Consigli per gestire il rapporto con i fornitori

Se diamo un’occhiata ai dati relativi agli investimenti It effettuati recentemente dalle aziende, notiamo una ripresa rispetto al periodo precedente, sia per quanto riguarda il software che l’acquisto di servizi. Tuttavia, emerge una tendenza verso inv …

Se diamo un’occhiata ai dati relativi agli investimenti It effettuati recentemente dalle aziende, notiamo una ripresa rispetto al periodo precedente, sia per quanto riguarda il software che l’acquisto di servizi. Tuttavia, emerge una tendenza verso investimenti selettivi, soprattutto da parte della grande utenza; focalizzazione delle richieste di attività di consulenza e system integration.

Questo significa che, rispetto all’epoca in cui molte aziende facevano grossi investimenti in It per non correre il rischio di rimanere indietro rispetto ai competitor, oggi i Cio sembrano aver acquisito una mentalità più pragmatica, cercando di commisurare il valore degli investimenti effettuati ai risultati ottenuti. Questo dicono gli ultimi rapporti e le analisi delle società specializzate. Ma è davvero così?

Proviamo a porre alcuni interrogativi: È vero che una razionalizzazione degli investimenti ha portato con sé negli ultimi anni un miglior utilizzo dell’It in azienda?

Quali sono le aree in cui le aziende sono oggi maggiormente disposte a investire? Quanta parte della spese It è destinata a investimenti e quanta a mantenere ed evolvere i sistemi esistenti?

Per quella che è la mia esperienza, la risposta a tutte queste domande passa, tra gli altri, attraverso un tema spesso sottovalutato, che affronteremo in questo articolo: il rapporto con i fornitori, in particolar modo quelli di servizi.Tale rapporto ha attraversato negli ultimi anni alcune fasi che richiamo brevemente di seguito:

• approccio basato sul time-to-market: le aziende cercavano i vendor in grado di implementare i sistemi complessi di cui avevano bisogno per funzionare (ad esempio Crm), da realizzare in tempi molto brevi e in totale autonomia. Una volta in produzione, si poteva pensare di interrompere o ridurre di intensità (almeno questo era l’auspicio) il rapporto;

• partnership: è diventato sempre più chiaro nel tempo che i sistemi hanno bisogno di un continuo effort dovuto alle esigenze di manutenzione ed evoluzione. Si consideri a titolo di puro esempio la progressiva importanza assunta dai team di supporto in produzione. L’adozione di questo modello richiede una presenza costante del fornitore anche dopo il rilascio di un’applicazione; la risposta a questa esigenza è stata la creazione di partnership tra fornitore e cliente, che si è tradotta in un allungamento temporale del rapporto, nonché in una modifica importante del suo oggetto: non più la semplice “creazione” di un sistema, ma anche e soprattutto la sua gestione;

• affiancamento all’It come strumento per il raggiungimento degli obiettivi di delivery: un ulteriore modello è nato in conseguenza dell’evoluzione dell’It aziendale nel ruolo di fornitore di servizi. In questo contesto il fornitore “affianca” l’It garantendogli il rispetto dei vincoli temporali e di budget imposti dal cliente interno, oppure prendendo in carico interi sistemi e gestendoli in maniera completamente autonoma. Riprende però vigore, paradossalmente, anche il ruolo del consulente che sa trasmettere innovazione nella progettazione organizzativa insieme all’innovazione tecnologica, non più come figura distinta dall’informatico, ma come esperto di processi che sa individuare la soluzione integrata più adatta e fornire al cliente i razionali che giustificano la soluzione stessa.

In sintesi, l’impatto dell’evoluzione tecnologica si è manifestato non solo in un cambiamento del ruolo dei sistemi informativi aziendali, ma anche nel mutamento dei contenuti e degli ambiti di azione richiesti ai service provider. Questi ultimi devono essere, cioè, in grado di sviluppare allo stesso tempo forti competenze di processo e applicative.

