Come scegliere il giusto display

I monitor LCD sono dispositivi difficili da scegliere. Sembrano tutti uguali, ma i prezzi variano bruscamente anche a parità di pollici e risoluzione, specie quando si ricerca fedeltà nei colori. Facciamo il punto su questa tecnologia ormai matura.

Ottobre 2009 Che produrre un monitor LCD non sia un’operazione
costosa per una multinazionale orientale lo testimoniano le brusche oscillazioni
nei prezzi dei pannelli. Oggi anche la maggior parte dei monitor per uso office
è wide, in formato 16:10, con una risoluzione fino a 1.920×1.200 pixel
e prezzi che si aggirano sui 200 euro, ma ci sono stati mesi in cui i ribassi
sono stati ancora più consistenti.
In questa atmosfera da “grande svendita promozionale” permanente,
la tentazione è quella di lasciarsi sedurre dalle offerte speciali dimenticando
le reali esigenze della postazione di lavoro che si vuole creare.

Capita così di acquistare per il fotoritocco e l’impaginazione
schermi con forti limiti nella gamma cromatica, o di dedicare a Word pannelli
con uno stratosferico rapporto di contrasto, causando non pochi fastidi dopo
lunghe sessioni di attività.
La ragione è che per mantenere i prezzi bassi si riduce la scelta tra
i tipi di pannelli disponibili, e si tendono a produrre più che altro
grandi quantità di schermi destinati all’home entertainment e alla
riproduzione di contenuti multimediali, che si vendono meglio garantendo maggiori
guadagni.

Non che le soluzioni specializzate siano sparite dal mercato, ma è più
difficile trovarle e identificarne le caratteristiche. Inoltre la forbice di
prezzo tra prodotti di massa e monitor professionali è particolarmente
alta, tanto che a parità di pollici e risoluzione, un prodotto ben calibrabile
e adatto al CAD e alla grafica può costare facilmente dieci volte più
di uno schermo da supermercato.

In questo scenario diventa particolarmente importante operare scelte equilibrate,
valutando con cura le caratteristiche e bilanciando le reali esigenze con le
considerazioni di budget, senza dimenticare che spesso un buon monitor incide
sulla produttività della postazione di lavoro molto più delle
prestazioni del computer a cui è collegato.

Scegliere diagonale e risoluzione
Il primo quesito da porsi per comprare un monitor riguarda pollici e pixel.
Le dimensioni compatte anche dei più ampi pannelli LCD consigliano in
generale di acquistare il monitor più grande possibile, compatibilmente
con lo spazio a disposizione sulla scrivania. Conta però anche la densità
di pixel per unità di superficie, che se eccessiva può comportare
problemi di leggibilità a parità di distanza visiva.

Questo è vero soprattutto per le applicazioni di office automation,
mentre per il fotoritocco una densità elevata rappresenta il modo migliore
per apprezzare a colpo d’occhio il maggior numero possibile di dettagli
in una foto. Per la maggior parte delle applicazioni, comunque, una risoluzione
di 1.920×1.200 pixel non dovrebbe essere implementata su monitor al di sotto
dei 24 pollici, mentre i 1.680×1.050 pixel sono lo standard per un 22 pollici.
Scendendo di diagonale è opportuno scendere anche di risoluzione, fermo
restando che, salvo particolari esigenze di spazio, a parità di caratteristiche
è inutile risparmiare pochi euro per acquistare schermi da 17 pollici
mentre i 20 e oltre sono così a buon mercato.

Un discorso a parte lo merita il fattore di forma. Contrariamente a quanto
si può pensare i 4:3 non sono sul viale del tramonto, specie per chi
lavora. Se infatti il monitor non è dotato della funzione pivot, che
ne permette l’installazione con orientamento verticale, chi lavora sui
documenti non riuscirà a visualizzare in modo gradevole un intero A4
su uno schermo wide, a meno che non disponga di un pannello da oltre 24”.
Inoltre la maggior parte dei siti Web sono ancora a sviluppo verticale, e raramente
sfruttano gli schermi 16:10. Se quindi l’attività non comporta
la riproduzione frequente di contenuti multimediali in formato cinematografico,
un monitor da lavoro può essere acquistato senza problemi in formato
4:3.
 
