Ict e Pmi: qualcosa si muove

Una tavola rotonda a Smau affronta l’argomento. Per dire che che oggi le aziende sentono l’esigenza di essere un po’ più high tech

Assintel e Assinform, nei dati rilasciati poco prima di Smau indicano che l’Ict cresce e che soprattutto la passione per l’high tech sta contagiando (ma senza esagerare) anche le piccole e medie imprese. Un segnale finalmente positivo sul quale si sono trovati d’accordo anche i partecipanti alla tavola rotonda che si è svolta nello stand di Business Media 24 a Smau.
Antonia Figini, direttore marketing enterprise di Hp, Gianfranco Granara, presidente di Cna Comuicazione e It e Michele Zoppi, responsabile marketing medie aziende di Microsoft hanno discusso della situazione di un mercato difficile e competitivo come quello delle Pmi.
Ha aperto la serie degli interventi Antonia Figini, secondo la quale “Il mercato comincia a capire l’importanza dell’Ict. Due sono i motori della crescita. Da una parte la necessità di comunicare con catene di fornitori o clienti che non sono in Italia e dall’altra la gestione di queste catene. Si parte dall’email per arrivare all’Erp. Due esempi. In un recente incontro di Confindustria organizzato a Enna ho incontrato imprenditori che avevano stretti rapporti commerciali con il Nord Africa e la Libia in particolare, mentre nel settore delle borse per approvvigionarsi di cerniere e bottoni bisogna per forza avere contatti con Shangai”.
L’esposizione alla concorrenza internazionale, la necessità di trovare altri mercati, clienti e fornitori, è la molla principale che spinge le aziende verso l’Information technology.
Un’impressione confermata da Michele Zoppi secondo il quale “in parte stiamo superando i bisogni primari. Anche noi infatti registriamo una grande crescita degli Erp e molta attenzione per la parte che riguarda la comunicazione”. Rimane il fatto, prosegue il manager di Microsoft, che molte aziende non hanno ancora preso una direzione chiara di marcia che nelle medie esiste il problema del Cio, (Chief information officer, il responsabile della parte Ict) che non può più essere un semplice It manager ma deve supportare il business aziendale. E poi c’è sempre la fortissima concorrenza dei macchinari. Spesso il tornio vince contro il Voip.
Gianfranco Granara di Cna, oltre a sottolineare che la comunicazione rimane la molla principale, ricorda il ruolo della Pubblica amministrazione che grazie a provvedimenti come quello relativo all’F24 online contribuisce a spingere le aziende a utilizzare gli strumenti informatici. “Il salto epocale – afferma – ci sarà però con l’arrivo della fatturazione elettronica”.

