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La UE infligge a Google 4,34 miliardi di euro di multa per Android

La Commissione europea ha inflitto a Google un’ammenda di 4.342.865.000 euro per violazione delle norme antitrust dell’UE.

Per Bruxelles è dal 2011che Google impone ai produttori di dispositivi Android e agli operatori di reti mobili restrizioni illegali, volte a consolidare la propria posizione dominante nel comparto delle ricerche generiche su Internet.

Secondo la comunicazione dell’Antitrust europea Google deve ora porre effettivamente un termine a tale condotta entro 90 giorni.

In caso contrario dovrà versare penalità che potranno arrivare fino al 5% del giro d’affari mondiale medio giornaliero di Alphabet, la società madre di Google.

Secondo la Commissione europea Google ha imposto ai produttori di preinstallare l’applicazione Google Search e il suo browser Chrome come condizione per la concessione della licenza relativa al portale di vendita di applicazioni di Google (Play Store); ha pagato alcuni grandi produttori e operatori di reti mobili affinché preinstallassero a titolo esclusivo l’applicazione Google Search sui loro dispositivi e ha impedito ai produttori che desideravano preinstallare le applicazioni Google di vendere anche un solo dispositivo mobile intelligente funzionante con versioni alternative di Android non approvate da Google (le cosiddette “Android forks“).

La strategia di Google per Android e l’indagine UE

Come osserva la Commissione europea in una lunga nota che riportiamo di seguito integralmente, Google ottiene la maggior parte delle proprie entrate dal suo prodotto di punta, il motore di ricerca Google Search.

L’impresa ha presto compreso che il passaggio dai computer desktop all’Internet mobile, cominciato a metà degli anni 2000, avrebbe rappresentato un cambiamento fondamentale per Google Search ed ha quindi messo a punto una strategia per anticipare gli effetti di tale cambiamento e far sì che gli utenti continuassero ad usare Google Search sui loro dispositivi mobili.

Nel 2005, Google ha acquistato la versione originale del sistema operativo Android per dispositivi mobili, che ha in seguito costantemente sviluppato. Oggi l’80% circa dei dispositivi mobili intelligenti in Europa e nel mondo utilizza Android.

Quando sviluppa una nuova versione di Android, Google pubblica il codice sorgente online, permettendo ai terzi, in linea teorica, di scaricare il codice e di modificarlo per creare versioni diverse di Android. Il codice sorgente di Android accessibile al pubblico copre le caratteristiche di base di un sistema operativo per dispositivi mobili intelligenti, ma non le applicazioni e i servizi Android di proprietà di Google.

I produttori di dispositivi che desiderano ottenere tali applicazioni e servizi devono stipulare un contratto con Google, nel quadro del quale Google impone alcune restrizioni. Google ha inoltre stipulato contratti – applicando alcune di queste restrizioni – con alcuni grandi operatori di reti mobili, i quali possono determinare quali applicazioni e servizi installare sui dispositivi venduti agli utenti finali.

La decisione della Commissione riguarda tre tipi specifici di restrizioni contrattuali che Google ha imposto ai produttori di dispositivi e agli operatori di reti mobili e che hanno permesso a Google di utilizzare Android come strumento per consolidare la posizione dominante del proprio motore di ricerca. In altri termini, la decisione della Commissione non riguarda il modello open source né il sistema operativo Android per se.

Posizione dominante di Google su Android

La decisione della Commissione conclude che Google occupa una posizione dominante sui mercati dei servizi di ricerca generica su Internet, dei sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti che possono essere concessi in licenza e dei portali di vendita di applicazioni per il sistema operativo Android.

Servizi di ricerca generica

Google detiene una posizione dominante sui mercati nazionali della ricerca generica su Internet in tutto lo Spazio economico europeo (SEE), vale a dire in tutti i 31 paesi del SEE. In gran parte degli Stati membri del SEE, Google detiene quote superiori al 90%. Tali mercati sono caratterizzati da notevoli barriere all’ingresso, come dimostra la conclusione della decisione Google Shopping del giugno 2017.

Sistemi operativi per dispositivi mobili che possono essere concessi in licenza

Essendo Android un sistema operativo per dispositivi mobili intelligenti che può essere concesso in licenza, i produttori terzi possono ottenere Android in licenza e utilizzarlo sui loro dispositivi.

