“Gli acquirenti han fatto “”Boo”””

Chiude in mezzo ai debiti il sofisticato negozio on line Boo.com, il sito britannico di abbigliamento griffato che ha ricevuto finanziamenti da Bernard Arnault e dalla famiglia Benetton. Si tratta della prima grossa esperienza di e-commerce all’europea …

Chiude in mezzo ai debiti il sofisticato negozio on line Boo.com, il
sito britannico di abbigliamento griffato che ha ricevuto
finanziamenti da Bernard Arnault e dalla famiglia Benetton. Si tratta
della prima grossa esperienza di e-commerce all’europea finita a
gambe all’aria con grave danno per i suoi 300 dipendenti. E non solo
per loro. Il fallimento di Boo.com, fondato dall’ex modella svedese
Kajsa Leander e da Ernst Malmsten, arriva ad appena sei mesi da un
lancio che è stato al tempo stesso travagliato e rumorosissimo. La
relativa pesantezza tecnica del sito ha provocato diversi ritardi ed
è subito apparsa eccessiva per la normale dotazione di banda del
navigatore medio. I creatori di Boo.com avevano fatto leva
sull’aspetto elegante e hi-tech delle sue pagine per conquistare una
fama che purtroppo è giunta per altri motivi. Dai 125 milioni del
capitale di start up Boo è arrivata a una valutazione "virtuale" di
400 milioni di dollari, senza però riuscire a concretizzarla nel
previsto collocamento in Borsa. Alla base della dichiarazione di
fallimento, c’è anche un incontrollato regime interno di spesa, fatto
di incentivazioni al personale, passaggi aerei in prima classe e
lussi che la giovane start up non poteva ragionevolmente permettersi.
Peccato che la notizia arrivi proprio in un momento di forte calo di
entusiasmi da parte di una comunità finanziaria scottata dagli
alterni andamenti di tutte le piazze in cui si scambiano titoli
tecnologici. Calo che ha provocato una conseguente diminuzione del
numero di Ipo (offerte pubbliche). Un report appena pubblicato in
Gran Bretagna da PricewaterhouseCoopers afferma che la maggior parte
delle start up inglesi rischia di prosciugare i propri mezzi
finanziari nell’arco dei prossimi 15 mesi. E i pessimistici segnali
riguardanti le difficoltà cui vanno incontro i siti di e-commerce
business-to-consumer, potrebbero investire anche il segmento del
business-to-business, finora considerato come il più promettente. C’è
però chi nota gli aspetti positivi di uno scrollone che porterà
all’inevitabile scomparsa delle iniziative mal gestite, a tutto
vantaggio dei venditori on line più bravi, in particolare quelli
specializzati in beni e servizi "intangibili".

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