Denunce, ammissioni, esigenze. Un quadro del mercato It dal punto di vista femminile, tra vendor che non ascoltano e utenti confusi

Una tavola rotonda composta solo da donne con attività e ruoli diversi che vanno dal mondo dei vendor It, a quello accademico e consulenziale. Ma per avere un valido contradditorio abbiamo voluto che fosse presente anche un utente, invitando una Cio “di peso” come Silvia Cassini, Information Systems and Tecnologies Area 5 director di Alcatel.
L’obiettivo era capire perché gli utenti si lamentano continuamente del fatto che i vendor It non sono in grado di comprendere le loro necessità e, quindi, scoprire come deve cambiare l’approccio sul fronte offerta.
La scelta di invitare solo donne è dovuta al fatto che, spesso, a questa “metà del cielo” viene riconosciuta una maggior capacità e sensibilità nell’intuire cosa vuole l’interlocutore (di solito maschile) che ha di fronte. Abbiamo, quindi, voluto indagare qual è la loro percezione del mercato It in un contesto di crisi e quali sono le strategie che adottano per cercare di venire incontro alle necessità del mercato.
Linda Gilli – Inaz (presidente di Inaz software e servizi per le Hr, e di Aidda Lombardia Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda)
«Penso che i problemi siano due. Anzitutto, bisogna cercare di sposare la creatività italiana con l’alta tecnologia. In seconda battuta, poi, occorre fare uno sforzo per ascoltare le persone. In generale, i vendor non sono abituati ad ascoltare i problemi dei clienti ma preferiscono piuttosto parlare di sé e raccontare quanto sono bravi. Capire l’esigenza del cliente non è sempre cosa facile, anche perché raramente l’utente è identificabile in una persona sola. Più spesso, ci si deve interfacciare con molteplici figure, che possono essere il tecnico, il commerciale, l’amministratore delegato o il direttore di divisione. Non si è abituati ad ascoltare e cercare di conoscere l’azienda. E qui entra in gioco la creatività personale, in quanto dopo aver ascoltato il cliente, bisogna plasmare una soluzione adatta alle sue esigenze. Questo approccio credo possa aiutare a superare il momento, che è particolarmente complesso e delicato. Bisogna imparare a investire non solamente in prodotti ma, soprattutto, nelle persone, formandole adeguatamente».
Alessandra Galdabini – Microsys (general manager di Mcrosys, che offre consulenza sula tecnologia Microsoft e sui suoi Erp per le Pmi)
«Oggi, il rapporto con le Pmi è particolarmente difficile. Noi vendor non percepiamo, infatti, una volontà a investire, soprattutto perché le imprese sono state scottate da un mercato informatico fatto da pirati. Partono prevenute, anche perché non comprendono a pieno quale sia il ritorno sugli investimenti tecnologici. Esiste, senza dubbio, un problema di cultura delle nostre persone. I miei consulenti devono saper proporre un’offerta che è fatta di parole alle quali, però, devono seguire dei fatti concreti. Noi abbiamo cercato di trasformare in sales manager delle persone che hanno alla base una competenza forte come sistemisti o sviluppatori. Poi c’è sicuramente il problema di ascoltare il cliente. Più cose mi racconta sulle sue necessità, più io riesco a capire che cosa realmente gli serve. Alla fine, posso indirizzarlo nelle sue esigenze e cercare di creare con lui un rapporto di fiducia. Nella mia esperienza mi sono accorta che riesco a ottenere più risultati da sales manager donne, in quanto sono estremamente attente nella relazione con il cliente, evitano posizioni di contrasto, sono più diplomatiche e più brave a seguire una relazione post vendita. Non si accontentano del primo risultato, ma lo traguardano su un’ottica di respiro più lungo. L’unico problema è che non funzionano sui grandi clienti, che le sottovalutano e richiedono un interlocutore uomo. Accettano una donna solo se questa ha già un ruolo di comando, come nel mio caso».
