Secondo il Centro studi di Confindustria “stabilire il reale ammontare degli incentivi alle imprese è un vero e proprio rebus” in quanto ben cinque fonti ufficiali forniscono numeri tra loro molto diversi.
Sono arrivati meno di 3 miliardi di incentivi pubblici
alle imprese industriali italiane a fronte di una spesa di quasi 35 miliardi di euro.
Lo sostiene il Centro studi di Confindustria secondo il quale “stabilire il reale
ammontare degli incentivi alle imprese è un vero e proprio rebus”. Esistono, infatti, ben cinque fonti
ufficiali che forniscono numeri tra loro molto diversi, perché rispondono a finalità differenti.
Dal conto economico della pubblica amministrazione risultano contributi totali alle imprese per 34,6 miliardi nel 2010, si legge nel dossier, ma “il termine impresa è in realtà
un’etichetta residuale, che include anche soggetti che nulla
hanno a che fare con un’attività imprenditoriale con fini di
lucro (Consob, Enav, scuole e università private,
municipalizzate)” e che vede quindi “la quasi totalità di questi
soldi del contribuente coprire parte dei costi di produzione di
servizi di pubblica utilità“.
In realtà, alle autentiche imprese, arriverebbero
incentivi per 4,5 miliardi. La stima è della Commissione europea, che prende in
considerazione le somme erogate legge per legge e finanziate con risorse nazionali e secondo
la quale le aziende industriali beneficiano di 3 miliardi.
Ma se si considerano solo l’industria in
senso stretto e i servizi alla produzione, l’osservatorio Met indica 2,7 miliardi pagati, compresi i
fondi comunitari.
La
Commissione
europea che ha il compito di assicurare che gli incentivi non alterino il mercato comunitario, e che quindi cerca di
armonizzare al massimo le statistiche, quantifica in 0,3 punti del Pil (4,5
miliardi di euro) gli aiuti considerati di Stato in Italia, contro lo 0,6% del Pil in Germania (15,9
miliardi), lo 0,8% in Francia (15,4 miliardi) e lo 0,6% nella media Ue (73,7 miliardi). Una
somma non lontana dai 5,1 miliardi valutati dal Ministero per lo Sviluppo economico
(Mise) nei suoi rapporti annuali.
L’analisi attenta del conto della Pa e della cassa dello Stato suggerisce che l’ammontare effettivo degli incentivi alle
imprese sia molto vicino ai 4,5 miliardi indicati dalla Commissione europea.
L’ammontare indicato dalla Commissione non è molto inferiore a quello
del Mise che lo quantifica in 5,1 i miliardi; la differenza è spiegata interamente
dall’inclusione dei fondi comunitari, degli interventi inferiori ai 200 mila euro per impresa e
di alcune misure generali. Dei 4,5 miliardi della Commissione alle imprese industriali
arrivano circa 3 miliardi. Un numero che non è molto lontano dai 2,7 miliardi computati
dal Met per l’industria in senso stretto e i servizi alla produzione. La differenza tra i due
dati, oltre che alla non perfetta coincidenza del settore di riferimento (l’industria per la Commissione europea e
l’industria in senso stretto e i servizi alla produzione per il Met), è
riconducibile alle garanzie concesse (incluse nelle stime della Commissione europea ma non in
quelle del Met) e ai fondi Ue (considerati dal Met ma non dalla Commissione).
Se 3 miliardi di incentivi all’industria
italiana possono apparire una cifra elevata in tempi di grave crisi e di drastico
risanamento dei conti pubblici, secondo Confindustria “va ricordato
che rappresentano una frazione di quanto
erogato nei Paesi con i quali il settore manifatturiero italiano compete e trovano giustificazione
scientifica nel promuovere le esternalità positive di alcune attività svolte dalle imprese,
come quelle rivolte alla ricerca, all’innovazione e alla formazione, con benefiche ricadute dirette
e indirette per tutta la comunità“. Inoltre, sostiene Confindustria, non è immaginabile penalizzare ulteriormente l’industria
italiana (sebbene i ritardi dei pagamenti e la perenzione dei fondi lo stiano già
facendo) quando tutti i maggiori paesi, avanzati ed emergenti, stanno puntando con decisione
sulla rinascita del manifatturiero come leva per uscire in modo sostenibile dalla crisi,
potenziando e ampliando gli interventi di politica industriale.





