I progetti in corso descrivono la fisionomia del Cko

Il Chief knowledge officer potrebbe diventare la figura di punta delle imprese. La funzione, infatti, sovrintende il processo di trasformazione della conoscenza organizzativa, cioè la risorsa più preziosa per il business. Due testimonianze lo confermano

Come riconoscere il Cko, le sue competenze e il ruolo che svolge
all’interno dell’organizzazione? Rispondere non è facile, perché il
Km, come si dice in gergo, è “cross” su tutte le funzioni aziendali.
Come riconoscerlo, dunque? In senso stretto, il Cko è colui che
gestisce i progetti che attengono la conoscenza, anche solo di un
dipartimento aziendale. Tra le sue competenze ce ne sono di
comportamentali e di professionali: deve essere persona socievole,
disponibile, che tesse trame di collaborazione tra le unità aziendali
creando oggetti per la condivisione della conoscenza e che
padroneggiando l’inglese e le tecnologie Internet, sovrintende alle
attività di knowledge architecture.
Ma l’esperienza fa capire che nelle organizzazioni esistono anche dei
“quasi-Cko”, che lavorano in parte, o senza che sia formalizzato, su
progetti di Km. Questi sono persone puntuali, in grado di dare
concretezza all’azione grazie a capacità di analisi e sintesi, e che
magari sono stati ricercatori universitari in intelligenza
artificiale e scienze cognitive, consulenti per la progettazione del
sistema di Km del centro di ricerca di una società multinazionale, o
senior consultant presso una società di consulenza aziendale per
soluzioni di e-learning, o, ancora, manager dei servizi professionali
di una multinazionale.
Cosa fanno i Cko, lo dicono loro stessi: “È da settembre del ’97 che
sono responsabile della funzione interna di Km
“, dichiara Antonella
Padova
, Cko di Cap Gemini Ernst & Young. In particolare, le
responsabilità del team di Km coordinato da Padova sono l’attività di
definizione e implementazione della architettura di Km, in linea con
le strategie della corporation; la definizione dell’architettura
applicativa del portale e la sua integrazione con la intranet
mondiale; il disegno e l’implementazione del sito della funzione Km e
dei siti delle business unit; la ricerca di informazioni con gestione
del correlato database; la definizione del processo di raccolta della
documentazione di progetto e degli oggetti sottoponibili al Km.
Secondo Dario Albertini, Cko di AstraZeneca, in forza ai sistemi
informativi, integrazione e comunicazione sono i presupposti per fare
del Km un asset competitivo. “Integrazione – dice Albertini – perché
i repository e le applicazioni sono frammentati. Dalle cartelle
condivise in rete, alle mailbox, ai dischi fissi dei pc, agli
strumenti di datawarehouse, alle applicazioni dipartimentali,
esistono patrimoni di conoscenza disseminati nell’architettura It e
bagagli di esperienze individuali continuamente a rischio
dispersione. La comunicazione è basilare, perché il concetto di
learning organization non resti uno schema, ma possa essere applicato
alla diffusione della conoscenza nel rispetto delle policy aziendali,
ma non ripercorrendo solo l’asse delle gerarchie
“.
Partendo da queste riflessioni, la direzione sistemi informativi di
AstraZeneca ha disegnato un progetto per implementare un sistema di
gestione della conoscenza che integra strumenti di collaboration e
gestione documentale. Progetto che ha mosso i primi passi alla fine
del 2002 e che oggi vede AstraZeneca impegnata nella creazione di un
ambiente collaborativo interfunzionale dal quale ciascuna area possa
accedere a spazi di condivisione e gestione progetti. Essere un Cko,
insomma, indipendentemente dal posto che si occupa nella gerarchia
aziendale, secondo Albertini “comporta il farsi conoscere, nella
realtà in cui si opera, come persona collaborativa e propositiva. Non
fare ciò, significherebbe limitare il ruolo a un job title spesso
incompreso e il knowledge management a pura teoria
“.

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