L’evoluzione degli investimenti It

Durante la new economy molte imprese compresero che era necessario destinare importanti risorse nell’It per ottenere benefici in termini di produttività, rapidità nell’ideazione e nella realizzazione di nuovi prodotti e servizi, riduzione dei costi. Risultò anche chiaro che le unità organizzative interne non erano in grado da sole di mettere in campo un tale sforzo. Si rese necessario, quindi, affidarsi a degli specialisti i quali, oltre a saper implementare i progetti necessari, sapessero anche comprendere quali fossero gli interventi più appropriati. Questi, appena calati nella realtà del cliente, gli facevano capire l’importanza di un approccio integrato tra processi, tecnologia e organizzazione: non è possibile, infatti, pensare a una soluzione soltanto dal punto di vista informatico, se poi chi deve utilizzarla non è in grado di coglierne i benefici. Allo stesso modo, non esistono soluzioni tecnologiche valide in tutte le organizzazioni. Questo periodo ha coinciso temporalmente con un’esplosione della spesa It delle aziende, ma non si può dire che l’approccio fosse in sé errato. A tale fase ha fatto seguito un “ripensamento”, che ha riguardato diversi aspetti:

– selezionare gli interventi in rapporto ai benefici attesi;

– ripartire gli interventi tra sviluppo interno e ricorso a fornitori esterni;

– ripartire la spesa tra manutenzione ed evoluzione dei sistemi esistenti da un lato, e nuovi investimenti dall’altro;

– allocare i costi It alle unità organizzative che ne utilizzano i servizi e che si valgono dei relativi benefici.

In generale, è stata messa in questione l’utilità effettiva dell’approccio integrato processi, tecnologia e organizzazione, adottando un modello in cui l’It produce informatica on demand, dando meno peso agli impatti che il suo prodotto potrà avere sull’organizzazione.

Quali ripercussioni ha avuto questo cambiamento di approccio sulle relazioni cliente-fornitore è facile da intuire. Avendo vissuto da consulente questa svolta, posso dire che laddove in precedenza il consulente era considerato un esperto, a partire da un certo momento è stato considerato soprattutto un fornitore, meno credibile in quelli che poco prima erano i suoi punti di forza: approccio integrato, metodologia e via dicendo.

Per chiarire meglio questo cambiamento, mi avvalgo di un’esperienza personale. Verso la metà dell’anno 2000 lavoravo in un progetto di realizzazione di un sistema per un importante cliente. Fino a quel momento tutte le iniziative erano state definite, pianificate e realizzate in tempi molto brevi, dato che gli step di approvazione erano piuttosto semplificati. Il budget assegnato era in genere in linea con quello stimato. Nel volgere di poco tempo, si impose l’abitudine di rivedere in dettaglio l’ambito di ciascun intervento e validare ciascun documento. L’ambito complessivo del progetto fu messo in discussione e si verificarono dei problemi tra l’It e le funzioni utenti. Quello che stava accadendo fu interpretato inizialmente come eccezionale, ma in seguito fu chiaro che era finita un’epoca. L’approccio prevalente nella fase precedente aveva fatto il suo tempo, soprattutto perché non aveva realizzato le sue promesse.

La situazione attuale

Le stime di Sirmi per il 2007 mostrano che il settore del software e quello dei servizi sono in crescita, sebbene sia il software ad aumentare maggiormente (+3,6% nel 2007), mentre il comparto dei servizi cresce un po’ meno (+2,4%). Nonostante la leggera ripresa, sono poche le nuove implementazioni applicative, che da un lato hanno causato un calo di attività di system integration, ma dall’altro hanno portato a un aumento in quelle di manutenzione, per l’introduzione di moduli e funzioni nei sistemi esistenti. Positivo è, infine, l’andamento dei servizi di outsourcing (+4,6%), supportato, in particolare, dall’andamento del mercato associato a forme di outsourcing selettivo per la gestione di applicazioni, di infrastrutture It e processi aziendali che, da un lato, consentono alle aziende utenti di delegare a terze parti l’aggiornamento tecnologico delle infrastrutture e, dall’altro, garantiscono un adeguato contenimento dei costi. Come si vede da questi dati, il potere negoziale dei fornitori It in questo momento si presenta alquanto differenziato. In particolare, distinguerei due ampie (e imprecise) categorie di situazioni tipo: un approccio “di lungo periodo” e un approccio “opportunista”. È bene chiarire subito che la scelta dell’uno o dell’altro non è sempre consapevole, né è facile stabilire se la sua adozione venga “imposta” da una delle parti, oppure sia il frutto di una negoziazione. Nell’approccio lungimirante, entrambi i soggetti hanno interesse a stabilizzare il rapporto e a fondarlo su una reciproca fiducia e stima, due elementi costruiti evidentemente nel corso del tempo. Di conseguenza, il fornitore si trova coinvolto in tutti i principali processi decisionali: la definizione del budget, la pianificazione delle iniziative, lo svolgimento delle azioni di program/project management, la ricerca di particolari soluzioni e così via.