La tecnologia del pannello
A partire dal sistema comune LCD TFT, esistono alcune diverse tecniche di realizzazione
dei pannelli che influiscono soprattutto sulla gamma cromatica e sull’angolo
di visuale. Quest’ultimo resta un parametro critico per i monitor LCD
più economici e per quelli a basso consumo sfruttati dai notebook, ed
è facilmente verificabile posizionandosi sopra e sotto un pannello acceso.
Se l’angolo di visuale è modesto si noterà un aumento della
luminosità guardando dall’alto in basso e un calo della stessa
guardando dal basso, accompagnato da una repentina degradazione dei colori.

La maggior parte dei pannelli economici sono di tipo TN, ovvero Twisted Nematic.
In questi pannelli i cristalli ruotano con angoli variabili per bloccare o consentire
il passaggio della luce.

I pannelli TN sono quelli più affetti da limiti nell’angolo di
visuale, ai quali i produttori ovviano applicando speciali pellicole alla copertura
esterna dello schermo. Altro limite dei pannelli TN riguarda la resa del colore,
spesso limitata nel numero di sfumature realmente disponibili e nella possibilità
di calibrazione. Per contro i TN offrono tempi di risposta fulminei, adatti
a scene in rapido movimento e videogiochi.

I pannelli di tipo IPS (In-Plane Switching) rappresentano un notevole passo
avanti rispetto ai TN per quanto riguarda la resa cromatica e l’angolo
di visuale. Richiedono però l’adozione di due transistor per ogni
pixel, rendendo necessarie lampade di retroilluminazione particolarmente potenti.
Per questo i pannelli IPS vengono generalmente realizzati su grandi formati,
da 24” in su, e sono molto costosi. Le implementazioni attuali di questa
tecnologia hanno risolto i problemi di tempo di risposta che affliggevano le
prime generazioni. Le migliori soluzioni per la grafica professionale e il ritocco
fotografico sono basate su pannelli IPS.

La tecnologia VA (Vertical Alignment), nelle varianti MVA, più economica,
e PVA, più performante, usa cristalli liquidi che restano naturalmente
in posizione verticale, senza bisogno di aggiungere transistor, con conseguenti
benefici in termini di costi e consumi energetici. Si posizionano a metà
strada tra TN e IPS in termini di costi e prestazioni e offrono un ottimo compromesso
per tutti i campi di applicazione, garantendo anche tempi di risposta abbastanza
rapidi e angoli di visuale fino a 180°.
Le implementazioni più raffinate, come quella denominata PVA e introdotta
per la prima volta da Samsung, possono comunque raggiungere costi elevati ma
offrono veri record nel rapporto di contrasto.

Contrasto dinamico e luminosità
La luminosità di uno schermo LCD viene indicata nelle caratteristiche
tecniche in candele al metro quadro. Il dato offre però solo un’informazione
indicativa dell’efficienza delle lampade adottate per il funzionamento
dello schermo, mentre non dice nulla su altri parametri ben più importanti
che possono influenzare la qualità visiva.
Nessun pannello è infatti così scarsamente retroilluminato da
creare problemi usandolo a distanza ravvicinata all’interno di un ufficio,
mentre l’omogeneità della retroilluminazione e la possibilità
di variare con precisione la temperatura colore, possono fare la differenza.

Un sistema di retroilluminazione particolarmente potente consente però
di incrementare un parametro detto contrasto dinamico. Si tratta della misura
della differenza di intensità tra il nero assoluto misurato alla minima
luminosità e il bianco valutato con la retroilluminazione al massimo.

In questo modo si valuta la capacità estrema del display di sviluppare
immagini fortemente contrastate. Si tratta naturalmente di un da]to che ha valore
soprattutto per gli schermi dedicati all’home cinema, la cui qualità
si misura anche dal successo con cui riescono a riprodurre le scene più
scure anche in ambienti parzialmente illuminati.

Retroilluminazione fluorescente o a LED
Esistono due sistemi principali di retroilluminazione per gli schermi a cristalli
liquidi. La più diffusa è quella a scarica di gas, o fluorescente,
ormai ampiamente perfezionata e capace di garantire molta luce e una adeguata
omogeneità.
La diffusione dei nuovi sistemi di retroilluminazione a LED, però, non
porterà solo vantaggi in termini di consumi ridotti e design ultra sottile
dei pannelli, ma dovrebbe consentire un notevole ampliamento della gamma colori
visualizzata. Lo spazio colore consentito per uno schermo è infatti strettamente
dipendente dal tipo e dalla qualità della retroilluminazione adottata.

