Vision e realtà scelte per la “It Way” dell’e-business

Le motivazioni, le idee e l’etica di un gruppo di pionieri del settore, che ha fatto da guida alla crescita delle imprese nel mondo Internet e che oggi ricopre un ruolo chiave in Italia

Quale via percorre l’Information Technology nella sua evoluzione? Per chi arriva “dopo” la questione non si pone, ma per chi vuole cavalcare l’onda dell’innovazione sul mercato è necessario avere una cosa: quella che gli americani chiamano “vision”.


Questo è, e sarà, l’elemento fondante per portare al successo un prodotto, una tecnologia o un’impresa. In questo senso, significativo è il caso di It Way, distributore a valore aggiunto specializzato in soft-ware per l’e-business, nato in una data famosa, il 4 luglio (festa dell’indipendenza Usa) del 1996, da un’intuizione avuta due anni prima da Andrea Farina, oggi presidente e amministratore delegato del Gruppo.


Il distributore romagnolo, che ha la sua sede centrale a Ravenna, ha in breve tempo conquistato un’importante nicchia del nostro mercato, mostrando capacità inusuali sia a livello di anticipazione dell’andamento di mercato, che di selezione dei prodotti e delle soluzioni da distribuire. Ma da dove nasce la “vision”, come si può prevedere quello che accadrà? Farina risponde senza orgoglio, evitando fronzoli e linguaggi criptici.
Dall’esperienza nel settore. Io ho vissuto tutte le varie ondate che si sono susseguite nel mondo dell’It. Ho cominciato a Fermo, nella Shr del Gruppo Ferruzzi, quando si entrava nei laboratori con il camice bianco e l’informatica era un tema d’elite e sono arrivato al fenomeno di massa e ad andare a lavoro in jeans e maglietta”.


In realtà conta molto anche la qualità dell’esperienza e soprattutto gli incontri che si fanno nel percorso di crescita. Per Farina, che ha cominciato la sua storia professionale nel 1982, contano le grandi tappe, le rivoluzioni annunciate e vissute, come quella che spinse il settimanale Time a mettere in copertina nel primo numero del 1985 il pc, considerandolo come “oggetto dell’anno”. All’esperienza contribuiscono anche gli anni di studio alla Ukla, Università di Los Angeles specializzata in economia. Infine, un ruolo determinente per le future intuizioni l’ha avuto l’incontro con i fondatori di Netscape: Jim Clark e Marc Andersen.


Ero e sono abituato a vivere in un mondo di frontiera – confida un po’ emozionato – ma per me fu una rivelazione intuire agli inizi degli anni Novanta che Internet avrebbe cambiato il mondo molto più di quanto avevano fatto altri media come il telefono o la televisione. Non era una rivoluzione destinata solo agli esperti, alle aziende o al mondo della comunicazione era qualcosa di più. Era come una lama che si innestava profondamente nel tessuto sociale ed economico della civiltà e il suo effetto sarebbe stato a tutti i livelli dirompente. Era il villaggio globale di McLuhan che diventava realtà”.


Alla relizzazione del suo progetto, iniziata nel ’94, partecipa un gruppetto di amici che condivide il percorso umano e professionale di Farina. Sono quasi tutti romagnoli e hanno lo spirito giusto per l’impresa, quello che combina le qualità personali di ciascuno con la capacità di saper guardare insieme al futuro professionale con la necessaria carica emotiva e razionale. Da qui l’idea ricorrente del valore etico dello stare assieme per un obiettivo, che viene spesso rappresentato in It Way da un’immagine: una barca a vela che affronta il mare con l’equipaggio impegnato a svolgere i propri ruoli.

Un’etica mari e monti

La metafora per quanto suggestiva non va sottovalutata e trova un riscontro immediato nelle persone che incontriamo nella struttura, moderna e ordinata, che ospita la sede Gruppo.

