L’Economist spiega come cogliere i benefici dell’It

L’Intelligence unit del settimanale britannico analizza il contributo dell’Ict alla produttività e alla crescita economica e il ritardo dell’Europa.

14 maggio 2004 L’Intelligence unit del settimanale britannico The Economist ha sfornato un documento, sponsorizzato da Microsoft, che si intitola “Cogliere i benefici dell’It”. Il report esamina il contributo dell’Ict alla produttività e alla crescita economica e tira alcune conclusioni la principale delle quali spiega che la tecnologia promuove la crescita ma solo se si è recepito un livello minimo dello sviluppo dell’Ict (alta penetrazione di telefonia fissa, pc e Internet). In altre parole l’uso e la penetrazione dell’Ict deve raggiungere una soglia critica prima di avere un impatto sull’economia di un Paese. A bassi livelli di sviluppo dell’Ict i costi e le modifiche causate dall’introduzione dell’Information and communication technology sovrastano i benefici. Dopo un certo livello di sviluppo delle tecnologie, però, gli effetti del network e l’esperienza accumulata favoriscono l’effetto contrario.

La tecnologia promuove la crescita e la produttività, ma solo dopo un significativo periodo di tempo necessario alle organizzazioni per assimilare e adattarsi alle tecnologie. Durante questo periodo l’Ict può anche ritardare la crescita della produttività.

L’analisi si preoccupa anche di verificare i motivi che impediscono all’Europa di cogliere i benefici delle Ict e mette sotto accusa lo spirito imprenditoriale del Vecchio continente. Solo il 4% degli europei, infatti, ha avviato un’impresa negli ultimi tre anni.
In Europa, però, non mancano le competenze tecniche, ma è difficile trovare manager con le competenze e l’esperienza per sfruttare la tecnologia a favore del business. Il senior manager non sa usare l’Ict, mentre i dirigenti tecnici e commerciali non riescono a collaborare efficacemente. Non a caso una società europea su tre (tra quelle intervistate) raggiunge gli obiettivi di business che si era prefissata.
Oltre a questo in Europa il settore che fornisce capitali di rischio è ridotto e poco sviluppato se paragonato a quello degli Stati Uniti. La mancanza di capitale di rischio è un forte disincentivo per l’innovazione e le imprese. Infine mancano i fondi per gli spin off universitari e i collegamenti tra università e imprese specialmente per quanto riguarda le piccole e medie imprese.

A questo punto, conclude l’Economist con una serie di indicazioni per i policy maker, è necessario radicare le competenze manageriali legate all’Ict nella forza lavoro, nel sistema educativo e nella formazione aziendale. Questo significa che non solo bisogna insegnare a usare le tecnologie ma anche a impiegarle in modo da trarne un vantaggio competitivo.
Stimolare l’innovazione e le imprese assicurando maggiori fondi specialmente alle Pmi e adottando misure pratiche per incoraggiare la creazione di nuove imprese.
Abbattere le barriere alla libera concorrenza.
Mettere in pratica quanto si è promesso, un imperativo rivolto al mondo politico che deve diventare un utilizzatore dell’Ict con progetti di e-gov ma anche diventando un acquirente intelligente che privilegia i fornitori che usa l’Ict per fornire progetti innovativi con un buon rapporto qualità/prezzo. Il motto dovrebbe essere leading by example.
Incoraggiare un R&S più efficace, privilegiando la ricerca applicata, sponsorizzando progetti pilota, sostenendo partnership pubblico-privato che permettano alle Pmi di accedere ai risultati prodotti nell’ambito della ricerca.

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