In fila per la Xbox: la promessa della vita digitale.
Chiamale se vuoi, sensazioni. Ma le foto arrivate da New York che hanno immortalato gli acquirenti felici delle prime xbox360 hanno riportato alla mente quei vecchi scatti dell’immediato dopo guerra, di gente gioiosa che ballava il boogie.
Probabilmente è solo questione di facce, di giocosità d’espressione visuale.
In quelle della gente ritratta adesso c’è la stessa gioia, il medesimo gusto di partecipare a un divertimento liberatorio che avevano i nostri connazionali e i nostri liberatori a ballare dopo una sfiancante guerra. Masseteri in plastica flessione, a dispetto di stomaci vinti dai borborigmi della fame.
Qui, negli scatti odierni c’è pure gente autorevole: c’è anche un Bill Gates smagliantissimo che applaude il primo acquirente trionfante con la sua console per giocare, dentro il magazzino Best Buy di New York.
Qui c’è gente che ha fatto la fila al freddo, di notte, come si usa fare ormai da un po’ di tempo, e a tutte le latitudini (persino nell’algida Svizzera gente ha fatto la fila tutta la notte per procacciarsi i biglietti per assistere al concerto di Robbie Williams) per i nuovi giochi, i nuovi dischi, le nuove favole che regalano spensieratezza a misero prezzo.
Insomma, anche qui facce allegre, piene di gioia di vivere.
Qual è allora la differenza fra ora e allora?
60 anni fa, quando le file le si faceva al freddo per un litro di olio, si provava a uscire da una guerra anche con l’aiuto di un ballo liberatorio. Era vita, dopo la morte schivata.
Oggi si cerca di fare la guerra, simulata, con aggeggi (come le playstation, i nintendo, gli ipoddi) che promettono di fare la vita digitale. Sono arnesi per combattere. Probabilmente contro se stessi.





