L’esternalizzazione può rappresentare una possibilità per ottenere l’innovazione. Ma va riconsiderato il rapporto tra clienti e fornitori
L’outsourcing può avere varie sfaccettature. Una linea generale, però, mette tutti d’accordo, almeno da quanto emerso in un recente convegno sul tema, organizzato dal Politecnico di Milano: da modello di delega deve essere considerato come una possibilità concreta per migliorare l’organizzazione aziendale. Gianluigi Castelli, direttore Ict di Eni, ha provato a recitare il mea culpa del Cio, che talvolta fatica a far percepire i vantaggi dell’It e, in alcuni casi, vive l’outsourcing come un’imposizione dall’alto. Ma «non può esserci sourcing senza management – ha detto Castelli -. Inoltre, non lo si può applicare solo al lato supply, bensì a tutta la catena». In una parola, bilanciamento. Di vari ingredienti, tra cui volontà di investimento e innovazione. «L’incertezza è nella natura stessa dell’Ict, ma vincoli di costo producono solamente soluzioni inadeguate», ha aggiunto Castelli. Costi che, spesso, sono nascosti o sottovalutati, soprattutto quelli di set up.
Nell’approccio al sourcing, poi, bisogna tener conto di alcuni cardini, che Castelli ha riassunto nell’equazione «outsourcing sta a sourcing “saggio” come i ricavi incrementali stanno alla creazione e al mantenimento del valore». In sintesi, le giuste competenze, al giusto prezzo, dal giusto fornitore, a cui non si devono demandare le capability che danno vantaggio competitivo e differenziano dai concorrenti. «Bisogna prima definire il modello operativo e poi le strategie di sourcing – ha suggerito Castelli – ed essere consapevoli che ciò che conta è il controllo, non l’ownership».
Pure Arrigo Andreoni, It solution advisory di Telecom Italia, non lesina appunti alla figura del responsabile dei sistemi: «Se non si fa innovazione, che all’80% è di business e non tecnologica, è perché il Cio non ne è capace o non trova il fornitore adatto. Spesso è troppo prudente. Nella scelta tra innovazione ed efficienza deve tenere conto di una variabile intermedia, la velocità e non pensare che esista un modello organizzativo univoco e statico». Anche Erminio Seveso, Cio di BTicino, considera la reattività come un fattore che porta verso il sourcing, mentre i costi sono solo il motore iniziale. Per Claudio Tancini, customer relationship manager G-Ito di Zurich Italia, «va superata la difficoltà di inserimento del modello e misurata la qualità dei servizi. Bisogna lavorare molto sugli Sla e presentare ai fornitori dei parametri effettivi, indicati dagli utenti di business».
Per quanto riguarda la governance delle relazioni, Andreoni propende per il modello a rete, che presenta una maggiore complessità di gestione (il cliente favorisce la comunicazione diretta tra i fornitori, partecipandovi come coordinatore) ma consente di mettere in campo servizi che scatenano l’innovazione di business. Giuseppe Ingletti, Cio di Fiera Milano, per l’esternalizzazione di infrastruttura e sistemi, extended Erp e desktop management, ha, invece, adottato una struttura mista, che si può riassumere in un modello a stella su quattro soggetti, di cui uno dovrebbe avere un ruolo maggiormente gestionale.
L’autocritica dei fornitori
Il mea culpa, comunque, è arrivato anche dal mondo dell’offerta. Antonio Chiveri, presidente di Eds Italia, è stato chiaro: «Bisogna sempre chiedersi se il cliente è soddisfatto e utilizzare delle metriche di business per misurare il funzionamento della relazione. Servono comitati di guida per un lavoro a quattro mani, mentre, dal canto nostro, dobbiamo essere creativi e portare innovazione». Una conferma è giunta da Vittorio Lusvarghi presidente e amministratore delegato di Unisys: «Per garantire il risultato, dobbiamo imparare a convivere con i competitor, mentre i clienti devono fare proprie le competenze che siamo in grado di trasferire loro». Un punto di vista critico è stato anche quello di Franco Martino, managed service practice manager di Emc Italia, che non ha dubbi sul dovere del sourcer di trasformare la partnership da slogan a realtà.





