Voglio un piano nazionale sulle comunicazioni mobili e uno sulle comunicazioni fisse. Se Caio non era ascoltabile, proviamo con Sempronio. Senza provocazioni delle Autorità, né rimbalzi sui media.
Seguendo la social-sphere italiana (termine appena coniato) è stato difficile non notare il diverso impatto che hanno avuto le relazioni dei Garanti della Privacy e delle Tlc, tenutesi a breve distanza l’una dall’altra.
In particolare, la relazione di Calabrò ha portato alla ribalta mediatica l’affermazione “reti mobili italiane al collasso con gli smartphone”. Io francamente mi chiedo quanto questa affermazione possa fare notizia, mentre osservo che è diventata “la” notizia, anche sui social media. E immagino che Calabrò sapesse esattamente cosa diceva e perché lo diceva.
Non-notizie alla ribalta
Chiunque operi nel settore dovrebbe sapere che le reti mobili, come collazione di sistemi non omogenei, non sono attrezzate per un forte traffico “multimediale”. Chiunque operi nel settore dovrebbe sapere che il tipo di traffico dei nuovi dispositivi ha messo in difficoltà molte reti, comprese quelle statunitensi. Non si capisce perché quella italiana dovrebbe essere esente da questi problemi, a parità di condizioni, beninteso. E ci sarebbe molto da sottolineare, per esempio sul tethering, ma non è questa la sede.
Una non-notizia dovrebbe, a mio avviso, essere evitata dagli intermediatori di notizie. Eppure è successo il contrario, e in molti hanno rimbalzato la citazione delle parole di Calabrò. Rimango perplesso.
D’altro canto, della relazione di Pizzetti, i media avevano inteso principalmente i commenti al ddl intercettazioni. Il Garante della Privacy aveva sottolineato con equilibrio che oggi si pubblicano senza regole, ed è uno sbilanciamento verso la libertà di stampa, mentre con il ddl si potrebbe pubblicare molto poco, con uno sbilanciamento a favore della riservatezza.
E’ questo il “bilico” al quale facevo riferimento nella mia cronaca della presentazione della Relazione. Mi è parso che nella Relazione di Pizzetti non ci fossero provocazioni a carattere forte. Ovviamente alcuni media, nel riferire, hanno preso solo il lato più conveniente dell’affermazione, sbilanciando l’equilibrio per dimostrare loro teoremi politici e generando una non-notizia. Ma quello è cattivo giornalismo che generalmente resta confinato all’interno di gruppi di ridotte dimensioni.
Demi-mondaine alla ribalta
L’importanza del gruppo di ridotte dimensioni è una delle conseguenze del web 2.0. In sé è una valorizzazione, ma per funzionare dev’essere inserito in un ecosistema ricco di gruppi: senza questa ricchezza, può portare ad aberrazioni.
Ovunque nel mondo la socialsphere è prevalentemente una collazione di démi-mondes che si frequentano occasionalmente con la speranza di ampliare il numero di seguaci. Al di là del garbo della lingua francese, restata nella diplomazia internazionale per la sua capacità di imprecisione, il termine demi-monde è tutt’altro che cortese, in quanto fa riferimento alle demi-mondaines, le prostitute d’alto bordo che improvvisamente, nella Francia di fine XIX secolo, trovano spazio nei salotti e anche sulla stampa, per poi dileguarsi qualche decennio più tardi.
La socialsphere italiana ha un problema in più: è composta da un numero limitato di gruppuscoli, un vincolo che in alcuni casi amplifica l’effetto di rimbalzo del parere di un presunto guru-popolo.
La frammentazione dell’informazione, togliendo potere a radio, TV e carta stampata, ha in qualche modo ridotto le dimensioni dei gruppi sociali di riferimento del singolo “medium” anche tradizionale. E’ un fenomeno ben noto: per fare un paragone irriguardoso, anche la Borsa italiana soffre dello stesso problema rispetto alle più ampie Francoforte e Parigi, per tacer di Londra.
Quindi in alcuni casi informazioni non corrette rimbalzano sulla socialsphere italiana senza confondersi nel rumore di fondo, diventando vox populi una verità incontestabile. E’ quello che mi sembra sia accaduto con quel concetto espresso da Calabrò e non posso pensare che non si sapesse che sarebbe stata al centro dell’attenzione.
Non provocare, agisci
Calabrò ha espresso alcuni pareri forti. Maria Teresa della Mura, commentandone la Relazione, ha sottolineato l’aspetto provocatorio dell’affermazione. E questo aspetto, mediaticamente, ha coperto tutto il resto. Inoltre a me, in questo contesto, la provocazione sembra una pilatesca non-assunzione di responsabilità, del tipo “io l’avevo detto”. Sembra di risentire la frase storica ed autocritica di un film di grande successo: “volevamo cambiare il mondo, ma non ce l’hanno permesso”.
Mi si dirà che non è quello il ruolo di un’Agenzia. Può anche essere, ma a me quella frase non né piaciuta. E chiedo azioni dirette, alle quali gli operatori debbano collaborare per buonsenso o per legge: non parole, ma fatti.