Grazie al controllo che esercita su Android, Google detiene una posizione dominante sul mercato mondiale (eccezion fatta per la Cina) dei sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti che possono essere concessi in licenza, con una quota di mercato superiore al 95%. Tali mercati sono caratterizzati da notevoli barriere all’ingresso, dovute in parte ad effetti di rete: quanto più gli utenti utilizzano un sistema operativo per dispositivi mobili, tanto più gli sviluppatori elaborano applicazioni per questo sistema, e ciò a sua volta attrae un numero maggiore di utenti. Inoltre, per sviluppare un sistema operativo per dispositivi mobili concedibile in licenza che abbia successo sono necessarie risorse ingenti.

In quanto sistema operativo che può essere concesso in licenza, Android si distingue dai sistemi operativi utilizzati esclusivamente da sviluppatori integrati verticalmente (come iOS Apple o Blackberry), che non fanno parte dello stesso mercato in quanto non possono essere concessi in licenza a produttori terzi.

La Commissione ha comunque svolto indagini per valutare in che misura la concorrenza per gli utenti finali (a valle), in particolare tra i dispositivi Apple e Android, potesse limitare indirettamente il potere di mercato di Google per quanto riguarda la concessione di Android in licenza ai produttori di dispositivi (a monte), concludendo che questo tipo di concorrenza non limita in misura sufficiente Google a monte, per una serie di ragioni, tra le quali:

  •          il fatto che le decisioni di acquisto degli utilizzatori finali sono influenzate da una serie di fattori (quali le caratteristiche degli hardware e la marca dei dispositivi), che sono indipendenti dal sistema operativo mobile;
  •          il fatto che i dispositivi Apple sono solitamente più onerosi dei dispositivi Android e che pertanto possono non risultare accessibili ad un’ampia porzione della base di utenti dei dispositivi Android;
  •          il fatto che gli utenti dei dispositivi Android che decidono di passare ai dispositivi Apple devono sostenere costi di trasferimento, consistenti ad esempio nella perdita di applicazioni, dati e contatti, oltre che dover imparare a utilizzare un nuovo sistema operativo e
  •          il fatto che anche se gli utenti finali decidono di passare da un dispositivo Android ad un dispositivo Apple, gli effetti sulle attività principali di Google sono limitati in quanto Google Search è il motore di ricerca di default dei dispositivi Apple ed è quindi probabile che gli utenti Apple continuino ad utilizzare Google Search per le loro ricerche.

Portali di vendita di applicazioni per il sistema operativo Android per dispositivi mobili

Google detiene una posizione dominante sul mercato mondiale (eccezion fatta per la Cina) dei portali di vendita di applicazioni per il sistema operativo Android per dispositivi mobili. Da Play Store, il portale di vendita di applicazioni di Google, proviene oltre il 90% delle applicazioni scaricate sui dispositivi Android. Anche questo mercato è caratterizzato da notevoli barriere all’ingresso. Per ragioni analoghe a quelle già elencate, la posizione dominante del portale di vendita di applicazioni di Google non viene minacciata dal portale di vendita di applicazioni di Apple, che è disponibile soltanto sui dispositivi iOS.

Violazione delle norme antitrust dell’UE

Detenere una posizione dominante non è di per sé illegale ai sensi delle norme antitrust dell’UE. Tuttavia, le imprese dominanti hanno la particolare responsabilità di non abusare di tale potere limitando la concorrenza nel mercato in cui sono dominanti o in mercati distinti.

Google ha adottato tre distinti tipi di pratiche, tutti funzionali al consolidamento della propria posizione dominante nel comparto dei servizi di ricerca generica su Internet.

1) L’abbinamento illegale delle applicazioni Google relative alla ricerca e al browsing

Google offre ai produttori di dispositivi le sue applicazioni e i suoi servizi per dispositivi mobili nel quadro di un pacchetto che comprende Google Play Store, l’applicazione Google Search e il browser Google Chrome. Le condizioni di licenza di Google impediscono ai produttori di preinstallare alcune applicazioni, a differenza di altre.

Nel quadro dell’indagine della Commissione, i produttori di dispositivi hanno confermato che Play Store è un’applicazione imprescindibile, in quanto gli utenti si aspettano di trovarla preinstallata sui loro dispositivi (non fosse altro che per il motivo che essi non possono scaricarla legalmente).

Nella sua decisione, la Commissione conclude che Google ha proceduto a due tipi di abbinamenti illegali:

  •          in primo luogo, l’abbinamento dell’applicazione Google Search. Così facendo, Google è riuscita ad ottenere che l’applicazione Google Search venisse preinstallata su praticamente tutti i dispositivi Android venduti nel SEE. Le applicazioni di ricerca rappresentano un punto di ingresso importante per le ricerche sui dispositivi mobili. La Commissione ha concluso che la condotta che prevede tale abbinamento è illegale dal 2011, anno in cui Google ha conseguito una posizione dominante nel mercato dei portali di vendita di applicazioni per il sistema operativo Android per dispositivi mobili;
  •          in secondo luogo, l’abbinamento del browser Google Chrome. Di conseguenza, Google ha ottenuto che il proprio browser per dispositivi mobili venisse preinstallato praticamente su tutti i dispositivi Android venduti nel SEE. Anche i browser rappresentano un punto di ingresso importante per le ricerche sui dispositivi mobili e Google Search è il motore di ricerca di default di Google Chrome. La Commissione ha concluso che la condotta che prevede tale abbinamento è illegale dal 2012, anno a partire dal quale Google ha inserito il browser Chrome nel suo pacchetto di applicazioni.

La preinstallazione può determinare una preferenza per lo status quo. È infatti probabile che gli utenti che trovano applicazioni di ricerca e browsing preinstallate sui loro dispositivi non le cambino. Ad esempio, la Commissione ha rinvenuto elementi di prova che indicano che l’applicazione Google Search viene sistematicamente utilizzata con maggiore frequenza sui dispositivi Android, dove è preinstallata, rispetto ai dispositivi Windows Mobile, in cui gli utenti devono scaricarla. Tale dato dimostra inoltre che gli utenti non scaricano applicazioni concorrenti in quantitativi tali da annullare il significativo vantaggio commerciale rappresentato dalla preinstallazione. A titolo di esempio, nel 2016:

  •          sui dispositivi Android (con Google Search e Chrome preinstallati), oltre il 95% di tutte le ricerche è stato effettuato tramite Google Search e
  •          sui dispositivi Windows Mobile(con Google Search e Chrome non preinstallati), la percentuale di ricerche effettuate tramite Google Search è stata inferiore al 25%. Oltre il 75% delle ricerche è risultato effettuato tramite il motore di ricerca Bing di Microsoft, che viene preinstallato sui dispositivi Windows Mobile.

La pratica di Google ha quindi ridotto gli incentivi dei produttori a preinstallare applicazioni di ricerca e browsing concorrenti così come gli incentivi degli utenti a scaricare tali applicazioni. Ciò a sua volta ha ridotto la capacità dei concorrenti di competere in modo efficace con Google.

La Commissione ha inoltre esaminato attentamente le argomentazioni di Google secondo le quali l’abbinamento dell’applicazione Google Search con il browser Chrome era necessario, in particolare per permettere a Google di monetizzare il proprio investimento in Android, concludendo che sono in parte infondate. Google realizza ogni anno entrate per miliardi di dollari soltanto tramite Google Play Store oltre a raccogliere dai dispositivi Android masse significative di dati preziosi per le sue attività di ricerca e di pubblicità e avrebbe comunque beneficiato di un ingente flusso di entrate proveniente dalla pubblicità nei motori di ricerca anche senza le restrizioni.

2) Pagamenti illegali in cambio della preinstallazione di Google Search

Google ha concesso significativi incentivi finanziari ad alcuni dei maggiori produttori di dispositivi, nonché ad operatori di reti mobili, a condizione che installassero a titolo esclusivo Google Search sull’intera gamma dei loro dispositivi Android. Tale condotta ha danneggiato la concorrenza riducendo fortemente gli incentivi di tali produttori e operatori a preinstallare applicazioni di ricerca concorrenti.

L’indagine della Commissione ha dimostrato che un motore di ricerca concorrente non sarebbe stato in grado di compensare un produttore di dispositivi o un operatore di rete mobile per la perdita degli introiti provenienti dalla ridistribuzione delle entrate di Google, permettendogli di realizzare utili, poiché, anche se il motore di ricerca concorrente fosse stato preinstallato soltanto su alcuni dispositivi, questi avrebbero dovuto compensare il produttore del dispositivo o l’operatore di rete mobile per la perdita delle entrate provenienti da Google riguardanti tutti i dispositivi.

In linea con le recenti sentenze della Corte di giustizia dell’UE relative alla causa Intel la Commissione ha considerato, tra gli altri fattori, le condizioni alle quali sono stati concessi gli incentivi, il loro importo, la quota di mercato coperta dai relativi accordi e la durata di questi ultimi.

Alla luce di quanto precede, la Commissione ha ritenuto che tale condotta sia stata illegale nel periodo compreso tra il 2011 e il 2014. Nel 2013 (dopo che la Commissione aveva iniziato ad occuparsi della questione) Google ha iniziato a revocare gradualmente il requisito. La pratica illegale è effettivamente cessata a partire dal 2014.

La Commissione ha inoltre valutato in dettaglio le argomentazioni di Google secondo cui la concessione di incentivi finanziari per la preinstallazione a titolo esclusivo di Google Search in tutta la gamma di dispositivi Android era necessaria. A tale proposito, la Commissione ha respinto l’argomentazione di Google secondo cui i pagamenti concessi in cambio dell’esclusiva erano stati necessari per convincere i produttori di dispositivi e gli operatori di reti mobili a produrre dispositivi per l’ecosistema Android.

3) Ostruzione illecita dello sviluppo e della distribuzione di sistemi operativi Android concorrenti

Google ha impedito ai produttori di dispositivi di utilizzare le versioni alternative di Android non approvate da Google (Android forks). Per poter preinstallare sui propri dispositivi le applicazioni di proprietà di Google, i produttori hanno dovuto impegnarsi a non sviluppare o vendere nemmeno un dispositivo che utilizzasse una versione di Android non approvata da Google. La Commissione ha concluso che tale condotta è abusiva dal 2011, anno in cui Google ha raggiunto una posizione dominante nel mercato dei portali di vendita di applicazioni per il sistema operativo Android per dispositivi mobili.

Tale pratica ha notevolmente ridotto la possibilità di sviluppare e vendere dispositivi che utilizzano versioni di Android non approvate da Google. La Commissione ha ad esempio reperito elementi di prova che indicano che la condotta di Google ha impedito ad un certo numero di grandi produttori di sviluppare e vendere dispositivi basati su Fire OS, la versione Android sviluppata da Amazon.

In tal modo, Google ha inoltre bloccato un importante canale che avrebbe permesso ai suoi concorrenti di introdurre applicazioni e servizi, in particolare servizi di ricerca generica, preinstallabili sulle varianti Android. Pertanto, la condotta di Google ha avuto un impatto diretto sugli utenti, negando loro l’accesso a ulteriori innovazioni e a nuovi dispositivi mobili intelligenti basati su versioni alternative del sistema operativo Android. In altri termini, come conseguenza di tale pratica, è stata Google –  e non i consumatori, gli sviluppatori di applicazioni o il mercato – a determinare concretamente quali sistemi operativi avrebbero potuto affermarsi sul mercato.

La Commissione ha inoltre valutato in dettaglio le argomentazioni di Google secondo cui tali restrizioni erano necessarie per evitare una “frammentazione” dell’ecosistema Android, concludendo che esse sono in parte infondate. In primo luogo, Google avrebbe potuto fare in modo che i dispositivi Android che utilizzano le applicazioni e i servizi di proprietà di Google fossero conformi ai propri requisiti tecnici, senza impedire lo sviluppo di versioni alternative di Android. In secondo luogo, Google non ha fornito alcun elemento di prova attendibile che dimostrasse che le versioni alternative di Android avrebbero subito avarie tecniche o non sarebbero riuscite a sostenere alcune applicazioni.

Effetti delle pratiche illegali di Google

Nella sua decisione la Commissione conclude che i tre tipi di abusi hanno fatto parte di una strategia generale di Google volta a consolidare la propria posizione dominante nel settore della ricerca generica su Internet, in un periodo in cui l’importanza dell’Internet mobile stava aumentando in misura significativa.

