Unioncamere, l’illegalità frena il fatturato di 2 imprese su 5

Quasi 2 imprenditori su 5 vedrebbero aumentare il proprio giro d’affari in assenza di illegalità. Corruzione (65%), frodi finanziarie (28,7%), lavoro sommerso (19,6%) sono a giudizio delle aziende gli ambiti di attività illegale maggiormente presenti nel proprio contesto economico. Un fenomeno in crescita secondo più di 3 aziende su 5.

È quanto emerge dall’indagine Unioncamere e Istituto Tagliacarne sulla percezione da parte delle imprese dell’illegalità economica e della criminalità in Italia. Secondo lo studio, più del 60% degli intervistati ritiene che edilizia (66,6%) e lavori pubblici (61,3%) siano i comparti più esposti agli interessi della criminalità. Seguiti pur se con un certo distacco dal commercio (14%), un settore quest’ultimo colpito soprattutto da fenomeni come racket ed estorsioni, ma anche da corruzione legata alla concessione di licenze e autorizzazioni. Lombardia e Lazio sono nella percezione degli imprenditori le regioni nelle quali le organizzazioni criminali stanno investendo maggiormente, lo dicono rispettivamente il 59,2% e il 16,4% degli intervistati. Mentre le regioni nelle quali si insediano tradizionalmente le mafie, come la Campania, la Calabria e la Sicilia, sono soltanto, rispettivamente, terza, quinta e settima.

Le forme di distorsione della concorrenza leale sono subìte dalle imprese come fattori di precarietà delle attività produttive e agenti di indebolimento culturale dell’etica di impresa. Per migliorare la sicurezza e la trasparenza del mercato le imprese chiedono soprattutto: maggiore semplificazione delle norme di sicurezza (38,4%), più etica professionale (33,2%), incremento dei controlli amministrativi (33,1).

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