Unified Communication, meglio un approccio top-down o bottom-up?

Il primo ha il vantaggio di una condivisione di obiettivi a tutti i livelli e di una forte sponsorizzazione dal top management. Il secondo ha nell’agilità e nel tempo rapido di pay back i principali atout. Le esperienze di due CIO.

Le ultime analisi di IDC sulla Unified Communication & Collaboration (UCC) parlano di un mercato italiano pari a 150 milioni di euro. Con prospettive decisamente interessante, tanto che si ipotizza un mercato pari a 270 milioni di euro entro il 2013.

Molte aziende quindi nel corso dei prossimi mesi saranno impegnate in importanti progetti di UCC. Da dove partire quindi? Quali sono le tematiche cui prestare maggiore attenzione?

Tutti gli esperti e gli osservatori sono concordi col fatto che l’UCC non significa comprare un prodotto o una soluzione: significa fare un progetto.

Detto questo -come tutti i progetti del resto – i due approcci principali sono quelli top-down e bottom-up.

Approccio top-down
Nel primo caso si entra nel tessuto nervoso dell’azienda, si delineano i processi interni ed esterni, si mappano le procedure di comunicazione. In altre parole si fotografa la situazione attuale complessiva e si tratteggia dove bisogna arrivare. “In questo approccio – spiega Claudio Chiarenza, direttore generale di Italtel il processo di UCC passa dall’amministratore delegato. E’ lui che deve essere il trascinatore, il coach della squadra che deve implementare l’UCC, all’interno del quale la tecnologia è solo un prerequisito”.

I vantaggi di questo approccio? Una condivisione degli obiettivi ai più alti livelli, la possibilità di ripensare in toto la comunicazione in azienda, un forte imprimatur (che arriva dal top management) verso tutte le divisioni aziendali.

Gli svantaggi? Tempi decisionali piuttosto lunghi, continui aggiornamenti di fino in corso d’opera, problemi di coordinamento fra le varie organizzazioni.

Approccio bottom-up
Nell’approccio bottom-up, si identifica una particolare esigenza (ad esempio facilitare l’accesso alle risorse aziendali  da parte degli agenti sul territorio) e si trova una soluzione che magari può essere usata poi come best practice.

I vantaggi? Tempi decisionali rapidi, tempo di pay back più breve, rischi limitati, possibilità di procedere per gradi (dal VoIP, alla comunicazione unificata per arrivare a un vera collaboration trasversale).

Molto spesso l’innovazione parte dal basso – spiega Bernardo Centrone, Country General Manager di Orange Business Services -. Dal mondo consumer arrivano strumenti di collaboration che l’azienda può osteggiare, oppure può cavalcare per migliorare l’efficienza complessiva del team di lavoro”.

Ma anche questo approccio ha i suoi svantaggi: si rischia di procedere per silos separati e di perdere da un lato la governance complessiva e dall’altro e di fare due volte la stessa attività.

Spesso nella pratica, si assiste a un mix dei due approcci. “I nostri piani di lavoro sono sempre stati improntati ai piccoli passi” ha spiegato Paolo Torelli, CIO di Fiditalia. “Nei progetti di UCC, il punto di partenza è stato il contenimento dei costi: è meno costoso programmare una web conference piuttosto che organizzare i viaggi. Ma implementare una tecnologia senza evidenziare al management gli impatti sul business rischia poi di essere controproducente, con il l’incognita di azzerare l’intero progetto dopo pochi mesi”. In altre parole, l’aspetto comunque “tattico” di uno specifico progetto deve comunque avere anche una valenza più “strategica” agli occhi del management.

A questo poi si aggiunge l’aspetto culturale dell’azienda. “L’instant messaging ci ha permesso di risparmiare sui costi telefonici, ma l’idea che comunque dipendenti possano perdere tempo a chattare è comunque latente” continua Torelli. Lo steso blog, da molti evocato, è stato visto con sospetto dal marketing che aveva paura “che poteva essere consultato e usato dai concorrenti”.

Infine, nell’implementazione del’UCC non vanno dimenticati i problemi di infrastruttura. “Certo – commenta amaramente Antonello Pro, CIO di Oxylane, la holding di Decathlon – la Unified Communication ci ha permesso di ridurre gli incontri vis a vis con gli area manager di aumentare la collaborazione con i remote worker. Ma quando mi è stato chiesto di estendere il progetto UCC a Catania, non ho potuto garantire lo stesso livello di servizio perché manca la rete”. Ma questa è un’altra storia.

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