Home Digitale Hi-tech in Vaticano: un hackathon per migranti e rifugiati

Hi-tech in Vaticano: un hackathon per migranti e rifugiati

Prennunciato nel 2016, sta arrivando il momento del primo hackathon organizzato dal Vaticano. Jakub Florkiewicz, coiniziatore dell’iniziativa la racconta in modo facile dicendo che è la semplice storia di uno studente che arriva a Roma con un’idea e trova persone entusiaste di questa idea.

Tutto qui.L’idea infatti sembra circolasse già dentro le mura e la proposta ha avuto il merito di avviare il processo sostenuto dalle istituzioni della Città Santa.

Non tutti erano perfettamente allineati sulla conoscenza dell’hackathon ma con un po’ di incontri tutto è stato risolto soprattutto spiegando che hackathon e hacking sono cose differenti.

Così 120 partecipanti dall’8 all’11 marzo in Vaticano lavoreranno su temi come inclusione sociale, dialogo interreligioso, migrazione e rifugiati.

Il progetto fa parte di una missione più ampia, favorire il dialogo tra il mondo tecnologico e quello umanistico.

Studenti da tutto il mondo

Per 36 ore, presso l’Hotel Colombus, vicinissimo al Vaticano, e in team di cinque persone, i partecipanti ai VHack realizzeranno i loro progetti, accompagnati da mentor di aziende partecipanti come Google o Microsoft, ma anche da specialisti dei settori in cui saranno invitati a lavorare.

La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Umano ha insistito sulla necessità che le persone a contatto con i migranti siano presenti per indirizzare i partecipanti e impedire loro di partire per progetti offshore.

Questa rete di ricerca domenicana sui media e i media digitali è, insieme agli studenti di Harvard e del MIT, all’origine di questo hackathon che accoglierà studenti provenienti da tutto il mondo, tra cui molti non cristiani attratti dalla parte interreligiosa del progetto.

Alcune grandi università si sono registrate. Stanford sta per inviare una squadra. Ma parteciperanno studenti anche di altre università di tutto il mondo. Perché il Web, dicono in Vaticano può essere un fattore di progresso e non solo di rischio.

Alla fine dellle 36 ore di hackaton due tavole rotonde esamineranno il rispetto dei valori umani e della tecnologia, nonché le implicazioni dei progressi tecnologici sullo sviluppo umano. Un modo per far riflettere i giovani partecipanti sulle implicazioni etiche del loro lavoro.

 

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