Come ottimizzare la gestione dello storage

Con l’esperto di Hp valutiamo quali sono i problemi che una Pmi deve affrontare nella salvaguardia dei dati

Che cosa dovrebbe fare il Cio di una medio-piccola azienda, che vuole riorganizzare lo storage con un’ottica costi/benefici, prima di confrontarsi e interagire con un vendor per trovare quanto gli serve? Questa domanda l’abbiamo posta proprio a un vendor come Hp, e nello specifico all’esperto del settore, Paolo Votta, che nella società ricopre il ruolo di Product Marketing manager StorageWorks Division. «Innanzitutto – ha risposto il manager – un Cio dovrebbe identificare quali sono le aree di maggior importanza per l’attività di business della propria azienda e di conseguenza fare un assessment delle strutture che utilizza. Questo è un processo abbastanza scontato, ma non è sempre facile da definire, in quanto oggi le aziende crescono in fretta, per cui spesso acquistano, per esigenze immediate, un server e un software di storage per far partire una specifica applicazione, senza magari ricordarsi di inserirla nelle procedure di backup. Quindi, è necessario fare il censimento di quali sono le applicazioni e i server presenti, dopo di chè individuare con quale storage stanno lavorando, quanto ne stanno consumando e alla fine andare a mappare il tutto sui vari dipartimenti, per capire quali sono quelli fondamentali per l’attività di business. Un altro consiglio banale, ma non sempre scontato, è che si deve fare sempre il backup dei dati su nastro e ricordarsi di portare le cassette in un luogo diverso da dove è stato fatto il salvataggio, a meno che questo non sia stato fatto in remoto. Il primo disaster recovery è, quindi, dato dal nastro che viene portato in una sede lontana dal Ced».

È anche importante che il Cio calcoli quali sono i suoi costi di gestione, per eventualmente rivalutare l’approccio usato in un’ottica di miglioramento e maggior efficienza dell’area.


«Questa è sicuramente una delle prime valutazioni che deve fare. Poi, è importante iniziare a svincolare i server dallo storage, e quindi pensare a una software consolidation che può essere una SAN, una NAS o meglio ancora, entrambe abbinate. Infatti, le NAS offrono servizi di file serving, cioè la capacità di rendere disponibile dello spazio organizzato per modalità di file, in quanto se vogliamo proteggere i nostri documenti, lo possiamo fare mettendoli su un dispositivo esterno al nostro pc. Se questo dispositivo offre un file serving specializzato, si tratta di una macchina NAS, che mediamente ha anche lo storage a bordo, fatto questo in generale positivo, ma un po’ meno per chi gestisce l’It. Se, invece, si usano accoppiate, la NAS può fare solo il file serving, mentre lo storage stare sulla SAN. Il file serving è una funzione molto utilizzata, ma non è detto che sia la più critica. Infatti, i database transazionali possono essere molto più critici per l’azienda, per cui è necessario approcciare la storage consolidation integrando una SAN, inizialmente per le applicazioni più critiche, mentre un domani può anche diventare un abilitatore per il passaggio alla NAS. Quando il file serving abituale è arrivato al limite, una nuova implementazione da fare può essere semplicemente quella di usare il ponte fra il servizio NAS e la SAN. In questo modo ho gestito meglio il mio storage».

Quindi si liberano anche delle risorse su un fronte, per utilizzarle in modo migliore su aree più critiche.


«Certamente. In questo caso viene anche in aiuto l’aspetto che va sotto il nome di virtualizzazione, cioè tutto quello strato che fa sì che il rapporto fra l’uomo e la macchina sia il più facile possibile. Con la virtualizzazione non è più lo specialista che pensa a come configurare la macchina dal punto di vista hardware, ma lo fa la macchina stessa».

La virtualizzaione è, infatti, oggi vista come una via obbligatoria per ottimizzare lo storage. E in questa direzione va anche la vostra proposta Eva, Enterprise Virtual Array. Quali sono i plus di questo approccio?


«Un primo vantaggio che Eva offre è che con un solo dispositivo è possibile differenziare l’investimento in hardware, visto anche come riduzione dei costi. Però questo non mi aiuta a migliorare il mio modo di lavorare se non ho investito in un "qualche cosa" che mi consente di liberare lo storage pregiato da quelle informazioni che sono solo di peso, in quel momento, perché non vengono accedute quotidianamente. Per cui devo portarle su uno storage a più basso costo, altrimenti non ho ottenuto un effettivo beneficio. Ma lo spostamento non può prescindere dal fatto che chi deve accedere a quelle informazioni, deve poterlo fare in modo semplice. I nostri dispositivi Eva vanno in questa direzione, in quanto aiutano la gestione del dato e semplificano la vita all’utente, perché non deve imparare nulla di più di quanto faceva prima».

E tutte le problematiche legate alla remotizzazione dei dati, alla loro messa in sicurezza e al backup, sono servizi che offrite ai clienti?


«Sì, Hp copre tutto, perché produce tutto: dallo storage online alle librerie di backup, al software di corredo fino ai servizi professionali. Questi ultimi sono di varia natura, e nel percorso dell’Ilm (gestione del ciclo di via del dato, ndr) ci sono quelli che aiutano a catalogare le informazioni e ad aiutare il cliente a decidere quale strategia implementare per le informazioni che sono state catalogate. Per cui, per quanto mi riguarda, il consiglio è di acquisire un Eva, per gestire facilmente l’It aziendale, a cui vanno aggiunti anche uno storage primario e uno secondario, oltre al software di gestione dell’informazione, che può essere il File Migration Agent (Fma, ndr), che viene installato sulle macchine che svolgono l’attività di file serving, definita in base alle politiche dell’utente. Se, per fare un esempio, ci sono dei file che per tre mesi non vengono utilizzati, l’Fma lo sposta automaticamente sullo storage secondario. Però, se un dipendente, dopo sei mesi, ha bisogno di quel file, basta che ci clicchi sopra per ritrovarselo sul pc senza problemi. Tutto questo porta numerosi vantaggi, perché da un lato l’utente ha subito quello che gli serve, dall’altro l’It riesce a gestire facilmente lo storage, e in più, dal punto di vista del disaster recovery, spostando i documenti in questo modo, si ritrova a dover fare il backup quotidiano solo dei documenti critici che sono sullo storage primario, e magari mensilmente per quelli che sono sullo storage secondario».

Quali sono le evoluzioni future di questo settore?


«Ritengo che l’evoluzione principale sarà quella di permettere alle aziende di accedere sempre più rapidamente al maggior numero di informazioni. Una delle attività più pesanti per l’area It sarà quella della catalogazione delle informazioni e poi del loro reperimento veloce attraverso una parola chiave, grazie all’uso del grid, che è un altro fronte tecnologico che sta avanzando, in quanto l’hardware sarà in grado di avere intelligenza e capacità che man mano aumentano con l’aumentare delle informazioni, senza però penalizzare le prestazioni con l’aumentare dei volumi da trattare. Per quanto riguarda l’aspetto funzionale, l’azienda dovrà anche essere in grado di riuscire a sfruttare tutte le informazioni e portarle sull’It, trasformando in digitale quanto oggi è sul cartaceo».

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