Pa, gli Innovatori fanno scuola

Il gruppo di Innovatori in passato isolati come ribelli è ora visto con benevolenza. Il barcamp dedicato alla Pa ha di fatto sancito un’altra tappa della marcia, perché per sua natura l’Innovatore va oltre

Anche quest’anno il Barcamp gli Innovatori tenutosi al Forum della Pa è stato un’esperienza particolarmente stimolante. Stavolta le sessioni della mattina hanno adottato il formato Ignite, ovvero 20 slide per 15 secondi ciascuna, quindi soli 5 minuti a presentazione. In sé il formato non è adattabile a tutti gli argomenti, ma il risultato è stato più che buono, ad sottolineare la grande voglia di fare che continua ad animare questo gruppo di persone. I vari soggetti sono stati approfonditi nei tavoli tematici del pomeriggio.
Certamente l’edizione 2010 è stata diversa da quella passata. Valutando in generale i commenti in giro durante il Forum, quest’anno per gli Innovatori c’è stato un importante cambiamento nella percezione pubblica. Se l’anno scorso erano percepiti quasi come degli esibizionisti da evitare, quest’anno hanno raccolto consenso come gruppo di riferimento da seguire ed ascoltare. “La comunità degli Innovatori ha superato i duemila iscritti”, ha detto Salvatore Marras del Formez, uno degli organizzatori; “questo dato mi sembra indichi un bisogno nello scambio di esperienze”.
L’Italia ha bisogno di un cambiamento, di un’adesione al paradigma digitale che certo deve avvenire nelle Pmi, ma ancora di più nella Pa. E’ proprio la Pa la killer application che può portare di nuovo il talento italiano in alto in Europa e nel mondo: mi rendo conto che si tratta di un’affermazione a confezione retorica, ma personalmente sono convinto che il social network delle Pa, partendo da agglomerazioni locali, possa dare risultati inaspettati, come suggerisce da tempo la vulcanica Flavia Marzano.
Bisogna comunque accettare che i cambiamenti non si attivano mai per grazia divina, né solo dall’alto delle leggi, né dal basso del volontariato “sociale”, ma dal bassissimo di ciascuno di noi. E’ quanto hanno fatto alcuni anni fa proprio gli Innovatori, che hanno sgomitato per fare ciò che era possibile fare solo con la follia della passione, spesso rischiando la carriera e talvolta anche perdendo la partita.

Gruppo di riferimento
“Oggi l’Italia non ha soldi in generale, tanto meno per l’innovazione nella Pa”, dice Gigi Cogo, storico ed esaltante animatore della comunità italiana di tecnologi pubblici, “eppure qualcosa possiamo fare”. La sua proposta è di sfruttare competenze e socialità di questo gruppo navigato per porsi come interlocutori privilegiati di Brunetta e Dal Co’ al momento di valutare alternative di orientamento.
Si tratta di un’assunzione di responsabilità piuttosto interessante, da valutare con attenzione ma che apparentemente offre tutte le garanzie necessarie: competenza, entusiasmo e disponibilità.
Sul piano della competenza c’è però necessità di operare un distinguo. La strada verso il rinnovamento digitale, sociale e democratico che molte Amministrazioni stanno intraprendendo qui e là è lastricata di questioni tecniche. Per dirne una, la scorsa settimana il coraggioso tentativo di Nova di parlare di Open Data in prima pagina ha suscitato più d’una perplessità per il linguaggio, definito troppo tecnico. Non è obiettivo di queste righe discutere l’effettiva priorità da dare alla pubblicazione dei dati delle amministrazioni nello sviluppo di una socialità più partecipata, ma lo spunto è importante per ribadire una realtà della tecnologia: qualsiasi avanzamento è difficile da digerire. So di dire cose banali, ma mi sembra il caso di ripeterle. Se un concetto appare troppo tecnico, può darsi anche che non sia stato espresso al meglio. Però tecnica e cambiamento condividono la richiesta d’uno sforzo che non tutti vogliono o possono fare.
Chi comunica dovrà tornare sull’argomento con un taglio e un’attenzione diversi; chi legge dovrebbe avere la disponibilità di farsi spiegare le cose complesse, avendo fiducia nella scelta e nelle persone che l’hanno operata.

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