In primo luogo, le pratiche di Google hanno negato ai motori di ricerca concorrenti la possibilità di competere in base ai propri meriti. Le pratiche di abbinamento hanno fatto in modo che il motore di ricerca e il browser di Google venissero preinstallati praticamente su tutti i dispositivi Android di Google, mentre i pagamenti in cambio dell’esclusività hanno fortemente ridotto l’incentivo a preinstallare motori di ricerca concorrenti. Google ha inoltre ostacolato lo sviluppo delle versioni alternative di Android, che avrebbero potuto costituire una piattaforma grazie alla quale i motori di ricerca concorrenti avrebbero potuto guadagnare terreno. La strategia di Google ha inoltre impedito ai motori di ricerca rivali di raccogliere più dati dai dispositivi mobili intelligenti, tra cui i dati relativi alla ricerca e alla localizzazione dei dispositivi mobili, ovverosia informazioni che hanno aiutato Google a consolidare la propria posizione dominante come motore di ricerca.

Inoltre, le pratiche di Google hanno danneggiato la concorrenza e la ricerca di ulteriori innovazioni nel più ampio contesto dei dispositivi mobili, al di là delle semplici ricerche su Internet, avendo impedito ad altri browser per dispositivi mobili di competere efficacemente con il browser preinstallato Google Chrome. Infine, Google ha ostacolato lo sviluppo delle versioni di Android non autorizzate da Google, che avrebbero potuto costituire una piattaforma in grado di stimolare l’attività di altri sviluppatori di applicazioni.

Conseguenze della decisione di Bruxelles

L’ammenda di 4.342.865.000 euro inflitta dalla Commissione tiene conto della durata e della gravità dell’infrazione.

Conformemente agli orientamenti della Commissione per il calcolo delle ammende del 2006, l’ammenda è stata calcolata sulla base del valore delle entrate di Google provenienti dai servizi di pubblicità sui motori di ricerca realizzate su dispositivi Android nel SEE.

La decisione della Commissione impone a Google di porre un termine effettivo alla sua condotta illegale entro 90 giorni dalla data della decisione.

Come minimo, Google deve interrompere e impegnarsi a non riprendere nessuno dei tre tipi di pratiche. La decisione impone inoltre a Google di astenersi dall’adottare qualsiasi misura avente obiettivi o effetti corrispondenti o equivalenti a quelli di tali pratiche.

La decisione non impedisce a Google di istituire un sistema ragionevole, equo e oggettivo per garantire il funzionamento corretto dei dispositivi Android che utilizzano applicazioni e servizi di proprietà di Google, senza tuttavia limitare la libertà dei produttori dei dispositivi di produrre dispositivi basati su versioni alternative di Android.

La responsabilità di garantire il rispetto della decisione della Commissione spetta esclusivamente a Google. La Commissione monitorerà attentamente il rispetto della decisione da parte di Google, la quale è tenuta ad informare la Commissione in merito alle modalità con cui intende ottemperare ai propri obblighi.

In caso di mancato rispetto della decisione della Commissione, Google sarebbe tenuta a versare penalità che potranno arrivare fino al 5% del giro d’affari mondiale medio giornaliero di Alphabet, la società madre di Google. La Commissione dovrebbe determinare l’eventuale inadempienza in una decisione separata, facendo scattare l’obbligo di pagamento dalla data in cui l’inadempienza ha preso inizio.

Infine, Google è inoltre suscettibile di essere oggetto di azioni civili di risarcimento di danni che possono essere intentate davanti alle autorità giurisdizionali degli Stati membri da ogni persona o impresa lesa dal suo comportamento anticoncorrenziale.

Oltre Android, altri casi relativi a Google

Nel giugno 2017 la Commissione ha inflitto a Google una multa di 2,42 miliardi di € per aver abusato della posizione dominante del proprio motore di ricerca, concedendo un vantaggio illegale al proprio servizio di acquisto comparativo. La Commissione sta attivamente monitorando il rispetto di Google di tale decisione.

La Commissione continua inoltre a condurre indagini sulle restrizioni che Google ha posto sulla capacità di alcuni siti web terzi di visualizzare nei motori di ricerca i messaggi pubblicitari dei concorrenti di Google (caso AdSense).

Nel luglio 2016 la Commissione è giunta alla conclusione preliminare che Google avesse abusato della sua posizione dominante in un caso riguardante AdSense.

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