Maria Maddalena Fassi – Bms (presidente e amministratore delegato di Bms Business Management System, solution partner Sap)
«Operando sul fronte Erp Sap, la formazione delle persone per noi è vitale e deve essere duplice: sul prodotto e sui processi. Riguardo all’approccio al mercato, è vero che bisogna far parlare il cliente ma, troppo spesso, è lui il primo a non avere le idee chiare, per cui è necessario saper interpretare le sue esigenze e consigliarlo su quanto è meglio per la sua azienda. Quello di cui, in linea di principio, un cliente oggi ha bisogno è di soluzioni che lo facciano risparmiare sui processi. Il settore dell’It oggi è maturo, di conseguenza i margini bassi non riguardano più solo il mondo della distribuzione, ma anche quello dei servizi. Il cliente si trova subissato da tutta una serie di offerte, per cui spesso fa fatica a scegliere. Va anche denunciato che il progressivo abbassamento dei prezzi di mercato spesso è accompagnato da un degrado della qualità. Questa situazione, oltre a essere dovuta alle grandi realtà della consulenza, che lavorano con prezzi bassissimi, investe anche le realtà di medie dimensioni, che si comportano nello stesso modo e sono sull’orlo del fallimento da tempo. Tali operatori, però, all’improvviso rinascono come se niente fosse, perché la legge glielo consente. Invece, sarebbe auspicabile che chi non riesce più a stare sul mercato con una certa etica, esca definitivamente e sul lato offerta rimanga esclusivamente chi ha i bilanci in ordine».
Antonella Ferrari – consulente aziendale (docente all’Università Cattolica di Milano e consulente su progetti di Business intelligence e data mining)
«La mia posizione, oggi, è di trait d’union tra l’utente e il vendor, quindi cerco di fare un po’ da arbitro tra le due parti coinvolte. È vero che i vendor tendono ad ascoltare poco, però spesso l’utente non sa cosa vuole, per cui c’è un’evidente difficoltà da parte del vendor a capire e farsi capire. Quest’ultimo, però, deve saper ascoltare, essere adeguatamente formato e non usare il cliente da cavia, ad esempio mandandogli un neolaureato affinché incominci a fare esperienza, come talvolta accade. È anche vero che il cliente, spesso, soprattutto Pmi, non capisce l’importanza di disporre di informazioni aggiornate che possono aiutarlo nel processo decisionale. Pertanto è più difficile capire cosa vuole l’utente che non riuscire a presentargli il prodotto. È vero cha a volte c’è un problema di capacità e di creatività da parte di chi si propone, però ci deve essere anche la consapevolezza da parte dell’utente che le cose stanno cambiando. Purtroppo, devo anche riconoscere che la formazione universitaria è ancora carente: i programmi sono vecchi e molti docenti non sanno nemmeno che cosa sia un Erp. Ecco perché è fondamentale che il vendor si assuma la responsabilità di dare almeno un po’ di formazione di base ai propri dipendenti che devono interfacciarsi con gli utenti».
Stefania Donnabella – Brain Force Software (consigliere di amministrazione e director di Brain Force Software, che fornisce consulenza e soluzioni di casa Microsoft)
«Credo che tutti gli operatori sentano la crisi che, devo dire, è anche in parte dovuta agli stessi attori del mercato It, che si sono rovinati da soli. Non hanno, infatti, saputo fare cartello. Ritengo che una parte importante l’abbiano giocata le grosse realtà, che nel momento di crisi non hanno saputo far percepire adeguatamente il valore aggiunto che erano in grado di offrire e sono state le prime ad abbassare i prezzi. Questo fatto ha compromesso tutto il mercato, danneggiandolo. Oggi assistiamo a tentativi di sopravvivenza e si è persa la difesa della nostra professionalità. Si deve rinascere da questa crisi, deve emergere il messaggio che per avere professionalità e valide soluzioni It bisogna pagarle. Diversamente, il primo a essere danneggiato è lo stesso utente, che rischia di non avere un servizio di qualità. La Pubblica amministrazione, ad esempio, compra a tariffe sotto i minimi contrattuali, cosa che dovrebbe essere vietata perché mette in difficoltà l’intero settore. Le persone che seguono i progetti di un certo rilievo devono essere continuamente formate e questo costa. La crisi ha un duplice aspetto. Da un lato la discesa dei prezzi, soprattutto sul fronte servizi. Dall’altro la richiesta di finanziamenti da parte del cliente, che ci chiede dei tempi di pagamento talmente dilazionati che, in pratica, trasformano la fornitura di tecnologie in un vero e proprio finanziamento. Il mondo It dovrebbe cominciare a reagire a questo malcostume».
