Nell’ultimo LinuxWorld OpenSolutions Summit che si è tenuto a New York nel febbraio 2007, 10 compagnie di media dimensione, tutte dedicate al 100% al mondo open source, hanno dato vita alla Osa (Open Solution Alliance) con l’obiettivo di stimolare la c …
Nell’ultimo LinuxWorld OpenSolutions Summit che si è tenuto a New York nel febbraio 2007, 10 compagnie di media dimensione, tutte dedicate al 100% al mondo open source, hanno dato vita alla Osa (Open Solution Alliance) con l’obiettivo di stimolare la creazione di soluzioni di business open source. Come dire che il mondo degli sviluppatori open source sta alzando la mira e dopo aver ottenuto risultati di altissimo livello nel campo del middleware, oggi sembra decisa a puntare anche al terreno applicativo di società come Sap, Oracle e Microsoft.
Un sintomo interessante della crescente diffusione del verbo open source: ma quanto vale oggi questo mercato? Lo abbiamo chiesto a Fabio Rizzotto, Research manager di Idc Italia.
«Secondo uno studio condotto da Idc a livello internazionale e reso pubblico a fine maggio scorso, il mercato mondiale del software open source standalone (ovvero non embedded, ad esempio in sistemi hardware, ndr) nel 2006 ha raggiunto quota 1,8 miliardi di dollari – risponde l’analista.- Perciò si può affermare che siamo ancora agli inizi della fase di sviluppo di questo mercato. Però nel prossimo futuro vediamo una crescita composta anno su anno del 26% fino al 2011. Oggi c’è una sempre maggior confidenza verso modelli di fatturazione di tipo “subscription” ossia per rate periodiche, che vengono accettati sempre di più anche da parte delle aziende maggiori. Per non parlare della sempre maggior attenzione verso il mondo open source, mostrata dai ventur capitalist».
Ciò porterà gli Isv a scegliere sempre più il modello di sviluppo open source? «Su questo punto siamo molto cauti e consigliamo di considerare bene tutti i fattori in gioco prima di scegliere un modello invece dell’altro – commenta Rizzotto -. In particolare raccomandiamo di valutare bene quali sono le effettive opportunità di business di tali soluzioni, le possibilità di partnership e di alleanze, le caratteristiche delle comunità che poi dovranno supportare nel tempo il progetto realizzato».
Cosa consiglia Idc alle aziende che hanno lanciato la Open Solution Alliance?
«Se l’iniziativa di Osa avrà successo, tutta la comunità degli sviluppatori ne trarrà beneficio, perché si andrà oltre alla semplice interoperabilità dei moduli applicativi, per creare un ambiente di tipo collaborativo planetario, che avrà un impatto sull’industria come oggi la vediamo che non riusciamo ancora a definire con precisione. Però ai fondatori di questa iniziativa ci sentiamo di dare alcuni indirizzi. In primo luogo riteniamo che l’alleanza debba essere allargata, per comprendere anche aziende di grandi dimensioni e di maggior presenza nel campo open source, in modo da garantire una maggior credibilità sul mercato dell’intera organizzazione. Inoltre la presenza di almeno un grande vendor potrebbe facilitare la governance dell’alleanza. In secondo luogo, riteniamo che l’alleanza debba accogliere al suo interno anche membri non esclusivamente votati al mondo open source, perché i clienti hanno tutti un misto di soluzioni tradizionali e open source. Questi vendor misti potrebbero facilitare la migrazione dagli ambienti proprietari a un ambiente open. Infine, riteniamo che l’alleanza debba preoccuparsi della proliferazione delle tipologie di licenze e della protezione e condivisione della proprietà individuale per assicurare l’effettiva coesistenza, del software open source con quello tradizionale».





