Volunia, la ricerca e il tunnel dei neutrini

Ovvero, di una ricerca che deve uscire da un tunnel. Comunicativo.

Ha un retrogusto amaro l’abbandono, annunciato la scorsa settimana, di Massimo Marchiori del progetto Volunia.
Non per le implicazioni che sicuramente la vicenda avrà per le parti in causa.
Sicuramente ci sarà chi interverrà a tutelare e salvaguardare per lo meno gli aspetti giuridici della questione.
E nemmeno per la retorica del “sogno italiano”, perché nessuno, crediamo, ha mai ragionevolmente creduto che Volunia potesse anche lontanamente surclassare Google.

L’amarezza è per il quadro che emerge, per lo meno leggendo la lettera scritta dallo stesso Marchiori a Il Sole 24 Ore e a Wired, sulla ricerca italiana.
Una ricerca che, ancora prima che di fondi appare priva di quella spinta etica che consiglierebbe di fuggire le passerelle prima di aver raggiunto il risultato e che non dovrebbe cercare il premio, sia esso economico o semplicemente la chiara fama, prima di avere la certezza di poggiare su basi solide.

Marchiori nella sua lettera parla di un progetto primario, incentrato sui metalivelli, improvvisamente soppiantato da un filone secondario di ricerca, probabilmente nemmeno funzionale all’impianto iniziale del lavoro.
In effetti, l’idea di un concorrente, anzi, di un rivale (perché piace il suono della sfida all’ultimo sangue) di Google tutto Made in Italy ha un effetto diverso rispetto a una più oscura, e sicuramente meno comprensibile, ricerca sui metalivelli.
Ma se l’appeal porta alla conquista della ribalta, l’effetto collaterale è la distrazione di risorse importanti per inseguire l’onda dei Tweet, o per farsi da essa travolgere.

Nei giorni scorsi, in occasione del 25esimo Congresso di Fisica nucleare a Kyoto, sono stati resi noti i risultati definitivi degli esperimenti condotti dal Cern di Ginevra sui neutrini: non viaggiano a una velocità superiore a quella della luce.
Della vicenda in Italia molto si parlò per una memorabile gaffe dell’allora ministro dell’Istruzione, anche se ciò che si andava propugnando aveva una portata ben maggiore di un tunnel scavato fino al Gran Sasso. I “ricercatori italiani”, così veniva riportato con enfasi, stavano riscrivendo l’impianto stesso della fisica, superando le teorie di Einstein.
Una scoperta che avrebbe rivoluzionato il mondo.
Avrebbe.
Se.

Oggi il tunnel dei neutrini è tornato nell’oblio e la ricerca sulla velocità delle particelle elementari è tornata nelle mani di chi sa di che si parla e di chi sa che non si rivoluziona il mondo con un titolo di giornale.
Sarebbe bello che accadesse altrettanto per i metalivelli di Marchiori, usciti dal tunnel di una inesistente competizione con Google.
Ma quest’ultima parte della storia è solo un periodo ipotetico di terzo tipo: quello dell’irrealtà.

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