Mi piace arrampicarmi – afferma convinto Cesare Valenti, direttore centrale mercati, ma in pratica socio fondatore e braccio destro di Farina nel Gruppo -, quando si va in alto si vede più in là del solito orizzonte anche se per arrivare alla vetta bisogna trovare la strada giusta”. Oltre al mare anche la montagna, viene da sottolineare con un pizzico di ironia, ma colpisce l’idea dell’ostacolo da affrontare per guardare oltre, che rappresenta un elemento necessario alla vision. La cosa appare più chiara quando Valenti spiega il suo ruolo all’interno dell’azienda.
Il cuore della mia attività e la definizione e la ricerca delle aree di mercato che costituiscono un’opportunità, per poi stabilire strategie adeguate di business. Teniamo occhi aperti e antenne spiegate -sorride Valenti parlando – per osservare con attenzione i fenomeni che si succedono. Utiliziamo ricerche di mercato, analiziamo l’evoluzione dei numeri in vari Paesi e altri aspetti meno codificati, ma comunque importanti. Elementi che vanno fiutati e poi supportati con business plan adeguati”.


Valenti si preoccupa di costruire un’offerta che sia sinergica e coerente al core business dell’azienda, utilizzando al meglio le relazioni forti che la società ha conquistato nel corso degli anni. Ma non finisce qui. La sua azione tende alla creazione di un ciclo virtuoso che amplifica l’offerta e la restituisce ai partner-clienti come un vantaggio competitivo, un’indicazione della via da seguire per l’information technology, una It way, appunto, che ha portato a un parco di 2.600 clienti attivi. Il fatturato proviene all’incirca all’80% per l’azione della forza vendita distribuita sul territorio e per il 20% dal personale interno.
Ma non conta tanto il fatturato o la sua derivazione -precisa Valenti -. Noi ci siamo differenziati anche perché il nostro modello ha insistito su due filoni di servizi: uno finalizzato, alla promozione dei prodotti che riteniamo vincenti, sia in fase pre che post vendita; l’altro dedicato alla formazione e alla certificazione, che ha come fuoco l’elevazione della cultura e delle conoscenze It di tipo propedeutico e non solo orientate sul prodotto”.


Farina e soci avevano visto giusto e i risultati nello spettro degli ultimi quattro anni lo confermano ampiamente: il fatturato è sestuplicato e l’utile netto è cresciuto dieci volte il suo valore.
Per me le imprese It hanno senso solo se danno valore aggiunto – afferma Farina -. La scelta di creare un distributore nell’area e-business deriva da questa idea, perche è il software l’elemento che consente di aggiungere valore e Internet è uno strumento che ne incrementa l’uso intelligente. In fondo il software è un sistema complesso, ricco di know how da trasferire. Scegliere Oracle o Db2, ad esempio, non significa scegliere un marchio o una macchina, come accade per l’hardware. C’è una differenza notevole, sono due scelte che presumono diverse filosofie. In realtà noi non vendiamo prodotti, trasferiamo conoscenze è questo vuol dire che i nostri sforzi vanno indirizzati a capire quali software sono destinati ad affermarsi e non solo in termini tecnologici, ma anche a livello di marketing e di politiche commerciali. Per questo non crediamo che It Way abbia competitor in Italia, siamo un mix unico per competenze e capacità di visione”.

Territorio e accounting

Anche l’organizzazione interna è costruita con una precisa filosofia. La presenza territoriale è considerata strategica e si articola su cinque sedi, compresa Ravenna (per il Centro Nord). Il Sud è coperto dalla sede di Bari, il Centro da quella romana, il Nord Est da Vicenza e il Nord Ovest da Milano. Ma esiste anche una divisione interna che supporta la parte territoriale dal punto di vista commerciale, un collante importante tra la visione strategica e la parte operativa più concreta, che deve trasmettere gli indirizzi sul mercato delle terze parti.


Doriano Pietrasanta, l’unico del gruppo dei fondatori a venire dall’altra sponda del mediterraneo (per capirci da Viareggio), è il direttore centrale vendite, è lui ad aggiornare di volta in volta le liste dei clienti su cui sviluppare le varie metodologie di business.
La modalità principale che adoperiamo – spiega – è l’accounting, questo sia a livello interno che territoriale. È un modello che può consentire aggiustamenti, ma che non può essere stravolto o cambiato, anche perché ci ha sempre dato ottimi risultati. Ha avuto un’importanza determinante anche la capacità di stare in team, che ci ha permesso di lavorare intensamente e in modo sinergico. Certo, molte volte hai quasi l’impressione di essere un surfista: devi cercare di rimanere sopra l’onda e sfruttarne tutta la forza, ma questa è anche la parte più appassionante del lavoro che svolgiamo”.


Un’altra grande forza della dinamica organizzativa è rappresentata dalla presenza di personale specializzato nella relazione col cliente, figure che agevolano le attività di rivendita: ascoltando e risolvendo le necessità del partner. Un elemento che personalizza e fidelizza i rapporti con i clienti, consentendo di veicolare quella componente filosofica che Farina considera essenziale per penetrare in modo efficace nel mercato.


Il nostro intervento non può essere solo tecnologico -ribadisce Farina -, abbiamo sempre detto che Internet è un mezzo fondamentale per lo sviluppo delle imprese, ma non abbiamo mai detto che è facile o tantomeno che permette una strategia particolare. La strategia di un’impresa non può e non deve basarsi su Internet. Queste sono banalizzazioni che sono state veicolate in modo sbagliato dai mass media e spesso anche da alcune istituzioni. Noi, invece, mettiamo in risalto l’innovazione dello strumento e le possibilità in più che dà nella definizione di una strategia aziendale, ma questa deve essere basata sul core business dell’impresa”.


I toni di Farina si sono alterati, parliamo mentre la Borsa precipita quasi come le Twin Towers. Solo due mesi prima l’azienda si era quotata nel Nuovo Mercato, la data è sempre quella, il 4 luglio, ma l’anno stavolta è il 2001.


Dalla Borsa al futuro

La quotazione è allo stesso tempo un sogno e un obiettivo raggiunto perché l’idea era nata proprio 5 anni prima al momento della fondazione.
Lo sapevamo – dice Farina-. Lo scoppio della bolla ideologica creata da Internet, per noi, era scontata. Tutto prima era facile sembrava che Internet fosse come Re Mida. Poi arriva la realtà, che quando abbiamo mitizzato troppo qualcosa, finisce sempre col farci male, in questo caso più del dovuto, anche per colpa della speculazione e delle vendite allo scoperto”.


Nonostante le incertezze del momento, l’economia Usa in quasi recessione, la guerra al terrorismo e l’orso che domina in Borsa, in It Way non c’è pessimismo. Il motivo è semplice, almeno sentendo Farina: “Bisogna recuperare il ruolo fondamentale che L’Ict ha nell’evoluzione della competitività del sistema delle imprese, facendo leva sui vantaggi operativi e sul posizionamento strategico che possiamo offrire. In questa fase il ruolo dei nostri partner è fondamentale per continuare a diffondere le soluzioni di e-business. Noi dovremmo, in ogni caso, raggiungere per quest’anno l’obiettivo di fatturato che avevamo prefissato, di circa 110 miliardi di lire, e anche dal punto di vista tecnologico c’è ancora mercato per soluzioni di security, Crm e di business intelligence. Crescono anche le richieste per la costruzione di siti e portali Web e nuovi spazi si aprono sul fronte mobile commerce e dell’u-commerce. Anche il risultato borsistico, non ci preoccupa. Il titolo nel complesso ha tenuto ed è ancora valutato positivamente da molti analisti”.


L’ottimismo è evidente anche per i piani dell’azienda decisa a puntare sui mercati internazionali, usando acquisizioni mirate che interessano anche realtà italiane. Una prospettiva coraggiosa che fa onore a questi pionieri dell’e-business, capaci di affrontare la tempesta convinti delle proprie forze e della meta.

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