La personalizzazione e l’incubo dell’esperto
Le Pmi rimangono comunque soggetti non facili da gestire. Una delle caratteristiche è l’ansia di personalizzazione (con relativi costi) degli applicativi.
“Le imprese – afferma Granara – chiedono spesso la personalizzazione dei prodotti. Non vogliono in particolare software italiano, ma lo vogliono tagliato sulle proprie esigenze”.
“Questo era vero anche nelle medie aziende – osserva Antonia Figini di Hp – dove adesso si utilizzano di più pacchetti standard anche perché si ha a che fare con fornitori stranieri”. Questa voglia di avere software tagliato su misura può significare però che in realtà molte aziende non hanno ancora capito che introdurre l’Ict significa anche fare sì che la propria organizzazione aziendale sia pronta a recepire l’innovazione. Invece la personalizzazione spinta dei prodotti potrebbe nascondere una semplice voglia di usare un software per fare tutto esattamente come si faceva prima.
Zoppi la mette sull’antropologia richiamando lo spirito italiano. L’individualismo, una delle caratteristiche nazionali, si riflette così anche sul software anche se, osserva dal punto di vista di chi ha a che fare con le medie imprese, “E’ finito il tempo della personalizzazione spinta perché costa e non sempre dà vantaggi. E’ vero però che spesso le aziende non si mettono in discussione”.
Le Pmi hanno però un’altra caratteristica che spesso diventa un incubo per chi deve vendergli tecnlogia. E’ la terribile figura dell’esperto, l’amico, il cugino o il figlio del proprietario “che se intende” e deve aiutare il proprietario (se non addirittura decidere) cosa acquistare in ambito Ict..
Granara di Cna, e a sua volta titolare di Computerway un’azienda informatica, è sincero.
“Temo gli esperti di informatica delle piccole imprese. Quando li trovo penso che dovrò alzare i prezzi per la fatica che dovrò fare per trattare con loro. Di norma è l’amico del titolare e spesso è incompetente”. Granara ricorre all’aneddotica per spiegare quanto possa essere pericoloso l’esperto. “Per l’acquisto di una piccola rete di 3-4 pc il consulente spingeva verso l’acquisto di prodotti particolari, costosi e inutili per l’azienda. Basava le sue scelte sul fatto che era un appassionato di fotografia digitale”.
Quello dell’esperto è un problema che conoscono anche Microsoft e Hp anche se nelle medie aziende è meno sentito. “La commoditizzazione del mercato – afferma Zoppi – rende difficile capire il valore della differenza. Così molti ricorrono a esperti che determinano le scelte dell’azienda”.
Antonia Figini spera che la pensione per queste figure arrivi presto. Anche perché non aiutano le aziende a chiedersi quanto sia costoso mantenere i vecchi sistemi. “Soprattutto da questo punto di vista il passaggio generazionale è molto importante”.
Asp, Saas e sofware con i servizi
Le due sigle, probabilmente sconosciute ai più nel mondo aziendale, iniziano ad avere una certa presa. La prima significa Application service provider, la seconda Software as a service e in sostanza significano che le aziende il software non ce l’hanno più in casa ma lo utilizzano da remoto e lo pagano per quanto lo utilizzano.
“L’Asp inizialmente non è stato capito – ricorda Antonia Figini – adesso torna come esigenza presso le Pmi e vedo partner che si dotano di business unit proprio per fornire questo tipo di servizi. Anche la business intelligence sta crescendo con Asp”. Una strada, quella della fornitura di software a distanza, che non può non interessare anche Microsoft. “Come Microsoft – precisa Michele Zoppi – puntiamo su software più servizi che è una scelta differente rispetto al Saas che è la strada full di Google. Noi pensiamo però che le esigenze delle aziende sono più complesse. Alcuni puntano sull’outsourcing altri abbinano la convenienza dell’hosting alle macchine locali. D’altronde ci sono cose che posso fare anche se non sono connesso”.
Si tira indietro Granara secondo il quale che nella sua fascia di mercato il software da remoto è poco praticato. “Le piccole aziende vogliono avere tutto in casa. Per loro al momento è ancora un salto troppo grande”.

I soldi ci sono ma non li vogliono
E poi c’è il capitolo finanziamenti. Nelle interviste condotte per LineaedpPmi olo in un caso abbiamo trovato un’azienda che aveva impostato la sua strategia di crescita sui finanziamenti. Gli altri non ci avevano mai fatto ricorso.
Microsoft e Hp sono particolarmente sensibili all’argomento. Insieme hanno varato l’iniziativa Innovazione e finanziamenti che permette di scovare i finanziamenti sovvenzioni locali, regionali, nazionali e internazionali dell’Unione Europea, chiedere una consulenza gratuita e rimanere aggiornati chiedendo la notifica via mail dei nuovi stanziamenti pubblicati su Internet.
Secondo la responsabile marketing enterprise Hp “la possibilità di ottenere finanziamenti è significativa, ma l’imprenditore ha anche paura del coinvolgimento delle università o dei centri di ricerca. Molte volte il primo ostacolo infatti non è dato dal bando”. I partner in questo spesso non sono d’aiuto perché non sono Anche i partner spesso non sono d’aiuto ai clienti perché anche loro non sono informati, suggerisce Zoppi, secondo il quale in media ci sono mille bandi aperti a livello nazionale che non vengono utilizzati. Un peccato, osserva Granara, che riconosce come oggi, grazie anche a questi soldi sia più facile essere artigiano. Per esempio “Quasi tutte le regioni finanziano la certificazione di qualità”.
Esiste un problema d’informazione, è il commento di Antonia Figini, c’è l’esigenza di trovare il giusto bando e poi di preparare i documenti necessari per il finanziamento. Senza contare che ogni tanto il bando impone la presenza di un tutor e allora l’imprenditore scappa spaventato.
L’individualismo italico prende il sopravvento.

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