Riflessioni semiserie a margine di Smau.
Di Smau si è detto molto ma in pochi hanno colto un cambiamento epocale che rende questa edizione della kermesse milanese completamente diversa dalle altre.
A parte il fatto che fuori dalla fiera in cinque giorni sono stati avvistati solo due bagarini, fra gli ospiti dei padiglioni del Portello quest’anno c’è stato un arrivo inaspettato.
La dieta mediterranea ha fatto finalmente la sua comparsa in fiera.
Mentre fuori l’onda è già passata, Smau, una volta tanto in ritardo e non anticipo sulle nuove tendenze, ha abbracciato l’alimentazione sana e leggera.
E’ vero fuori resistono i chioschi con terribili focacce con salame piccante e formaggio (abbinamento discutibile) ma dentro lo spostamento della Fiera ha costretto alla chiusura i chioschi di fianco al padiglione 11 e il bar ospitato all’interno del padiglione dai quali esalava un leggerissimo olezzo di wurstel, crauti e salamelle che rendevano la fiera molto simile a una festa di paese.
Frequentatissimi da ragazzini e visitatori professionali i chioschi macinavano a ritmo continuo dalle dieci del mattino panini che rappresentavano il baluardo del mangiare grasso contro la dieta mediterranea.
Eredi di quelle famiglie che alla fiera campionaria distrutte dalla stanchezza si accasciavano su un gradino tirando fuori la busta con il prosciutto da infila re nei panini già tagliati a casa, i chioschi piazzati proprio sotto la scritta del “Palazzo Meccanica” erano l’ultimo segnale di una fiera che non c’è più.
Oggi ci sono i self service dove abbondano insalate bistecchine e puré.
Molti fegati felici ringraziano.





