Il Consorzio del Prosciutto di Parma ha messo a confronto il codice Data Matrix con l’identificazione in radiofrequenza. Pregi e difetti delle due opzioni
Nato nel 1963 come organizzazione volontaria di produttori che utilizzano e salvaguardano il metodo tradizionale di lavorazione del prosciutto, il Consorzio del Prosciutto di Parma ha una produzione di poco meno di 10 milioni di pezzi l’anno, pari a un valore di 1,3 miliardi di euro. La filiera è composta da 5.386 allevamenti suinicoli e 140 macelli, oltre a diversi sezionatori e confezionatori, per un totale di 3.000 addetti alla lavorazione.

Il consorzio, coadiuvato dal Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia (C.R.P.A.), ha avviato una sperimentazione, con l’obiettivo di definire degli standard di comunicazione delle informazioni tra i nodi della catena del valore, ovvero i macelli e i prosciuttifici. «Si tratta di una filiera lunga e aperta – premette Tiziano Bettati, responsabile settore informatica di C.R.P.A. (a sinistra)-, nel senso che non esiste un proprietario unico, ma ciascun nodo opera come una realtà indipendente e questo ha il suo peso in un progetto di sincronizzazione». «L’iniziativa – esordisce Simone Calzi, responsabile ufficio tecnico Consorzio del Prosciutto di Parma (a destra)- prevedeva di mettere a confronto due sistemi, l’identificazione in radiofrequenza e quella ottica, per stabilire uno standard comune utilizzabile nel tracking di filiera».
La sperimentazione è stata cofinanziata dal ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nell’ambito di un bando specifico. Iniziato nell’aprile del 2005, il progetto pilota si è concluso lo scorso giugno. Nello studio di fattibilità sono state messe a confronto due soluzioni di identificazione ottica basate su codice Data Matrix (un codice a barre bidimensionale, che consiste in una serie di moduli quadrati bianchi e neri), con diverse altre basate su tag Rfid. «In questa fase – sottolinea Bettati – non ci siamo preoccupati di scegliere la frequenza di funzionamento, ma piuttosto di trovare una soluzione applicabile ai processi e alle procedure della filiera, verificando che si trattasse di soluzioni poco invasive, quindi più facilmente accettabili». «Abbiamo riscontrato diverse difficoltà – spiega Calzi -. La più rilevante è stata trovare un fornitore in grado di sviluppare soluzioni ad hoc, viste le peculiarità della nostra situazione». Il processo di lavorazione del Prosciutto di Parma, infatti, è molto lungo, dura circa un anno, e il disciplinare della certificazione Dop impone parecchie restrizioni sugli oggetti appesi o pendenti che è possibile apporre sul gambetto». Per ovviare a queste limitazioni, le soluzioni percorribili sono di includere il tag Rfid in un’etichetta, in un bottone o in un rivetto (si veda box). «Alcune ipotesi di lavoro plausibili – sostiene Bettati – siamo riusciti a ottenerle solo dopo il terzo tentativo, scartando soluzioni proposte per il settore della logistica, che mal si adeguavano alle peculiarità del Prosciutto di Parma». La scelta è tuttora pendente perché «la lettura ottica costa molto poco, sia in termini di investimento iniziale sia di spesa viva, ipotizzando una messa a regime su tutti i prosciuttifici del consorzio – sostiene Calzi -. Il basso costo, dell’ordine di 1:4 rispetto a quello dell’Rfid, rende l’opzione Data Matrix più accettabile agli operatori della filiera. Per contro, vanno considerate le possibilità di automazione del workflow, decisamente più contenute».
Il progetto pilota ha coinvolto attivamente una ventina di persone, tra lo sviluppo dei prototipi software e quello dei servizi di interrogazione dati, via palmare, da parte del cliente finale e dei tecnici della filiera. «La questione è ancora aperta – conclude Calzi -, anche se, visti i prezzi dell’Rfid, l’implementazione del sistema testato è, al momento, difficilmente sostenibile da parte degli operatori della filiera. La sperimentazione ci ha fatto intravedere quali potrebbero essere le potenzialità di automazione di tutto il sistema se i costi fossero diversi. Confidiamo, pertanto, nell’abbassamento dei prezzi del tag. Inoltre, se decideremo di optare per l’Rfid, dovremo anche verificare l’opportunità di sviluppare dei sistemi di applicazione automatica del tag al prosciutto, finora non contemplati».