Raffaella D’Alessandro – Ernst & Young (esperta di sicurezza informatica, opera nella consulenza all’interno di Ernst & Young Financial-Business Advisors)
«L’obiettivo della consulenza è di aiutare le aziende a gestire rischi d’impresa di vario tipo. Tra questi rientrano quelli correlati all’utilizzo di tecnologie It, all’interno dei quali un ruolo preponderante è legato alla sicurezza delle informazioni. La materia è piena di sfaccettature, spesso non comprese dagli utenti, perché si pensa che la protezione dell’infrastruttura informatica sia una competenza quasi esclusiva di chi si occupa di reti e sistemi. Nella sicurezza, invece, la strategia difensiva-preventiva gioca un ruolo fondamentale. È necessaria, infatti, per proteggere l’informazione prima ancora di selezionare l’approccio tecnologico. Si tratta di sviluppare la cultura di gestione del rischio. La sicurezza totale non esiste, per cui si deve ragionare in un’ottica di contenimento del rischio che, però, non sempre è percepita dal cliente. In Italia la cultura alla gestione del rischio si sta facendo strada tramite gli obblighi legislativi introdotti, ormai da anni, dalla normativa “Privacy”. Ma da noi, la sicurezza continua comunque a essere vista come un orpello, un costo che non aiuta a fare business perché va a pesare più che altro sulla struttura organizzativa».
LA VOCE DELL’UTENTE
Silvia Cassini Cio in Alcatel (Information Systems and Tecnologies Area 5 director di Alcatel, azienda di telecomunicazioni)
«La nostra è una realtà molto burocratica, che sta attraversando un grosso cambiamento nella funzione dei Sistemi informativi. Questo processo, avviato 4/5 anni fa, si è reso necessario per evolvere da una situazione che era costituita da un conglomerato di società acquisite nel tempo, ognuna con sistemi, infrastrutture e fornitori propri. Oggi, siamo all’estremo opposto, con una totale centralizzazione della funzione It dovuta in parte anche alla crisi di mercato e alla conseguente necessità di razionalizzare le risorse e ottimizzare gli investimenti. Abbiamo, quindi, un’organizzazione molto forte centralmente, in quanto esiste un Cio globale di Alcatel a Parigi, che si avvale di strutture più flessibili e leggere nei diversi paesi nei quali Alcatel è presente. La chiave è stata la volontà di creare all’interno della divisione sistemi It di Alcatel una tensione continua tra cliente e fornitore, come anello forte della catena della fornitura di servizi It. La nostra società ha fatto grossissimi investimenti, negli ultimi anni, per quanto attiene alle infrastrutture e alle soluzioni. Abbiamo praticamente di tutto, dal backbone ai gestionali di ultima generazione. Tuttavia, a fronte dei consistenti investimenti effettuati in passato, i risultati raggiunti sono stati ben al di sotto di quelli prospettati. Per lungo tempo abbiamo optato per l’outsourcing di gran parte dei sistemi informativi, concessi in gestione alle più note società di integrazione del panorama Ict internazionale. Da due anni, invece, abbiamo deciso di riportarci tutto, o quasi, in casa per riprendere il controllo dell’infrastruttura e, soprattutto, della qualità dei servizi It. Nella nostra esperienza abbiamo capito che con i grossi player è difficile sincronizzarsi. Spesso non si presentano come una società unica, ma con una molteplicità di contatti, per cui risulta difficoltoso tararsi, soprattutto perché i grossi nomi del panorama informatico dimostrano una scarsa flessibilità e propensione a capire i processi di business e ad ascoltare il cliente. Dal punto di vista dell’utente, posso dire che non sopporto i commerciali che propongono cose che non conoscono. Ritengo, dunque, indispensabile una maggior formazione».





