Norme ad hoc per il capitale di rischio

E’ la richiesta dell’Aifi al nuovo governo che dovrebbe ispirarsi a quanto è stato fatto in Francia

Servizi finanziari, alla persona e salute. A livello mondiale sono questi i nuovi settori di interesse per il Private equity che da qualche tempo soffre la concorrenza dei fondi sovrani (i fondi di investimento controllati direttamente dai governi che utilizzano per esempio i proventi del petrolio per investire in società all’estero.
Ne dispongono i Paesi arabi, la Cina, Russia e anche la Norvegia) che dispongono di possibilità di investimenti superiori di 3-4 volte ai 7-800 miliardi di dollari del Pe. Nonostante questo la marcia dei capitali di rischio procede spedita forte anche del fatto che il Private equità produce valore. Negli Stati Uniti nel periodo 2002-2005 ha visto una crescita dell’occupazione del 4,4% della aziende partecipate dai fondi di Pe, mentre in Italia, rispetto alla famose quattromila imprese di Mediobanca, le imprese partecipate hanno registrato un aumento dell’occupazione del 5,9% dei ricavi del 13% e dei margini del 17%.


Il settore rimane però di gran lunga inferiore a quello di altri Paesi europei (Francia e Uk su tutti) e con qualche questione da definire che Giampio Bracchi, residente Aifi, ha puntualmente elencato davanti alla platea degli operatori del settore riuniti all’Assolombarda di Milano.


Il primo punto è quello dei fondi pensione. Se Assicurazioni e fondazioni hanno dato segnali di interesse verso il Private equity, mancano completamente in Italia i fondi pensione che a livello internazionale sono i maggiori investitori.


Al nuovo governo Bracchi chiede poi la modifica o la rimozione delle norme sull’indeducibilità degli interessi passivi nei confronti degli operatori di finanza straordinaria oltre a un quadro fiscale ad hoc per incentivare lo sviluppo del mercato. Secondo il presidente dell’Associazione italiana del private equità e venture capital) è necessario seguire la via francese che prevede incentivi a vantaggio delle imprese partecipate e degli investitori dei fondi per nuove imprese o Pmi.


Promuovere start up e spin off è un altro aspetto del problema. “In Italia – ha ricordato Bracchi – le nuove aziende sono create soprattutto dai colletti blu e non dai colletti bianchi”. In pratica i nuovi imprenditori hanno una formazione inferiore a quella dei colleghi di altri Paesi europei perché nella Penisola è molto più facile che un operaio apra un’officina piuttosto che un ricercatore avvia una nuova impresa.


Ma secondo il presidente dell’Aifi bisogna anche creare schemi di collaborazione pubblico-privato individuando e finanziando i soggetti istituzionali con cui sviluppare una collaborazione. Il riferimento è alla Casssa depositi e prestiti francese che per esempio ha avuto un ruolo nello sviluppo dell’industria francese dei videogame che vanta un ruolo di rilievo a livello europeo.
Infine, l’Aifi auspica un decollo dei fondi per le infrastrutture con una nuova normativa per gli appalti che crei condizioni paritarie fra gli investitori finanziari e gli altri opertaori nella partecipazione a iniziative di project financing.

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