L’analisi di Stefano Micelli, docente dell’università di Venezia. L’Open source va verso chi capisce di It, ma le Pmi sono più pronte a esternalizzare i sistemi informativi
Il problema della nostra economia sono le piccole imprese” Stefano Micelli,
decano di Venice International University e professore associato di economia e
gestione delle imprese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia è molto
chiaro. Mentre medie e grandi imprese hanno proceduto a un aggiornamento
della loro dotazione tecnologica la piccola impresa continua ad avere
difficoltà nell’introduzione di strumenti innovativi soprattutto nell’area della
gestione aziendale. Nel 65% dei casi, infatti, non possiedono neanche un
gestionale.
I dati parlano chiaro
. Secondo le indagini del Tedis (Center for studies on TEchnologies in Distributed lntelligence Systems) se l’e-mail è ormai presente ovunque e il sito Web sta arrivando alla saturazione molto c’è da fare per quanto riguarda l’e-commerce che è presente solo nel 3,9% delle imprese che appartengono a un distretto, mentre è sconosciuto da quelle non distrettuali. Con la videoconferenza si arriva al 10%, sale al 13 per l’Edi con valori simi per chi sta nel distretto e chi viaggia da solo, mentre le differenze iniziano ad essere rilevanti per il groupware che troviamo nel 26,5% delle imprese fuori dai distretti e nel 16,4% di chi opera invece in queste organizzazioni. Anche la comunicazione mobile viaggia meglio fuori dal distretto (46,3%) invece che dentro (35,7%) così come la banda larga passa dal 68,7% di presenza fra le imprese solitarie e il 53,9% fra quelle che lavorano in gruppo.
Chi gioca da
solo è più tecnologico di chi sta nel distretto. Lo confermano i dati
relativi alle medie imprese che viaggiano a livelli molto superiori rispetto
alle piccole. A parte l’e-commerce che proprio non attacca fra le imprese
italiane i dati relativi alle altre tecnologia sono sempre superiori con
differenze spesso maggiori del 10% rispetto alle piccole imprese.
Intervenuto alla presentazione di Jikibloom , la business suite open source per le piccole e medie imprese, ha anticipato alcuni dati che fanno parte di un’indagine che sarà presentata fra pochi giorni a Roma all’Innovation forum di Idc.
L’iniziativa di
JikiBloom, sostiene Micelli, apre scenari interessanti. Quella
dell’open source, infatti, è “un’opportunità non scontata per le Pmi visto
che riporta una complessità tecnologica in mano all’utente”. Anche in
questo caso le cifre spiegano bene la situazione. Il 20,2% delle
piccole imprese che operano nei distretti e il 16,9% fra le non distrettuali
utilizza sistemi non proprietari. Una percentuale che sale al 34,9% delle medie
imprese del distretto e al 28,1% fra quelle fuori da questo tipo di
aggregazioni.
Ancora maggiore è la presenza fra le grandi imprese dove le soluzioni Os sono presenti nel 51,7% delle imprese dei distretti e nel 26,7% fra quelle non distrettuali. “L’Open source va in mano a chi ne capisce – osserva il docente veneziano – ma le piccole imprese possono rivolgersi al mondo Os in caso della presenza di un’offerta con una nuova generazione di servizi al consumo”.
Nei programmi di JikiBloom, non a caso, c’è
la previsione di un servizio Asp (il noleggio del software da remoto con
tariffazione a consumo) una formula che non è ancora decollata in Italia, ma che
oggi può iniziare ad avere a disposizione una certa massa critica di utenti
grazie alla diffusione della banda larga. La possibilità che proprio questa
formula attragga le piccole imprese arriva secondo Micelli dalla maggiore
propensione di queste aziende a esternalizzare i propri sistemi informativi. Le
piccole imprese, poco fornite di competenze informatiche e con le scarse risorse
a disposizione fortemente concentrate sul core business aziendale, procedono nel
31,5% dei casi (aziende del distretto) a una totale esternalizzazione che passa
al 36,5% in caso di aziende non distrettuali. Inferiori sono i valori di medie e
grandi imprese più portate delle Pmi a una parziale esternalizzazione dei
sistemi informativi.





