Per i paesi occidentali l’innovazione non è più una scelta, ma una necessità. La sintesi del presidente di Idc Emea, Roberto Masiero, ha fatto da starter alle quattro giornate dell’Innovation Forum – Orizzonte 2015, organizzato dalla società di analisi …
Per i paesi occidentali l’innovazione non è più una scelta, ma una necessità. La sintesi del presidente di Idc Emea, Roberto Masiero, ha fatto da starter alle quattro giornate dell’Innovation Forum – Orizzonte 2015, organizzato dalla società di analisi a Milano. Ad affrontare il problema del dare un impulso decisivo all’innovazione nel nostro paese hanno contribuito analisti, politici, imprenditori, esperti. Come Jacques Attali, professore che guida l’organismo che il presidente francese Sarkozy ha voluto per dare realmente innovazione al suo paese. Secondo Attali Italia e Francia hanno gli stessi problemi. «Siamo entrambi in ritardo nel creare impresa – ha detto – nell’e-government e nel finanziare l’innovazione. Ma l’Italia ha due problemi in più, la debolezza dello Stato e il digital divide domestico. In Francia abbiamo già banda larga ovunque e per il 2011 la copertura sarà veramente totale. Voi avete un’Internet disuguale. E il problema è quasi tragico, perché dalla banda larga passeranno il denaro e il sapere. Quindi dovete colmare questo divario digitale domestico. Per il resto, dovete, come noi francesi, trovare un equo bilanciamento fra iniziativa privata e pubblica. Il mercato non potrà interamente risolvere i vostri problemi. Ci deve pensare lo Stato, che deve fare quello per cui è chiamato, ovvero la governance. Soprattutto in campo formativo, scolastico. Il computer alle elementari non è più in discussione».
Le parole del guru francese hanno riecheggiato le opinioni fornite anche dai nostri saggi. Il tema del cambiamento dell’industria della formazione è centrale anche per l’economista Giacomo Vaciago. «Il sistema formativo scolastico è fatto, fra corpo docente, inservienti e studenti, dagli asili alle università, da quasi 10 milioni di persone tutti estranei a una logica meritocratica, se accettiamo che meritocrazia significhi che la performance apprenditiva degli studenti non dipende dalla famiglia». Vaciago ha puntato l’indice contro il sistema di formazione, che dovrebbe essere il viatico per la competitività sana e, di conseguenza, per l’innovazione, ma che rinuncia a farlo. Anche disfando a ripetizione le riforme a ogni cambio di governo. Un tema, questo dello smantellamento dei progetti in corso, che coinvolge altri aspetti della politica.
Secondo il Presidente di Idc Emea, Roberto Masiero, dal 2000 al 2006 nel nostro Paese la produttività è scesa dello 0,4%, gli investimenti in innovazione sono addirittura calati nel sistema finanziario, che molti ritengono il nostro fiore all’occhiello in Europa. È stato varato un programma come Industria 2015 che non deve essere accantonato se dovesse verificarsi un cambio di schieramento al governo del Paese.
In questa ricerca dell’innovazione è scontato il fatto che il ruolo dell’Ict sia centrale. «I politici devono capire – ha detto Masiero – che sull’Ict si perdono le elezioni. L’Ict è un fondamentale strumento di consenso. Il nostro sostegno al mondo politico è no partisan. Sappiamo che l’innovazione ha tempi lunghi. Puntiamo ad alzare la priorità degli investimenti in Ict e a valorizzare le filiere dove ci sono le eccellenze». Il fatto è che queste in Italia, come ha detto Vaciago, sono ristrette a 4mila aziende, le sole che riescono a lavorare nell’economia globale, perlopiù racchiuse in un triangolo che va da Torino a Trieste, all’Emilia Romagna. Un indotto che coinvolge 5 milioni di persone produttive, ossia un decimo della popolazione nazionale. «Siamo l’unico paese in cui cresce il nord, mentre altrove crescono i sud». È per questo che Vaciago chiama la zona «la Germania del sud».