I vantaggi di questo approccio risiedono nel fatto che esso garantisce continuità all’azione e, soprattutto in contesti instabili, in cui occorre gestire un insieme di sistemi di grosse dimensioni e che ricadono sul “cammino critico” dell’azienda, esso costituisce una garanzia per il raggiungimento dei risultati. In altre parole, il ruolo del fornitore è quello di assumere la parte del “facilitatore” oltre che quello di implementare soluzioni. È evidente allo stesso tempo che questo approccio assegna al fornitore un’enorme influenza sulle scelte dell’azienda, dall’ammontare di risorse da destinare a specifici interventi, fino all’entità dell’intero budget It. Alla lunga questo processo rischia di distorcere i meccanismi di decisione e tende a creare un conflitto di interessi, soprattutto se nell’area operano più fornitori in concorrenza tra di loro.

L’approccio opportunistico è, invece, favorito da esigenze di breve termine ed è quindi frequente per lo più in contesti stabili, tendenzialmente di dimensioni medio-grandi, in cui l’It viene vista essenzialmente come un servizio da rendere alle altre unità organizzative e in cui, pertanto, anche i fornitori sono fungibili e sostituibili con (relativa) facilità. Di fatto, essi svolgono spesso soltanto interventi di limitato impatto, quando non specifiche fasi (es. analisi funzionale, sviluppo software e così via.). È evidente che in questi casi il fornitore non solo non assume alcun ruolo di “guida”, ma perde anche molto del suo potere negoziale su utilizzo delle risorse, tariffe e via dicendo.

I vantaggi per l’azienda

A ben guardare, il vantaggio per l’azienda, è proprio questo: il fornitore fa il fornitore e non è visto, se non occasionalmente, come partner nell’adozione di particolari scelte o nell’orientamento dell’azione dell’It all’interno dell’organizzazione. Il problema è che spesso tale ruolo, come dimostrano diverse esperienze cui ho partecipato, è importante perché se non altro offre al management un punto di vista esterno all’organizzazione e proprio per questo indipendente. È tutto da dimostrare, quindi, a mio avviso, che quest’ultimo approccio porti davvero con sé nel lungo periodo un saving nei costi e una maggiore attitudine alla scelta delle soluzioni migliori.

Recentemente mi è capitato di operare in una grossa realtà in cui l’It ha da tempo adottato un approccio di tipo “opportunistico”, sottoponendo i nuovi investimenti a una serie di approvazioni molto stringenti e imponendo una politica di basse tariffe ai fornitori. Ho notato in questo ambiente che gli interventi che vengono approvati sono soprattutto di piccole dimensioni presi individualmente, ma siccome le esigenze delle unità organizzative utenti sono continue e richiedono interventi su numerosi sistemi, la spesa complessiva relativamente alle dimensioni aziendali non è affatto più contenuta che altrove. Inoltre, dal momento che si preferisce adottare una spinta “interna” alle scelte delle specifiche soluzioni, queste sono dettate esclusivamente o in gran parte dal peso specifico delle singole unità organizzative, mentre spesso manca una negoziazione basata su ragioni tecniche.

Quanto detto non significa naturalmente che un modello sia necessariamente migliore dell’altro. La ricetta migliore è sempre quella più adatta a ciascun particolare contesto, nonché quella adottata nel modo più consapevole ed esplicito.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome