Dati consolidati per aiutare il business

L’obiettivo a cui i Cio dovrebbero tendere, secondo Sas, è quello di arrivare a una situazione standardizzata delle informazioni, per essere in grado di supportare meglio le strategie aziendali

In ogni settore lavorativo le informazioni stanno crescendo in modo esponenziale, con grande preoccupazione degli It manager impegnati a classificarle e archiviarle in base alla loro importanza per l’attività aziendale. Questo, in teoria, sarebbe l’approccio ottimale, ma che cosa sta accadendo nella pratica? Lo chiediamo ad Alessandro Zeigner, amministratore delegato di Sas Institute in Italia. «Che le informazioni siano un patrimonio aziendale importante, i Cio se ne rendono conto molto più di qualche anno fa – afferma -. Però non si può certo dire che abbiano anche "digerito" il fatto che devono gestirle in maniera completamente diversa da come hanno fatto fino a ora».


I Cio che sono consapevoli di dover porre rimedio a una situazione di anarchia del dato, come si stanno muovendo?


«Cercano di passare da uno stadio iniziale di quasi caos di dati depositati in tanti "silos" a una situazione più standardizzata. E proprio per facilitare questa evoluzione, Sas ha realizzato tutta una serie di proposte, che iniziano con la diagnosi informativa, per capire qual è la realtà specifica dell’utente, per poi aiutarlo a evolvere in una situazione di trattamento dell’informazione più orientata alle esigenze di business».


Quindi quali mosse consiglierebbe a un Cio che deve affrontare la riorganizzazione dei propri dati?


«Il mio primo consiglio è di essere sempre più coinvolto nelle strategie di business per conoscere che cosa l’azienda si aspetta dall’It e quindi avere il supporto del top management. Però molto dipende dalla tipologia della società, in quanto si va da un estremo dove ci sono le aziende manifatturiere, che usano la tecnologia come uno strumento di efficienza, per poi passare, attraverso vari gradi, alle realtà che vedono l’It come una leva strategica. Nel mondo delle banche, per esempio, già il processo di business è molto legato alla tecnologia, anche se non completamente, mentre invece nelle banche virtuali il processo di business è sostanzialmente dato dal sistema informativo. Un discorso analogo vale anche per le società di Tlc. E, infatti, non a caso, i Cio di queste realtà da tempo fanno parte del board».


È quindi possibile arrivare ad avere la tanto auspicata fonte unica del dato, eliminando tutti i vari "contenitori" presenti di solito in un’azienda?


«Ormai abbiamo visto che, in linea con il fenomeno che a suo tempo ha spinto l’adozione dei sistemi Erp, anche nell’ambito della Business intelligence è presente una collezione di tanti strumenti diversi che ai fini di un processo decisionale hanno finito per creare dei problemi, in quanto spesso non si integravano tra loro. Per cui oggi la nostra proposta è racchiusa nell’Eip, Enterprise Intelligence Platform, che si basa sulla tecnologia di Sas 9, e che consente di rendere il processo decisionale maggiormente fluido ed omogeneo: si parte dal data integration e data quality per passare all’information database per il tattamento delle informazioni, all’analytic intelligence e alla Business intelligence».


Una scelta che richiede da parte del Cio un cambio sostanziale di paradigma, perché non può approcciare il problema cercando di aggiustare quanto ha già, di solito frutto del decantato best of breed.


«Un approccio, quest’ultimo, che però, si è visto, non ha funzionato, perché pur scegliendo per ogni funzione il meglio delle tecnologie presenti sul mercato, il problema che si presentava era quello di far comunicare il tutto. Riguardo alla nostra piattaforma Eip, non è detto che si debba partire subito con tutte le soluzioni che mettiamo a disposizione, in quanto abbiamo dei clienti che hanno iniziato con l’attività di reporting o di analytic, e non usano ancora il data quality o il data integration. Però l’approccio a una piattaforma unica è un po’ la premessa affinché i sistemi informativi riescano a dare alla società un servizio valido che sia anche in grado di evolvere con il business, in quanto la nostra piattaforma è scalabile ed evolutiva. Permette, infatti, di passare dal livello dell’individualità a quello dell’uniformità all’interno del dipartimento e quindi all’uniformità aziendale, assicurando la qualità del dato».


Tutto questo avrà costi elevati.


«Non necessariamente, anche perché si può procedere per step».


Visto che offrite anche consulenza e servizi professionali, che tempistica si può prevedere per le diverse fasi di un progetto di riorganizzazione dei dati?


«Dipende, naturalmente, dalla complessità del cliente, ma in un mese al massimo, di solito si riesce a fare un assessment della situazione. Infatti, cerchiamo di aiutare il responsabile It a radiografare meglio la sua situazione relativa alle informazioni, per vedere insieme dove c’è da intervenire. Naturalmente, le cose procedono molto più celermente se abbiamo a che fare con Cio innovativi e che sono supportati nel rinnovamento dal top management. Da parte nostra l’obiettivo è quello di avere risultati validi in tempi brevi, dell’ordine di alcuni mesi, perché la nostra tecnologia lo consente. In un periodo di budget ristretti, è indispensabile ottenere velocemente dei risultati dimostrabili al board, anche perché questo è il modo migliore per riuscire ad avere altri finanziamenti per procedere con nuovi progetti».

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