Vendere online con l’e-commerce

Un canale di vendita alternativo che ha però le sue regole e i suoi costi. Un’analisi della situazione del mercato italiano

Pur senza offrire quelle incredibili opportunità vantate
dagli analisti al tempo del boom della new economy, il commercio elettronico
nella versione business to consumer (b2c), dalle aziende verso i consumatori,
rimane una possibilità per diversificare il proprio business. Il tutto, spiega
Davide Casaleggio nel suo libro “I modelli dell’e-business”

(Hops, 200 pp. 16,50 euro)
“a condizione di avere idee chiare e capacità di disegnare una strategia
precisa, identificando il modello di business più redditizio per la propria
azienda e il contesto di mercato”. Una frase un po’ generica che viene però
dettaglia attraverso l’analisi di 250 casi reali che permettono di non muoversi
più a tentoni come nei primi mesi dell’e-commerce quando si guardava con
ammirazione al caso Amazon ma mettendo a frutto una serie di esperienze ormai
acquisite.


 


Il mercato business to
consumer


Prima di partire alla scoperta dei principi base dell’e-commerce in versione
b2c è opportuno però tracciare una panoramica della situazione italiana secondo
i dati del Politecnico di Milano che ha presentato un’indagine nel maggio
2003.
Secondo l’università milanese i siti italiani di commercio elettronico
per i consumatori sono 7.060 contro i 2.350 del maggio 2000. Il dato però
nasconde una forte mortalità visto che due su tre di quelli censiti nel 2000 non
hanno resistito alla crisi della new economy.
Il fatturato totale è 711
milioni di euro, mentre per quanto riguarda la divisione per categorie
merceologiche gli alimentari rimangono il settore principale.


Categorie merceologiche


























Alimentare 18%
Abbigliamento 16%
Informatica ed elettronica 9%
Editoria, musica e audiovisivi 9%
Oggetti artigianali e artistici 6%
Turismo 6%
Pluriprodotto 6%
Altro (prevendita biglietti, hobby, Auto e moto, ecc.) 30%

Diversa è invece la classifica delle
vendite























Assicurazioni 20%
Informatica ed elettronica 19%
Turismo 17%
Abbigliamento 5%
Editoria, musica e audiovisivi 4%
Grocery 3%
Altro (prevendita biglietti, ricariche telefoniche, oggetti
artigianali, hobby, auto e moto ecc.)
32%

Un’altra tabella mette in relazione il numero
dei siti con le vendite


































Tipologie N. Siti Vendite
Assicurazioni 0,2% 20%
Informatica elettronica 9% 19%
Turismo 6% 17%
Abbigliamento 16% 5%
Editoria, musica e audiovisivi 9% 4%
Grocery 0,1% 3%
Altro (Prevendita e vendita biglietti, ricariche telefoniche, oggetti
artigianali, hobby, auto e moto)
59,7% 32%

Nonostante la crescita impetuosa del numero dei siti quello dell’e-commerce
rimane un mercato abbastanza concentrato nel quale i primi venti operatori
realizzano il 64% delle vendite. Dopo il boom della new economy che aveva visto
la nascita di un buon numero di aziende che operavano solo sul Web (pure player)
le imprese multicanale (che accanto all’online operano anche con normali negozi)
hanno preso il sopravvento. 63% contro 37% è il rapporto a vantaggio di chi ha
scelto il mix virtuale-reale. La grande assente rimane la Gdo. Solo il 20% della
Gdo food, infatti, ha una presenza online contro il 16% della grande
distribuzione non food.


Secondo la Scuola di ingegneria gestionale del
Politecnico che ha realizzato l’Osservatorio
gli operatori (o i merchant) del commercio elettronico si
dividono in tre categorie.


Il formicaio: è formato dalla gran parte dei siti censiti che
presentano bassi gradi di integrazione multicanale e innovazione. La stragrande
maggioranza di questi siti sta ottenendo risultati scarsissimi. Si tratta di dot
com senza elementi di innovatività e imprese tradizionali che non sfruttano i
propri asset in una logica multicanale.


Pure player innovativi: sono quelle imprese (misterprice.it,
eprice.it) che vendono solo attraverso la Rete e hanno saputo interpretare
Internet in modo innovativo con un’offerta originale rispetto ai competitori
tradizionali. La gamma dei prodotti offerti online a livello di ampiezza, di
reperibilità e unicità, il prezzo e i servizi (le community degli utenti)
rappresentano gli elementi dell’innovazione di questi operatori.


Veri multicanale: sono imprese tradizionali che hanno impostato un
modello di business basato sull’integrazione tra il Web e il canale
tradizionale. I veri multicanale si dividono fra gli operatori della grande
distribuzione e distribuzione organizzata (esselunga.it, mediaworld.it), piccoli
operatori commerciali (clupviaggi.it, orchideaviaggi.it) e i merchant
specializzati nella vendita a distanza (giordano-vini.com).


Davide Casaleggio, autore del libro “I modelli dell’e-business”, riporta invece una
distinzione classica fra gli operatori dell’e-commerce. I merchant si dividono
infatti in pure player, brick and mortar e click and mortar

. Come abbiamo visto i pure player operano solo sulla rete
(misterprice.it), mentre i brick and mortar utilizzano Internet solo a scopo
informativo per poi vendere nel modo tradizionale e i click and mortar vendono
online e tramite i classici punti vendita.


L’esperienza dice che per lanciarsi nel pericoloso mondo dei pure
player
è il caso di avere un
prodotto difficilmente reperibile (per esempio
qualche specialità alimentare o libri antichi), completamente nuovo che almeno
nella prima fase di vita può essere reperibile solo online, oppure un prodotto
standardizzato come per esempio la cancelleria per ufficio. A queste tre
categorie se aggiungono altre due. La prima, che Casaleggio definisce come
“prodotti con un’intermediazione di tipo esclusivamente geografico”
comprende in pratica i biglietti aerei che rappresentano sicuramente uno dei
maggiori casi di successo del commercio elettronico, mentre la seconda riguarda
i prodotti necessari. Fra questi rientra anche la spesa online (che è anche un
caso di acquisto di prodotti standardizzati). Soprattutto nelle grandi città è
un servizio molto comodo con consegna a domicilio in orari precedentemente
indicati dall’utente.
Per agire come pure player non è però necessario riempirsi
di merce il magazzino. Alcuni operatori virtuali hanno cataloghi molto
ampi

ma non una stanza della loro sede che ospita la merce. Come magazzino
utilizzano i distributori ai quali si rivolgono ogni volta che ricevono un
ordine.


Il click and mortar è la
tendenza che si è fatta strada con il crescere dell’e-commerce e riguarda i
negozi o le catene che hanno cercato di trovare un canale alternativo
per le vendite

.
Uno dei vantaggi di questo
tipo di sistema consiste nel fatto che le catene in franchising possono per
esempio aumentare la loro copertura del territorio. Il sito di e-commerce
affianca infatti la catena tradizionale permettendo di arrivare anche in zone
dove potrebbe non essere conveniente aprire un ulteriore punto vendita.
Il problema che si pone è però quello della concorrenza con
la rete vendita tradizionale. Alcune catene del mondo informatico hanno risolto
il problema assegnando una percentuale della vendita online

ai negozi fisici della zona da
dove è arrivato l’ordine via Internet. In cambio i negozianti devono ospitare la
merce dell’utente che può scegliere se andarla a recuperare in negozio o farsela
mandare direttamente a casa. Andare online con un marchio già conosciuto dai
consumatori per via della presenza fisica (che rassicura) permette poi di avere
un vantaggio competitivo rispetto ai nuovi protagonisti che agiscono solo con
negozi virtuali.

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