Saranno centinaia di milioni di euro i fondi stanziati, nei prossimi anni, per far accettare agli enti locali il Piano di e-government varato dal ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca. Un piano che tocca tutti gli aspetti dello svilu …
Saranno centinaia di milioni di euro i fondi
stanziati, nei prossimi anni, per far accettare agli enti locali il Piano di
e-government varato dal ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio
Stanca.
Un piano che tocca tutti gli aspetti dello sviluppo del rapporto fra
istituzioni e cittadino per via telemativa: dalla rete unitaria, al
portale unico, dal documento elettronico alla formazione. Un progetto
che ci voleva. Ma, anche, un progetto che va calato su una realtà
disaggregata. E per farlo andare a buon fine, è necessario tener
presente la caratteristica “nucleare” della Pubblica amministrazione in
Italia. Ogni atto amministrativo, da noi, ha i connotati della “reazione a
catena”: non riguarda, quasi mai, un solo ente.
La triangolazione dei
rapporti fra soggetti amministrativi è la regola. In questo fenomeno, stando
ai principi dell’e-government, dovrebbero inserirsi, telematicamente,
tramite punti di accesso stabiliti, cittadini, imprese e, laddove sono
contemplati trasferimenti monetari, le banche. Si capisce che il meccanismo
è a delicato equilibrio e, se dovesse verificarsi un qualsivoglia
sfasamento, sarebbe destinato a ripercuotere gli effetti su tutto
l’ecosistema. Riguardo la precarietà d’equilibrio, si pensi allo stato
attuale dei rapporti fra le banche dati di due enti a caso: l’Inps e il
ministero delle Finanze. La percentuale di disallineamento delle
informazioni sullo stesso soggetto (il cittadino) è a due cifre. E abbiamo
citato due realtà pubbliche che in materia di It sono quelle che hanno
investito di più (lasciamo all’immaginazione stabilire cosa accade nei
piccoli comuni). Il fatto è proprio questo: un piano di e-government
indirizzato a creare isole tecnologiche non funzionerebbe, perché andrebbe
ad alimentare un disallineamento della Pa che porterebbe al fallimento della
missione.
E allo stesso modo, sarebbe un “suicidio” mettere i cittadini in
grado di interagire con la Pa senza prevedere la totale sicurezza delle
infrastrutture.
Tutti aspetti, questi, che il ministro Stanca conosce. Ecco
perché parte dalle cose, concordemente all’Aipa, ritenute semplici (tutto
sommato, non contemplando cioè il dibattito fra gli enti riguardante le
specifiche): la carta di identità elettronica. Obiettivo è raggiungere un
milione di certificati entro l’anno, e poi, approssimativamente, “4, 5, 6
milioni all’anno”. Ma l’e-government sostanziale, invece, dovrebbe avere il
compito di realizzare una matrice a cinque vettori che coniuga il tipo di
accesso alla qualità dei dati. Il primo si differenzia in accesso libero,
identificato, autenticato dall’ente, controllato (con Pki), non ripudiabile.
Il dato può essere: pubblico, a conoscibilità circoscritta, ai sensi
della legge 241 del 1990 su trasparenza e diritto di accesso, a uso
della sola Pa, sensibile. Un 5 per 5 complicato, è vero, ma queste sono
le cose da fare.





