La fotografia dell’Rfid in Italia

La fa, come ogni anno, l’Osservatorio del Politecnico di Milano. Ecco i risultati salienti del censimento svolto presso circa 600 imprese

L’identificazione in radiofrequenza avanza sì in Italia, ma con alcune contraddizioni. Questo è quanto emerge dal terzo Osservatorio sull’Rfid, ricerca condotta da Politecnico School of Management, con il patrocinio di AiTech-Assinform e Fondazione Politecnico. Lo studio ha fotografato lo scenario nostrano, analizzando oltre 800 applicazioni realizzate da circa 600 imprese.
«Da un lato – osserva Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio Rfid – emerge una buona dinamica nel numero e nella qualità dei progetti avviati e tuttora in corso. Dall’altro, però, non si può non prendere atto del fatto che le dimensioni di questo mercato sono ancora piuttosto contenute e, soprattutto, non si può non notare che un certo grado di disillusione inizia a serpeggiare tra gli addetti ai lavori».

L’intervento sui processi

Sono 835 i progetti rilevati dal censimento, 450 dei quali giunti a uno stadio avanzato di sperimentazione o già esecutivi, ma il controvalore di mercato è decisamente modesto, pari a circa 110 milioni di euro, con oltre il 70% dei progetti che non supera i 50.000 euro di spesa. Passando allo scenario applicativo, la ricerca evidenzia che di 835 applicazioni, 303 sono già esecutive e altre 145 in fase di sperimentazione (progetti pilota o test), mentre le rimanenti 400 sono ancora a livello di studio di fattibilità. Rispetto alle rilevazioni condotte lo scorso anno, lo stesso studio evidenzia una crescita rilevante, superiore al 100%, del numero delle applicazioni esecutive, passato da 136 a 303. Quanto alla suddivisione nei diversi ambiti applicativi, quasi il 70% dei progetti è concentrato in 5 aree: operation (25%), identificazione e autenticazione delle persone (15%), logistica di magazzino (12%), gestione degli asset (11%) e ticketing/pagamenti (9%). Passando all’analisi del mercato, misurato in termini di fatturato generato sul cliente finale (includendo, quindi, hardware, software e servizi), emerge una crescita del 47% (dai 75 milioni di euro a 110 milioni), importante ma ben al di sotto delle aspettative.

L’Rfid implica non solo scelte tecnologiche, ma una vera e propria reingegnerizzazione dei processi. Ecco perché i suoi benefìci risultano particolarmente apprezzati ancora in pochi settori. «Ma questo non deve scoraggiare i potenziali utenti – mette in guardia Perego -. I miglioramenti, infatti, sono ormai tangibili. Esistono, poi, alcuni settori in cui la maturità delle applicazioni Rfid è più evidente. Come nella sanità, nel trasporto delle persone, nell’allevamento e nella Pa. Un ruolo fondamentale potranno giocarlo, in futuro, i progetti di filiera promossi dalle associazioni di categoria, come Dafne nel farmaceutico, o dai grandi retailer europei come Metro e Carrefour».

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