Le difficoltà e i problemi del capitale di rischio discussi all’Innovation Forum di Idc. I dati dell’Aifi e l’esempio di Israele
Trasformare la ricerca in valore economico è anche un problema di soldi, ma non solo. Occorre creare le condizioni adatte perché questi soldi scelgano l’Italia per promuovere la ricerca. Una scelta che non fanno in molti stando ai dati che Giampio Bracchi, presidente Aifi (Associazione italiana del private equity e venture capital) ha presentato all’Innovation Forum di Idc che si svolge in questi giorni a Milano. “L’anno scorso in Italia – ha osservato Bracchi – ci sono state sessanta operazioni di venture capital per quaranta milioni di investimenti per l’early stage (la prima fase di vita delle aziende, ndr). Un dato che è dieci volte inferiore al numero di operazioni che è stato fatto in Francia”.
Di questi quaranta milioni il 43,6% arriva dai finanziamenti pubblici. Bracchi ha elencato le ragioni della debacle che si spiega con il numero limitato di imprese high tech in Italia, il fatto che industria e università sono scarsamente favorevoli all’apertura verso i mercati finanziari, il numero limitato di regioni nelle quali si investe (in pratica sono solo cinque, il Sud è assente), le poche storie di successo e la bassa redditività degli investimenti.
In più, in Italia la ricerca è poco incline a generare imprese. “Le nuove aziende sono fondate dai colletti blu e non dai colletti bianchi – ha sintetizzato il presidente Aifi – tanto che rispetto alla Germania i nuovi imprenditori hanno un livello cultuale più basso rispetto ai tedeschi”. Lo scienziato italiano fa molta più fatica a diventare imprenditore rispetto all’operaio che con maggiore velocità passa al nuovo ruolo. Un minimo di ripresa del mercato c’è, ma occorre potenziare il canale di raccolta incrementando la propensione degli investitori istituzionali a svolgere un ruolo attivo nel settore. Per questo sarebbe necessario un intervento pubblico di supporto per la creazione di un fondo di fondi per l’high tech a livello nazionale.
“E’ quanto è stato fatto in Israele – ha ricordato Elserino Piol, decano del venture capital in Italia – dove Yozma, un fondo di fondi gestito da quattro persone, ha costruito il successo tecnologico del Paese”. Però il pubblico deve essere sussidiario al privato ha ricordato con forza Marco Nicolai, direttore generale di Finlombarda la finanziaria della Regione Lombardia, “invece in Italia di pubblico ce n’è ancora troppo”.
Intanto, così, per iniziare, Giacomo Vaciago suggerisce alle banche di smetterla di finanziare le imprese che non vogliono andare in Borsa.
Un appello certamente destinato a cadere nel vuoto.





