Gli italiani e Internet: una scintilla che non scocca

L’esperienza dei primi 35 giorni di Codice Internet invita a riflettere su un rapporto che ancora non funziona.

A Milano si sta avviando alla conclusione “Codice Internet”, la manifestazione organizzata da Marco Montemagno e Marco Masieri.

35 giorni di incontri nella galleria Vittorio Emanuele, di fianco al Duomo, e due giorni di spettacolo al Teatro dell’Arte non sembrano avere raccolto un grande successo. L’incontro a teatro dedicato alle aziende e ai professionisti ha radunato una quarantina di persone, addetti lavori compresi. E lo show serale di spettatori, secondo quanto scritto sui blog, ne ha viste arrivare circa quattrocento. Anche in questo caso nutrita la presenza del mondo Internet.

Il problema non è però il successo o l’insuccesso della manifestazione, che proseguirà trovando probabilmente terreno più fertile in altre città. Alla coppia Montemagno-Masieri va dato atto di avere avuto un’idea e di averla realizzata.

Il problema è che probabilmente Internet in Italia fa fatica per un sacco di ragioni che vanno aldilà della ignoranza tecnologica degli italiani.

Proviamo a elencarle.
Internet è uno strumento di servizio (l’home banking, per esempio) ma è anche un consumo culturale. Vado in rete per leggere le ultime notizie, aggiornarmi sui miei interessi. Peccato che i consumi culturali in Italia non siano mai andati granché. Le vendite dei quotidiani oscillano fra 5 e 6 milioni di copie con un rapporto di 115 copie ogni mille abitanti contro le 624 del Giappone, le 245 dell’Irlanda e 155 copie della Francia. Non parliamo dell’acquisto di libri. Anche qui le classifiche ci piazzano in fondo. Questo significa che Internet per molti ha un’offerta che interessa poco.

L’Osservatorio sulla banda larga cita tra i maggiori ostacoli alla diffusione del broadband l’inutilità del servizio. Internet per molti è inutile.

Mancano i pc. Oltre 11 milioni di famiglie non hanno un pc in casa. Problema di soldi (quelli ad alto reddito di solito ce l’hanno) di mancanza di figli (sono una spinta all’acquisto di pc e Internet) e anche di digital divide (non lo compro perché poi non posso connettermi). E poi in molti ormai il pc e la connessione ce l’hanno già in ufficio. E quanti dicono “lavoro già tutto il giorno davanti al monitor figurati se lo voglio vedere anche a casa”.

Probabilmente dobbiamo rassegnarci un pezzo del Paese riesce a vivere benissimo senza la rete.

Il digital divide. Molti non possono collegarsi alla rete o almeno non possono farlo in condizioni ottimali. Già con la banda larga ogni tanto la pagina si pianta e passi un minuto ad aspettare che si carichi figuriamoci senza. Senza Internet è difficile collegarsi alla rete. Sempre l’Osservatorio indica la mancanza di copertura come il secondo fra i fattori che ostacolano lo sviluppo di Internet.

Internet in Italia costa. Secondo un’indagine di Altroconsumo “Per utenti con bassi tempi di navigazione mensile (10 ore al mese), l’Italia non offre le migliori soluzioni. Il provider italiano più conveniente costa il 120% in più della migliore tariffa europea, inoltre cinque Paesi ci precedono con offerte più allettanti. Per chi naviga 150 ore al mese (profilo alto), l’Italia ha la terza tariffa più economica per quanto riguarda la velocità standard, anche se il più conveniente operatore europeo (britannico) ci dimostra come si possa navigare con solo 7,70 euro al mese”.

Il carattere degli italiani. Sì, c’è anche questo e non può essere sottovalutato. A parte il fatto che il commercio elettronico viene considerato la laurea di Internet, ovvero ci si arriva dopo avere fatto esperienza in rete, siamo diffidenti. Più che non capire come si acquista online non ci fidiamo della foto del prodotto, di chi lo vende se non lo vediamo in faccia, non ci parliamo. In Italia le vendite per corrispondenza non hanno mai funzionato. Ricorda Edmondo Lucchi di Eurisko: “Questo è il Paese dove abbiamo sempre bisogno di un amico avvocato, medico o commercialista”.
Meglio fidarsi di chi si conosce.

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