Open source, pro e contro

Nel contesto di eAcademy, Gartner ha passato in rassegna le possibilità applicative reali, presenti e future, dell’open source.

Alla domanda se sia opportuno inserire software open source all’interno del proprio portafoglio It, secondo Gartner non si può dare una risposta univoca. La decisione dipende dell’ambito nel quale si vuole introdurre una soluzione e, anche, dall’indole dell’azienda o del responsabile It.


Perché, come ricorda l’analista, sotto il cappello “open source” stanno, oltre a un modello di licensing che non prevede il pagamento del pacchetto software (ma bensì di chi eroga servizi), anche un credo “ideologico” e la fiducia nella pratica della condivisione dello sviluppo. In generale, come dato a favore, è da sottolineare che il supporto da parte dei grandi fornitori di servizi professionali verso soluzioni open source è crescente, perché qui vi scorgono notevoli opportunità di business. Senza contare la piega sempre più “open” che stanno assumendo importanti produttori, primi tra tutti Ibm, Novell e Sun.


Una valutazione di opportunità riguardo all’adozione dell’open source dovrebbe dunque partire dall’analisi delle aree funzionali in cui si vuole agire. Il mondo “aperto”, infatti, è molto più ricco e articolato di quello che fa riferimento al “mero” ambiente operativo Linux, avendo a che fare, tutto sommato, con una gamma di ambiti abbastanza ampia. Gartner evidenzia graficamente i risultati delle proprie valutazioni mediante una linea del ciclo di vita di una soluzione/prodotto, dove negli assi cartesiani sono tracciati la visibilità e la maturità raggiunta.


Dopo la fase del debutto, ogni tecnologia (ciascuna con una propria velocità) è trainata dall’eco generato dai media, arrivando a un picco di “visibilità”. Di qui segue un lento declino, che può coincidere con la fine della tecnologia oppure con il progressivo acquisto di maturità, con il conseguente riacquisto di visibilità. Alla fine del ciclo, infatti, c’è la fase definita mainstream, che corrisponde all’adozione in massa della tecnologia.


Questo schema, applicato al mondo open source, mette in luce alcune aree di utilizzo che non presentano particolari rischi, dato che il mercato mette a disposizione un discreto numero di soluzioni e mostra referenze assodate. Accanto all’ambito dei sistemi operativi e dei tool di svilppo (più che maturi), le aree infrastruttruali e del networking sono quelle più sicure. Stiamo parlando di server proxy, firewall, caching, di VPN, gestione di directory e security; e ancora, di Web server, e-mail server, load balancing, file e print server. Sta emergendo solo ora, invece, la porzione applicativa (qui Gartner posiziona i sistemi di tipo Erp, Scm, Crm, Hr), ancora un po’ acerba ma prevista in consolidamento nel medio breve periodo. Vi sono, inoltre, situazioni, da valutare caso per caso, in cui porzioni di software aperto sono utilizzate integrate in bundle più ampi, non open source, in genere perché mettono a disposizione funzionalità specifiche.


Le aree decisamente ancora acerbe, invece, sono tutte quelle che fanno riferimento alle applicazioni Linux su desktop (del resto, questo è un mondo dominato da Windows), mentre sono considerati di “nicchia” e, di conseguenza, comunque immaturi, l’ambito del consolidamento dei dati e l’application integration, contrariamente a quello degli application server e dei database, dove hanno contato molto nomi come JBoss e MySql.


Questa classifica va letta, precisa Gartner, partendo da un presupposto: non è “proibito” in assoluto utilizzare una tecnologia immatura, è semplicemente più rischioso.


Vi sono altri fattori che possono far propendere o, viceversa, insinuare dubbi, per l’adozione di una soluzione aperta. Da un lato, Gartner sottolinea che con l’open source non si corre il rischio di acquistare un numero sproporzionato di licenze. C’è poi la qualità apprezzabile della “trasparenza” del prodotto, la generale agilità che si riscontra nelle installazioni e il supporto da parte della comunità open source. D’altro canto, il maggior pregio può essere considerato il principale difetto del mondo open: a chi ci si appella se il prodotto non funziona, non avendo in genere a che fare con un preciso intrelocutore? Inoltre, non sono da sottovalutare i costi di integrazione e di supporto, e il training da organizare per dotarsi dei necessari skill.


In estrema sintesi, Gartner consiglia di non imbarcarsi in un progetto open source senza aver fatto una valutazione del rischio, adottando soluzioni nelle aree più mature e che abbiano bassi costi di integrazione, implementando modelli preferibilmente “ripetibili”. Il tutto, tenendo presente un fattore psicologico: la presenza in azienda di qualche server Linux può rappresentare un elemento di pressione sui produttori software.

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