Le connessioni
Inutile dire che maggiore è il numero e la varietà delle connessioni
presenti sul retro del monitor, maggiore sarà la versatilità e
la longevità della periferica. Al classico spinotto multipolare D-Sub
del connettore VGA, che opera come un sistema analogico in cui il segnale è
separato nei tre componenti di colore, oggi si sostituisce appena possibile
una connessione digitale.

Queste offrono maggiore qualità per i colori e nitidezza assoluta, inoltre
sono immuni alle interferenze e non possono avere problemi di sincronizzazione
della frequenza di refresh. La più diffusa tra i monitor è il
DVI, che assicura la massima precisione del segnale video e una qualità
del risultato non raggiungibile con la classica VGA.
Purtroppo esistono ancora monitor economici e destinati agli uffici che non
dispongono di questa connessione, e anche molti notebook ne sono privi, più
che altro per le generose dimensioni del connettore che avrebbe un impatto negativo
sul design.

L’HDMI è il degno erede del sistema DVI per il trasporto del segnale
video digitale. È compatto come un USB e può trasportare anche
l’audio, qualora i dispositivi lo consentano. Inoltre è fatto apposta
per supportare i protocolli anticopia per i contenuti video protetti da diritto
d’autore.

La sua diffusione è già pervasiva per quanto riguarda i monitor
dedicati anche all’home entertainment. La sua ultima implementazione,
la 1.3, consente di trasportare quantità di dati ancora maggiori, che
si potrebbero tradurre in ulteriori sfumature di colore. A far concorrenza all’HDMI
nella gara per diventare la connessione video del futuro c’è poi
DisplayPort, che comincia a fare la sua comparsa su alcuni notebook business
e rari monitor all’avanguardia. Supporta una banda di oltre 10 Gbit per
secondo e scegliere un sistema che ne sia dotato potrebbe aumentarne la longevità.

LCD Tv e grandi schermi
Il grande
successo dei televisori LCD, che ha reso questa tecnologia di gran lunga la
preferita per l’home entertainment, ha portato a una certa “contaminazione”
anche del mercato dei monitor. Così non è infrequente trovare
display venduti come monitor ma dotati di sintonizzatore digitale terrestre,
presa antenna e telecomando. In qualche caso, specie se si tratta di modelli
recenti, la soluzione ibrida è abbastanza riuscita, ma più spesso
questi televisori da usare come monitor hanno tarature troppo orientate alla
visione cinematografica per poterci veramente lavorare per lunghe ore a distanza
ravvicinata. Talvolta la superficie di questi schermi è lucida per enfatizzare
la gamma dinamica, e genera fastidiosi riflessi. Esistono poi grandi pannelli,
da 30 fino a oltre 50 pollici, nati per i film ma sapientemente trasformati
in monitor per impieghi particolari, come presentazioni o sofisticate applicazioni
di editing video e rendering 3D. Hanno generalmente costi proibitivi e una modesta
densità di pixel, ma consentono risultati molto migliori di un comune
televisore LCD collegato al PC.

Un software per calibrare, anche gratis
Premesso che i monitor LCD presentano comunque dei limiti nella resa cromatica,
al punto che chi aveva bisogno di soluzioni di riferimento fino a poco tempo
fa si rivolgeva ancora a vecchi tubi catodici, la calibrazione è sempre
un processo utile per chi si occupa di grafica e fotografia digitale. Consiste
nel regolare il sistema affinché la resa cromatica sia quanto più
simile alla realtà o quanto più omogenea tra dispositivi diversi
che costituiscono una catena del colore: scanner, fotocamera, monitor e stampante.

La taratura fine del monitor non è però un processo facile da
portare a termine senza un adeguato supporto software, e richiede un display
che offra ampie possibilità di intervento sui singoli colori primari
e sulla temperatura colore. Esistono pacchetti software anche gratuiti, come
Screenfix, che aiutano a risolvere piccoli problemi di regolazione e spremere
dal proprio monitor le migliori prestazioni.

Le soluzioni di calibrazione ideale richiedono però il concorso di hardware
e software, con un “occhio” elettronico che costa poco più
di un centinaio di euro e si appoggia al monitor per leggere il colore e valutarne
lo scostamento. Windows, come gli altri sistemi operativi più diffusi,
consente di creare e gestire più profili colore da richiamare all’occorrenza.

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