Per migliorare l’efficacia e la qualità dei servizi It, sempre più vendor stanno facendo riferimento, nella propria offerta, a una raccolta di direttive e best practice, nota sotto il nome di Itil (Information technology infrastructure library). Anche …
Per migliorare l’efficacia e la qualità dei servizi It, sempre più vendor stanno facendo riferimento, nella propria offerta, a una raccolta di direttive e best practice, nota sotto il nome di Itil (Information technology infrastructure library). Anche se la compliance di cui si stanno fregiano le varie soluzioni in commercio è, in realtà, un’invenzione di marketing (non esiste, infatti, un ente certificatore e l’adeguamento a questo modello è stabilito solo in funzione del grado di aderenza dei vari moduli alle impostazioni raccomandate), l’attenzione posta nei confronti delle discipline di service support e service delivery che compongono Itil rivela l’estrema utilità delle indicazioni contenute per il rispetto dei livelli di servizio e il raggiungimento degli obiettivi di business. Adottando e adattando queste direttive, i dipartimenti It aziendali possono, infatti, assicurarsi un’operatività sinergica con le varie strutture aziendali, fornendo il necessario supporto allo sviluppo del business.
«Itil è una codifica dell’ovvio – ha puntualizzato Sergio Cipri, segretario di Itsmf Italia, organizzazione mondiale no profit attiva nello sviluppo e nella promozione di standard di It service management -. Il modello definisce regole di buon senso per portare ordine e sistematicità nei servizi It, ma il suo linguaggio è univoco e, quindi, applicabile a domini che esulano da quelli informatici».
A giugno dell’anno scorso Itil è stato riorganizzato nella v3, condensando in cinque libri gli oltre 40 manuali in cui, mano a mano, si era sviluppato. La novità maggiore, oltre al ridimensionamento dei testi, è stata l’introduzione del concetto di ciclo di vita dei servizi: tutte le operazioni hanno, infatti, dei ritorni e la capacità di gestirli è fondamentale per mantenere alti i livelli di servizio.
«Nella proposizione di Itil ci sono però delle difficoltà – ha proseguito Cipri -. Innanzitutto, sono scarse all’interno delle aziende le conoscenze sui costi correnti dell’It. Inoltre, sono limitate le analisi dei business driver e dei loro legami con i servizi informatici; infine, poche realtà conoscono il prezzo dei costi di downtime».
Più in generale, un freno alla diffusione di Itil è rappresentato, quindi, dall’impossibilità di valutare economicamente la mancata qualità.





