In seicento chiedono l’Open source nella Pa

Una lettera aperta firmata da esperti It chiede in nome del risparmio la rinuncia ai software proprietari

“Basta con gli sprechi”. E’ questa la richiesta principale che
arriva da seicento esperti di informatica che l’hanno resa pubblica con una
lettera aperta inviata al presidente del consiglio, al ministro
dell’Economia e a quello per l’Innovazione.


Prendendo atto che il futuro prospetta gli ennesimi sacrifici per fare
quadrare i conti pubblici, i seicento chiedono semplicemente di utilizzare al
massimo i software Open source nella Pubblica
amministrazione
.




“La cifra
riconducibile alle spese
per il software proprietario
– spiega la lettera – è compresa tra i 500 milioni e i 900 milioni di euro l’anno (dati relativi al solo 2004), somma a cui vanno aggiunti i mille rivoli delle amministrazioni periferiche.
Eppure, basterebbe applicare le leggi già esistenti per ottenere un risparmio considerevole: è l’esempio dell’art. 68 I comma del D.Lgs. 82/2005, che prevede che le pubbliche amministrazioni acquisiscano software solo a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico. Tale comparazione, però, è rimasta fino a questo momento solo sulla carta, portando all’adozione di software scadente e costoso, soggetto alla piaga dei virus e dei worm; compromettendo, oltre ai soldi dei cittadini, anche la sicurezza dei loro dati conservati dalla pubblica amministrazione”
.


Come cittadini, prosegue la lettera, apprezzeremmo molto se,
prima di bloccare le assunzioni o gli stipendi, si decidsse di adottare il
criterio del risparmio limitando i costi dei programmi proprietari. Questo
risultato si potrebbe ottenere mediante l’estensione delle modalità
di procurement Consip al software libero.  

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome