità e della flessibilità. La virtualizzazione è ora completamente integrata all’interno dei processi It e delle policies, ed è stato sviluppato un modello variabile di riallocazione dei costi It, laddove sia stato deciso che questo è il modello più adatto. A questo stadio anche lo staff It è necessariamente certificato per gli ambienti virtuali.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome