Vendere e comprare Ict nell’era "Consip"

Un rivenditore di Bologna e un professore di Sondrio. I rispettivi pareri legati alle procedure di vendita/acquisto in ambito scolastico

Gennaio 2004, In un mercato come l’educational, in cui l’avvento della
Consip Spa ha obbligato i rivenditori, specie quelli piccoli, a trasformare profondamente
il modo di proporre la propria offerta cambiando l’approccio in una sorta di corsa
agli ostacoli, non mancano realtà che non si lasciano scoraggiare e che
continuano a inviare agli enti locali, alle università e alle Pubbliche
amministrazioni i propri moduli d’offerta. È il caso di Executive Service,
società bolognese sul mercato dal 1988 con soluzioni hardware, software,
networking e servizi Internet che, con Regioni, Province, Comuni e istituti scolastici
dialoga da molto prima che il Governo intervenisse con la standardizzazione degli
acquisti di tecnologie.
«Ma è dura – ammette Leandro Rubbini, responsabile
commerciale della società -. Consip si è portata via un buon 90%
del nostro target, quello delle commesse It che andavano dai 10 ai 700 milioni
delle vecchie lire. Come se non bastasse, di quel 10% rimasto fanno parte enti
che prima non rientravano nella nostra offerta. D’altro canto, come tutti gli
ambienti anche quello della scuola è fatto da persone, a volte formate
e autoresponsabilizzate sulle problematiche del tessuto che le circonda, a volte
dei veri e propri burocrati. In entrambi i casi il nostro compito non è
facile, nemmeno una volta instaurato un rapporto di fiducia che, comunque, frutta
"solo" trattative commerciali di piccola entità».
«Sopra una certa soglia di valore persiste, infatti – prosegue Rubbini -,
il vincolo della gara d’appalto dove il grosso problema è rappresentato
da capitolati regolarmente incompleti e già "vecchi" ancor prima
che la commessa venga assegnata. Una situazione che ha costretto noi, come molti
altri fornitori, a scendere a compromessi scegliendo di ridurre marginalità
e profitti con una serie di proposte anti-Consip».

Se dall’altra parte c’è chi ne capisce
«Su un centinaio di responsabili dell’informatizzazione di altrettanti enti
pubblici – ci dice ancora Rubbini – ai quali abbiamo inviato via fax il modulo
d’offerta per l’acquisto in promozione di un quantitativo variabile di pc, solo
cinque hanno risposto positivamente. Tra questi il dipartimento di Chimica dell’Università
degli Studi di Milano e quelli di Psicologia, Filosofia, Agroalimentare e Scienze
dell’Alimentazione dell’Università di Bologna. E lo hanno fatto perché
al proprio interno persone competenti e responsabili si sono adoperate per acquistare
le macchine in promozione ovviando l’articolo 24 della legge 289 del 17 dicembre
2002 che regolamenta gli acquisti della Pa. E non è certo un caso. Coloro
che hanno cercato un escamotage per bypassare le normative in atto hanno già
avuto, chi più chi meno, a che fare con Consip, e non in maniera soddisfacente.
La stragrande maggioranza degli altri, però, pur ammettendo di essere scontenti,
preferiscono non accollarsi il rischio di una scelta diversa. Come se non bastasse,
l’ipotesi di proporsi a utenti come istituti scolastici e università per
promuovere la propria offerta di prodotti e sevizi non è realizzabile,
a meno che non ci si chiami Compaq o Ibm. I rivenditori delle nostre dimensioni
fanno molta più fatica a farsi aprire la porta».

Prima e dopo l’appalto
«Nonostante la stragrande maggioranza dei bandi di gara preveda l’installazione,
il collaudo e la manutenzione on site triennale del parco macchine acquistato
– ci racconta con una certa passione Rubbini – i pre e post-appalto non sono poi
tutti rose e fiori. Trascorso questo lasso di tempo è rarissimo che gli
enti richiedano l’espandibilità del contratto, anche perché le macchine
cominciano a essere datate e si preferisce indire un altro bando. Come se non
bastasse, molti dei capitolati di cui si parlava all’inizio hanno caratteristiche
del tutto illegali. Non è raro, infatti, che non rispettino la legge 358
sui capitolati d’appalto, nella quale è specificato che l’ente appaltatore
non può, salvo alcuni casi previsti dalla legge, indicare uno o più
brand escludendo dalla competizione tutti gli altri. Non è raro, poi, che
molti enti richiedano obbligatoriamente la certificazione Hcl di Microsoft nonostante
in Italia, con la legge Bassanini, viga l’autocertificazione che, da sola, permette
al fornitore di rendere noto che la propria macchina è compatibile con
tutto quello che sta richiedendo l’ente. Il problema – puntualizza Rubbini – è
che occorrerebbe impugnare ogni capitolato prima ancora di partecipare al bando
di gara e costringere l’ente che ne fa richiesta a modificarlo. Ma questo richiederebbe
l’appoggio ogni volta a un ufficio legale, il che non è davvero fattibile.
Altro grosso danno sono poi le famose aste on line alle quali abbiamo scelto,
dopo una prima esperienza, di non partecipare più. Questo perché
spesso si tratta di un gioco al massacro dove, una volta ottenuta la password
per partecipare, è possibile vedere i ribassi in linea dei fornitori che
partecipano all’assegnazione di un bando. Alla fine, però, di cento euro
in cento euro, si arriva a vincere un appalto fino a 5mila euro al di sotto di
quello che è il normale prezzo d’acquisto del materiale in oggetto. E le
cose, in questo caso, sono due. O chi ha vinto lo ha fatto sottocosto, oppure
– come suggerisce Rubbini – potrebbe esserci qualche giro "strano" che
gli permette di acquistare a un costo diverso dal nostro. A questa stregua, la
convenienza di un’offerta del genere lascia il tempo che trova, come unico risultato
che la Pa di casa nostra continuerà a subire dei disservizi sulla parte
tecnologica che saranno gli utenti finali a pagare».

Perché l’unione non fa la forza?
«Personalmente credo ci sia una delusione di fondo per come vanno le cose
in Italia – conclude Rubbini -. Inoltre, fatto ancora più importante, non
dovremmo essere noi fornitori a unirci contro la Consip, ma la Pubblica amministrazione
stessa a ribellarsi per uno stato di cose di cui molti si dicono scontenti. Il
peso di cinque, dieci, cinquanta province, comuni, scuole e università
di un certo rilievo in Italia è senz’altro più rilevante di
quello di cinque, dieci o cinquanta rivenditori delle dimensioni della Executive
Service o anche più grandi di noi. Allo scopo di non strozzare il business
dei rivenditori, offrendo al contempo un servizio qualitativamente superiore alla
Pa – suggerisce ancora Rubbini -, Consip potrebbe scegliere di "spezzare"
le gare acquistando in prima persona i beni dagli operatori locali attivi nella
zona geografica dell’ente che richiede l’acquisto. Il tutto previa
assicurazione che si tratti dei migliori rivenditori di hardware, software e servizi
su quella piazza».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome