Una dura primavera per l’industria del software

A breve distanza l’una dall’altra, un gruppo cospicuo di aziende ha annunciato pesanti revisioni delle cifre di bilancio, tagli di organico e cambiamenti nei piani strategici. A fare le spese del momento difficile sono soprattutto le realtà più attive nel business-to-business.

L’industria del software è in crisi, forse anche più di quanto non lo sia il mercato It nel suo complesso. Negli ultimi tempi, una raffica di “profit warning” ha riguardato nomi di spicco in vari settori, con un particolare rilievo per i produttori di soluzioni business-to-business. In rapidissima successione i nemici/amici Ariba e i2 hanno allertato i mercati finanziari anticipando bilanci fatti di perdite e drastiche contrazioni dei fatturati. Ariba, in conseguenza, ha deciso di licenziare un’elevata percentuale del proprio personale e di annullare i piani della strategica fusione con Agile Software. Il volume d’affari dell’ultimo trimestre, infatti, potrebbe risultare la metà di quello previsto e attestarsi a 90 milioni di dollari, con una perdita di 20 centesimi di dollaro per azione al posto del preventivato profitto di 5 centesimi. L’entità delle dismissioni dovrebbe essere pari a circa un terzo dell’attuale staff (700 persone) da tutte le divisioni dell’azienda. L’amministratore delegato, Keith Krach, ha spiegato il brutto scivolone adducendo motivazioni che oggi appaiono scontate: Ariba non è stata in grado di anticipare l’improvviso rallentamento dell’economia ed è stata colta di sorpresa dal gran numero di clienti che si sono trovati a dover applicare rigorose misure di risparmio e riduzione delle spese. La tempesta ha finito per rovesciarsi sull’acquisizione di Agile Software, un’operazione valutata all’inizio di gennaio intorno ai 2,5 miliardi di dollari, che avrebbe fatto di Ariba il primo fornitore capace di operare nello spettro combinato delle applicazioni intra-aziendali e di e-marketplace. Oggi il merger, basato sullo scambio di azioni Ariba, varrebbe 400 milioni ed è stato annullato con il consenso di entrambe le parti.


Per ironia della sorte, all’indomani della notizia relativa alla rottura del precedente accordo di fusione, anche Agile Software ha ammesso che forse non riuscirà a centrare le soglie fissate dagli analisti. Dopo le previsioni di utile di 2 centesimi di dollaro per azione, ora l’azienda si aspetta di perdere una cifra compresa tra i 3 e i 6 centesimi, a fronte di un fatturato trimestrale inferiore ai 27 milioni contro i 28 previsti.


Anche i2 ha annunciato un dimezzamento delle previsioni di utile per il primo trimestre (da 4 a 2 cent per azione) e un conseguente probabile taglio di organico nell’ordine del 10%, su 6.100 dipendenti complessivi. Analogamente ad Ariba, i motivi sono da collegare a una clientela che starebbe rimandando le decisioni di investimento, a causa dell’incertezza economica del momento. Resta il fatto che la previsione di fatturato per il quarter parla di 355 milioni di dollari, contro i 186 dello scorso anno, segno di un’ascesa comunque significativa per l’azienda texana. Secondo qualche esperto, il problema per i2 è l’eccessiva dipendenza da contratti di grossa entità, ma sarebbe già in corso una transizione della forza commerciale verso la chiusura di vendite di portata più ridotta.

La ripresa è attesa per il 2002


Ma è tutta l’industria del software a mostrare la corda e di recente l’analista Raymond James & Associates ha stimato che una crescita del 25-30%, com’era stato fino a pochi mesi fa, non tornerà prima del 2002. Altre aziende, dunque, hanno dovuto rivedere piani e obiettivi. Rational Software, società specializzata in tool di sviluppo, ha portato le stime di fatturato in un intervallo compreso tra i 240 e i 245 milioni di dollari, contro i precedenti 250. La prima conseguente contromisura dell’azienda, che ha sede a Cupertino nella Silicon Valley, è la decisione di dismettere il 10% della propria forza lavoro, licenziando 400 persone.

L’eccezione di Microstrategy Italia


Per Sybase, invece, l’utile pro-forma del primo trimestre sarà compreso tra i 23 e i 26 centesimi di dollaro per azione contro i 28 previsti dagli analisti finanziari. Contemporaneamente, anche Microstrategy ha annunciato una serie di tagli ai costi e al personale, con l’obiettivo di accelerare il ritorno alla profittabilità. L’azienda, basata sulla costa Est, ha detto che le lettere di licenziamento arriveranno a 600 impiegati, mentre le perdite in bilancio riferibili al primo quarto saranno comprese tra i 31 e 37 centesimi per azione, su un fatturato che oscilla intorno ai 49 milioni di dollari. Gli analisti avevano calcolato una possibile perdita di 30 centesimi per azione e un fatturato superiore ai 58 milioni. I guai di Microstrategy ricadranno anche sulla sussidiaria Strategy.com con la possibile cessione o quantomeno lo spin off di Angel.com, la divisione di prodotti per l’archiviazione di file vocali. A lenire parzialmente i dispiaceri dell’azienda, tuttavia, può contribuire la filiale italiana, che, come ci ha confermato il country manager, Andrea Delvò, “ha portato i migliori risultati fra tutte le realtà locali e viene oggi additata come un esempio da seguire. Per il trimestre appena chiuso, abbiamo fatturato il 140% in più rispetto a quanto previsto e anche l’utile è più alto del 30% in rapporto alle attese“. Delvò ha anche notato come la frenata dell’industria del software sia un fenomeno soprattutto americano e legato al crollo del Nasdaq e come, in queste condizioni di mercato, i tagli siano inevitabili per mantenere sana un’azienda.


LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome