Ancora lungo il cammino del content management. Ma le premesse ci sono

I rapporti che provengono dal mondo dell’utenza raccontano di un forte interesse attorno alle piattaforme di gestione dei contenuti, anche se, per ora, stentano a sostituire le soluzioni fatte in casa. In questo senso, l’Ecm può essere visto come la nuova frontiera dell’integrazione.

La gestione dei contenuti d’impresa, conosciuta anche come Ecm (Enterprise content management) dovrebbe essere annoverata nella schiera delle “soluzioni finali” nel campo dell’It applicata al business. Così dicono, almeno, le opinioni dei grandi utenti raccolte da Forrester Research nel corso di quest’anno. Utenti che hanno la necessità di integrare i dati strutturati delle proprie aziende, come i documenti di testo e le tabelle di database, con quelli destrutturati, provenienti da pagine Web o di taglio multimediale.


E l’idea che le esigenze integrative siano reali è confermato dal fatto che molte delle aziende sentite da Forrester, più della metà, hanno già cominciato a gestire i contenuti con soluzioni fatte in casa, prevenendo, in un certo senso, il mercato. Ne consegue che le offerte dei vendor in tema di Ecm devono vincere due rivali: l’umana diffidenza nei confronti della novità e “qualcosa di già esistente”, che ha cercato, perlopiù di creare lo spazio per un perno referenziale dell’azienda. Da qui, probabilmente, deve partire il discorso che i vendor di soluzioni Ecm vorranno intavolare con le aziende potenziali utenti, innescando un meccanismo di virtuoso aggiornamento, che tenga cioè presente quello che ormai è un assioma dell’It: non si butta via niente che di buono sia già stato fatto.

Un lavoro draconiano


La circostanza di mercato è che, in sintesi, la gestione integrata dei contenuti, cioè mediante una suite, è realmente difficile. Perché difficoltoso è, soprattutto, “mettere sotto software” e integrare quanto pertiene le conoscenze dei tool Web, la pretta gestione documentale, le pratiche di lavoro collaborativo, l’automatizzazione dei processi e la specializzazione verticale per ambiti di operazione (cioè le industry).


Nulla di sconvolgente, quindi, nel fatto che le aziende utenti, in prima persona, abbiano iniziato a gestirsi i contenuti da sole, giacché sono le migliori conoscitrici di se stesse.


Ciò, in maniera poco paradossale, apre anche uno spiraglio per i vendor di Ecm. Questi, infatti, potranno sfruttare il fatto che le aziende abbiano, ovviamente, iniziato a lavorare alla creazione di un motore referenziale centrale, per proporre (che vuol dire integrare) la propria soluzione ottimizzata.


In sostanza, i fornitori di tecnologia dovrebbero abbandonare l’idea di sostituirsi alle aziende clienti nella parte di gestione che pertiene strettamente alle pratiche operative (ogni azienda ha la propria) e proporre un meta-modello di gestione dei dati. Che fa rima con gestione universale dei metadati. Proprio questo, come emerge se si osa una lettura fra le righe del rapporto di Forrester, dovrebbero attendersi gli utenti dai vendor di soluzioni integrate di Ecm. Ovvero, la chiave per rendere tutte le informazioni aziendali sotto forma di metadato. Che poi è l’anticamera per fare analisi di business.


Il tutto porta a non poter individuare un leader per questo mercato, per quanto ciò possa costituire un interessante riferimento per le aziende. Piuttosto, richiama sul terreno di operazioni tutti i tradizionali big vendor. Il che fa ben sperare gli utenti, perché “big vendor” uguale standard di mercato, quindi garanzia di non dover cestinare quanto fatto finora. Anche sin dai tempi della “semplice” Ged, la Gestione elettronica dei documenti. Il cuore dell’Ecm, insomma, è antico.

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